1 / 87

Le colonie greche: l’economia

Le colonie greche: l’economia. Lezione VI. Le attività economiche. In questa lezione procederemo secondo una divisione tradizionale delle attività economiche: L’agricoltura e l’allevamento: attività preminenti anche nella fase greca, sin dalla scelta del sito dove impiantare una colonia.

abril
Download Presentation

Le colonie greche: l’economia

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Le colonie greche: l’economia Lezione VI

  2. Le attività economiche • In questa lezione procederemo secondo una divisione tradizionale delle attività economiche: • L’agricoltura e l’allevamento: attività preminenti anche nella fase greca, sin dalla scelta del sito dove impiantare una colonia. • La produzione. • Il commercio. • Le finanze. 2

  3. Lo stato delle fonti e della ricerca • Anche per la fase greca, lo stato delle fonti sugli aspetti economici e sociali della nostra regione non è particolarmente brillante. • Solo i tempi relativamente recenti il dato archeologico è stato sfruttato pienamente, in particolare per quanto riguarda le forme di sfruttamento del territorio, la produzione e il commercio. • Particolarmente utili le tecniche del survey (conoscenza estesa del territorio), le indagini paleobotaniche e paleozoologiche. • Una situazione che si riflette negli studi moderni: ancora numerosi i problemi insoluti e le ipotesi incerte; assenza di riflessioni di sintesi. 3

  4. Le condizioni dell’agricoltura • Un ottimo territorio agricolo avevano Metaponto e Siri, nella piana costiera della Lucania ionica. • Particolarmente favorevoli le condizioni di Sibari: un territorio con un’ampia pianura, favorevole alla coltivazione dei cereali, e pendici collinari opportune per la vite e l’ulivo; fino alla distruzione del 510 a.C. Sibari controlla poi il territorio più vasto della Magna Grecia. • Buone anche le condizioni a Crotone, anche se non ottimali come a Sibari (cf. oracolo di Apollo a Miscello). • Limitato e accidentato il territorio originario di Locri, che tuttavia con le sue subcolonie di Metauros, Medma e Hipponion può espandersi nelle piane del Tirreno. • Ristretto e inadatto alla cerealicoltura il territorio di Elea, i cui abitanti si dedicavano soprattutto ad attività marittime. • Parimenti sfavorevole dal punto di vista agricolo la collocazione di Reggio. 4

  5. Ateneo, Deipnosofisti, 519 d-f: la prosperità di Sibari • La prosperità di Sibari sembra trovare un’importante giustificazione nel fatto che, per la configurazione fisica della regione - la costa è infatti lambita da un mare importuoso e quasi tutta la produzione agricola è consumata dagli abitanti - sia la posizione naturale sia la profezia del dio spingevano tutti a estenuarsi nei piaceri, facendoli vivere in una smodata dissolutezza. 5

  6. Strabone, VI, 1, 12 ( = Antioco, fr. 10 Jacoby): Sibari è in un sito preferibile a quello di Crotone • Antioco dice che, avendo l’oracolo ordinato agli Achei di fondare Crotone, Miscello venne ad esplorare il paese e, vedendo che in quella zona era già stata fondata Sibari presso il fiume omonimo, gli parve che fosse da preferire questa città; tornò quindi di nuovo dall’oracolo per domandare se fosse lecito fermarsi a Sibari invece che a Crotone. Il dio però gli rispose … «O Miscello …, cercando altro al di fuori di quello che ti è concesso, corri incontro alla tua rovina; accetta di buon animo il dono che ti è destinato». 6

  7. La distribuzione della terra e le forme della proprietà nelle colonie greche • Il modello ideale della colonizzazione prevede la distribuzione di lotti inalienabili di uguale estensione tra tutti i coloni. • La ripartizione egualitaria dei lotti alla fondazione di Turii (metà del V sec. a.C.) • Se il modello è valido anche nella prima fase della colonizzazione, certo l’equilibrio si spezza dopo pochi anni. • Il diverso grado di fertilità e la diversa collocazione dei lotti determinano la fortuna o il fallimento dei loro proprietari, in particolare nelle precarie condizioni dell’agricoltura antica. • Le leggi sull’inalienabilità delle terre a noi note (Aristotele, Politica, II, 1266 b per Locri) sembrano un tentativo di reagire contro un fenomeno indesiderato piuttosto che una condizione originaria. 7

  8. I fattori di differenziazione della proprietà • L’indebitamento (con la conseguente cessione dei lotti). • La naturale nascita di un mercato della terra. • Il diritto ereditario: il maggiorasco lascia in difficoltà i cadetti, ma la divisione della proprietà tra tutti i figli crea un eccessivo frazionamento. • La conquista di nuove terre agricole ai danni degli indigeni, conquiste di cui non tutti i coloni forse godono i frutti in egual misura. • Queste nuove zone periferiche della colonia, poste spesso in zone collinari e montuose, sono più adatte alla vite e all’ulivo, al pascolo, alla caccia, al legnatico. • La conquista può assicurare ai più fortunati e abili dei coloni anche dei dipendenti indigeni, da usare come manodopera. 8

  9. Le forme di occupazione del territorio • Nella fase più arcaica delle colonie apparentemente un popolamento accentrato nei nuclei urbani, con contadini che si spostavano giornalmente nei campi. • A partire dal VI sec. a.C. iniziano le testimonianze di fattorie sparse nel territorio rurale, ora più ampio. • Allo stesso secolo sembrano risalire le tracce di divisione catastale nel territorio di Metaponto e in quello di Crotone. • I risultati del survey di Metaponto: • Una fitta occupazione del territorio nel VI sec. a.C., con un progressivo declino nel V e IV sec. a.C.; una ripresa alla fine del IV sec. a.C., con lo spostamento verso le zone interne (forse per problemi di drenaggio; cf. indici di diffusione della malaria nelle necropoli contemporanee). • La stima di 987 fattorie alla fine del IV sec. a.C., con una superficie media di 18 ha (troppo grande per essere lavorata da una sola famiglia). 9

  10. La contrazione del territorio agricolo nel IV sec. a.C. • Nel IV sec. a.C. anche le colonie greche che conservano la loro indipendenza vedono restringersi il territorio agricolo sotto il loro controllo, davanti all’avanzata di Lucani e Brettii. • L’esempio di Crotone e Turii, dove l’archeologia testimonia l’esistenza di centri indigeni a poca distanza dalla città greca. • L’esempio in controtendenza di Locri, che sappiamo possedere terreni lungo l’Halex, a una certa distanza dal nucleo urbano (ma aveva perso il controllo sulla subcolonia Hipponion). 10

  11. Le coltivazioni • I caratteri morfologici e climatici, oltre ai dati delle fonti, indicano che le aree pianeggianti dell’Italia meridionale erano particolarmente vocate alla cerealicoltura. • Buone anche le condizioni per la coltura della vite, sulle pendici collinari (un riflesso nelle fantasiose storie di condutture per il vino a Sibari). • Il severo giudizio di Èduard Will su queste tradizioni va attenuato, sulla base delle ricerche recenti sulle anfore vinarie. • L’eccellente vocazione alla coltivazione dell’ulivo pare farsi strada solo lentamente: anche se l’albero era noto da tempo immemorabile in Italia e i coloni greci portarono nuove specie, i dati sulla diffusione delle presse indicano una fioritura solo nel IV sec. a.C. 11

  12. Ateneo, Deipnosofisti, 519d: viticoltura nella Sibaritide • τοῖς δὲ πλείστοις αὐτῶν ὑπάρχουσιν οἰνῶνες ἐγγὺς τῆς θαλάσσης, εἰς οὓς δι᾽ ὀχετῶν τῶν οἴνων ἐκ τῶν ἀγρῶν ἀφειμένων τὸν μὲν ἔξω τῆς χώρας πιπράσκε-σθαι, τὸν δὲ εἰς τὴν πόλιν τοῖς πλοίοις διακομίζεσθαι. • La maggior parte di loro [ovvero dei Sibariti] possiede can-tine presso il mare, nelle quali il vino è portato da condotte; parte di esso è venduto fuori dal territorio, parte è portato in città con battelli.

  13. Le coltivazioni: i dati di località Pantanello • Oltre ai dati sparsi ricavabili dalle fonti letterarie e alla indicazioni che si trovano nelle Tavole di Eraclea, particolarmente utili le indagini paleobotaniche di località Pantanello, presso Metaponto. • Particolari condizioni ambientali hanno consentito una buona conservazione di semi, pollini, resti animali. • I semi sono relativi alle offerte votive ad una locale dea della fertilità, ma dovrebbero rispecchiare le effettive coltivazioni della zona, per il periodo del IV sec. a.C. • I pollini, facilmente trasportati da vento, offrono un quadro più ampio in termini geografici e cronologici. • Il problema metodologico: in quale misura i dati della piana di Metaponto possono essere estesi ad altre aree della Lucania e del Bruzio? 13

  14. I semi di località Pantanello • Cereali: farro, orzo e grano. • Alberi da frutto: vite, ulivi, fichi. • Legumi: ceci, fave, veccia, piselli, lenticchie. • Foraggi: erba medica, avena, segale. • Per cereali e frutticultura il dato conferma quanto sapevamo dalle Tavole di Eraclea; più originali le notizie relative a legumi e foraggi. 14

  15. I pollini di località Pantanello • Attraverso i metodo stratigrafico è possibile tracciare un’evoluzione delle coltivazioni nel corso del tempo: • VI sec. a.C.: accanto alle coltivazioni, i pollini mostrano l’importanza dell’allevamento. • V sec. a.C.: un periodo di incuria e abbandono. • IV sec. a.C.: i pascoli diminuiscono a favore della coltivazione dell’ulivo, dei legumi e dei cereali, che acquistano nel corso del secolo la preminenza. • Inizi III sec. a.C.: un declino delle coltivazioni in favore di erbacce e boschi (pini). 15

  16. L’allevamento • Ancora discusso il ruolo economico dell’allevamento, in particolare nella fase arcaica. • La diffusione dei pesi da telaio, oltre a testimoniare l’attività di tessitura, è indizio di un importante allevamento di ovini. 16

  17. I resti faunistici di località Pantanello • Dati divergenti tra il deposito votivo e i dati ricavabili dal deposito della fornace, forse in conseguenza della natura diversa dei siti. • Il deposito votivo: predominanza dei bovini in tutte le epoche, al secondo posto caprovini (in calo nel tempo), al terzo una presenza costante di maiali; ma anche significativa presenza di ossa di cavallo. • Il deposito della fornace: una crescita dei caprovini a scapito dei bovini. • In entrambi i siti le dimensioni degli animali sembrano aumentare nel corso del tempo: il segno di un allevamento selettivo? 17

  18. Le tavole di Eraclea • Le tavole di Eraclea, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. • Una straordinaria testimonianza delle attività agricole in questa colonia, fondata nel 434 a.C. sul sito della distrutta Siri. • Rinvenute nel 1732 nel greto del fiume Cavone, in localita Acinapura. • Edite in IG XIV, 645, si consultano oggi nell’edizione A. Uguzzoni – F. Ghinatti, Le tavole greche di Eraclea, Roma 1968. 18

  19. I caratteri delle Tavole di Eraclea • Due decreti relativi alle terre sacre appartenenti, rispettivamente, al santuario di Dioniso e a quello di Atena Poliade, emanati a breve distanza di tempo l’uno dall’altro. • Incerta la cronologia assoluta: ma i dati paleografici, linguistici e storici orientano tra la fine del IV e gli inizi del III sec. a.C. • Un intervento determinato dallo stato di abbandono di quelle terre, in parte abusivamente occupate da privati, approfittando di un periodo di torbidi (connesso la spedizione di Alessandro il Molosso?) • La procedura comportò il recupero, attraverso un procedimento giudiziario, delle terre del santuario. • Seguì un’attenta delimitazione dei confini delle terre sacre e dei lotti in cui vennero suddivisi, a cura degli oJristaiv (i magistrati preposti a collocare gli o{roi, “cippi confinari”). • Le misure sono fornite in scheni (una corda che serviva appunto a misurare i campi, della lunghezza di circa 33 m; come misura di superficie corrisponde a poco meno di 1.000 m2). 19

  20. IG XIV, 645, I, ll. 1-7: la datazione e il prescritto • ἔφορος Ἀρίσταρχος Hηρακλείδα· μὴς Ἀπελ-λαῖος· ℎα πόλις καὶ τοὶ ὀρισταί· ϝε τρίπους Φιλώ-νυμος Ζωπυρίσκω, πε καρυκεῖον Ἀπολλώνιος ℎηρακλήτω, αι πέλτα Δά-ζιμος Πύρρω, κν θρῖναξ Φιλώτας Hιστιείω, με ἐπιστύλιον Hηρακλείδας Ζωπύρω Διονύσωι. • Eforo: Aristarco figlio di Eraclida. Mese Apelleo. Lo stato e gli oristi: ϝε tripode Filonimo figlio di Zopirisco, πε caduceo Apollonio figlio di Eracleto, αι pelta Dazimo figlio di Pirro, κν tridente, Filota figlio di Istieo, με epistilio Eraclida figlio di Zopiro: a Dioniso. 20

  21. IG XIV, 645, I, ll. 8-11: l’opera degli oristi • ἀνέγραψαν τοὶ ὀρισταὶ τοὶ ℎαιρεθέντες ἐπὶ τὼς χώρως τὼς ℎιαρὼς τὼς τῶ Διονύσω Φιλώνυμος Ζωπυρίσκω, Ἀ-πολλώνιος Hηρακλήτω, Δάζ-ιμος Πύρρω, Φιλώτας Hιστι-είω, Hηρακλείδας Ζωπύρω, καθ’ ἃ <ὠρ>ίξαν καὶ ἐτερ-μάξαν καὶ συνεμετρήσαν καὶ ἐμερίξαν τῶν Hηρακλείων δια<γ>νόντων ἐν κατακλήτωι ἀλίαι. • Gli oristi eletti per i terreni sacri di Dioniso nelle persone di Filonimo figlio di Zopirisco, Apollonio figlio di Eracleto, Dazimo figlio di Pirro, Filota figlio di Istieo, Eraclida figlio di Zopiro registrarono con quali criteri rilevarono i confini, determinarono, misurarono collegialmente e ripartirono [i lotti] su decisioni degli Eracleesi in assemblea plenaria. 21

  22. IG XIV, 645, I, ll. 15-20: delimitazione dei lotti • τὰν μὲν πράταν μερίδα ἀπὸ τῶ ἀντόμω τῶ πὰρ τὰ Hηρώιδεια ἄγοντος εὖρος ποτὶ τὰν τριακοντάπεδον τὰν διὰ τῶν ℎιαρῶν χώρων ἄγωσαν, μᾶκος δὲ ἄνωθα ἀπὸ τᾶν ἀποροᾶν ἄχρι ἐς ποταμὸν τὸν Ἄκιριν, καὶ ἐγένοντο μετριωμέναι ἐν ταύται τᾶι μερείαι ἐρρηγείας μὲν διακατίαι μία σχοίνοι, σκίρω δὲ καὶ ἀρρήκτω καὶ δρυμῶ ϝεξακατίαι τετρώκοντα ϝὲξ σχοίνοι ℎημίσχοινον. • Il primo lotto si estende in larghezza dalla strada vicinale che fiancheggia la proprietà di Eroda fino alla via larga 30 piedi che conduce attraverso il terreni sacri, e discende in lunghezza dalle sorgenti fino al fiume Aciri: in questo lotto risultarono misurati 201 scheni di terra arativa e 646 e mezzo di di macchia, terra incolta e querceto. 22

  23. IG XIV, 645, I, ll. 95 ss.: lo schema dell’affitto dei terreni • Sotto l’eforato di Aristione, nel mese Apelleo, lo stato e i polianomi: a~ grappolo Timarco figlio di Nicone, ϝε fiore Apollonio figlio di Apollonio; e gli oristi: ϝε tripode Filonimo figlio di Zopirisco, πε caduceo Apollonio figlio di Eracleto, αι pelta Dazimo figlio di Pirro, κν tridente, Filota figlio di Istieo, με epistilio Eraclida figlio di Zopiro danno in affitto i sacri terreni di Dioniso, nelle condizioni in cui sono, a vita, secondo le decisioni prese dagli Eracleensi. Gli affittuari ne avranno lo sfruttamento in perpetuo finché forniscano garanti e paghino l’affitto anno per anno sempre nel giorno che precede il mese di Panamo. E qualora trebbino anzitempo, porteranno al granaio pubblico e davanti ai sitagerti annualmente preposti alle misurazioni pubbliche, misureranno pieni i congi [3,2 l. circa] di orzo mondo e accettabile, quale lo produca la terra. 23

  24. IG XIV, 645, I, ll. 95 ss.: lo schema dell’affitto dei terreni • Per ogni quinquennio presenteranno ai polianomi annualmente in carica garanti che i polianomi siano disposti ad accettare; e qualora a qualche altro affidino la terra da loro presa in affitto o la lascino in eredità o ne assegnino il diritto di sfruttamento, gli assuntori o gli eredi o gli acquirenti del diritto di sfruttamento forniranno garanti alle medesime condizioni dell’affittuario originario [seguono penalità contro coloro che non paghino regolarmente l’affitto o non forniscano garanti]. 24

  25. IG XIV, 645, I, ll. 95 ss.: lo schema dell’affitto dei terreni • L’affittuario del primo terreno […] pianterà non meno di 10 scheni a vite e, nella terra atta alla coltivazione di ulivi, metterà a dimora non meno di 4 piante di ulivo per ciascuno scheno; se però [gli affittuari] affermeranno che [la terra] non è adatta alla coltivazione di ulivi, i polianomi annualmente in carica e le altre eventuali persone che i polianomi si aggreghino , scegliendole dal popolo, ne faranno una perizia giurata e presenteranno il loro rapporto in assemblea, dopo aver considerato la terra in confronto con quella della zona. 25

  26. L’economia della selva • Scarse le attestazioni in età greca sulla sfruttamento delle risorse boschive. • In considerazione dell’egemonia esercitata da alcune colonie (in particolare Sibari e Crotone sulla Sila, Reggio sull’Aspromonte) su aree montuose e boschive è ragionevole ipotizzare un importante ruolo dell’economia della selva. • Produzione di pece, legname per le costruzioni edili e navali o da usare come combustibile. • Una funzione in questo senso potrebbe aver avuto l’insediamento crotoniate di Timpone del Gigante, nell’alta valle del Neto. • Uno sfruttamento che diventa problematico con il consolidarsi del controllo sulle zone interne da parte di Lucani e Brettii nel IV sec. a.C. 26

  27. La caccia e la pesca • Attestazioni sparse ma piuttosto antiche di queste attività, del resto desumibili dall’ampio sviluppo costiero della regione e dalla presenza di vaste zone boschive e incolte. • L’impressione è comune quella di attività marginali. • Un’eccezione ad Elea e Reggio, il cui limitato territorio agricolo induceva a rivolgersi alle risorse del mare. 27

  28. La produzione • Le attività manifatturiere, indispensabili alle colonie magnogreche, lontane dalla madrepatria, crescono anche assorbendo la crescita demografica. • Un limite agli occupati in agricoltura era dato dalla relativa ristrettezza dei territori rurali, specie in alcune città, oltre che, forse, dall’impiego degli indigeni asserviti come braccianti. • Le attività produttive a noi meglio note riguardano i materiali non deperibili: ceramica, metalli. • Le materie prime di queste attività produttive: non manca l’argilla, mentre scarsi sono i metalli (a parte una notizia, forse leggendaria, sulla presenza di vene di rame a Temesa). • Gli impressionanti monumenti della Magna Grecia sono testimonianza vivida delle attività edilizie. • Anche se scarsamente documentata come tutta la lavorazione del legno, certo da non sottovalutare la cantieristica navale. 28

  29. La produzione ceramica • Un’attività ben documentata dalla presenza di fornaci in tutti centri greci della regione, già nelle fasi arcaiche delle colonie. • A parte alcune produzioni di spicco (anfore vinarie della Sibaritide, ceramica “calcidese” nella Reggio arcaica, ceramica del “Gruppo di Locri” nel IV sec. a.C.) una produzione soprattutto destinata al mercato locale. • Al rilievo artistico delle produzioni di pregio (pinakes locresi, arule fittili, statuette votive) fa riscontro il rilievo economico delle ceramiche comuni, meno studiate. • Una produzione che prende la forma di: • Recipienti, di varie fogge. • Coroplastica. • Terracotte architettoniche. • Laterizi da costruzione. 29

  30. Statuette fittili da Sibari • Rinvenute nel deposito votivo di Cozzo Michelicchio (presso Corigliano), in un’area sotto il controllo di Sibari (VII sec. a.C.). Oggi a Cosenza, Museo Civico. 30

  31. Il santuario rurale di Cozzo Michelicchio

  32. Il santuario rurale di Cozzo Michelicchio • Un sito, sulle basse alture nei pressi di località Apollinara, già frequentato prima della colonizzazione greca, con reperti della prima età del Ferro. • Dopo la fondazione di Sibari sede di una sacello dedicato a una divinità femminile (Era? Artemide?). • La stipe votiva ha restituito anche ceramica corinzia di VII-VI sec.C. • Sopravvive alla distruzione di Sibari, in connessione a culti legati prima alla fertilità femminile e della terra (età classica), poi alla caccia e ai boschi (età ellenistica). • Per saperne di più: R. Pace, Les objets en bronze du site de Cozzo Michelicchio (CS), «MEFRA», 113 (2001), 1, pp. 33-69

  33. Arula fittile da S. Lorenzo del Vallo • Rinvenuta nella località di S. Lorenzo del Vallo, nel territorio appartenente a Sibari (fine VII - inizi VI sec. a.C.). • Una testimonianza della precoce produzione di arule fittili nella Magna Grecia. • Conservata a Crotone, Museo Archeologico. 33

  34. Arula fittile da Sibari • Arula con rappresentazione di due felini che attaccano un cinghiale. • Oggi a Sibari, Antiquarium. 34

  35. La ceramica “calcidese” di Reggio • Nell’immagine un esempio di ceramica “calcidese” rinvenuto nel territorio di Metauros, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. • È la produzione di maggior rilievo, anche commerciale, della nostra regione nella fase greca. • Un’esportazione, che poteva contare sul trafficato porto di Reggio, verso altre città della Magna Grecia, la Sicilia, l’Etruria, il Mediterraneo occidentale. 35

  36. Terracotte architettoniche • Antefissa fittile in forma di protome di Sileno, dalla scena del teatro di Reggio (metà del IV sec. a.C.). • Oggi a Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale. 36

  37. Le tradizioni artigianali di Crotone • Una vivace produzione ceramica è presente a Crotone sino dalla fine del VII a.C., con i ritrovamenti nell’area del Campo Sportivo e nella zona delle Cooperative. • Un’interessante produzione di “imitazioni” di ceramica orientale. • Più originale la produzione di ceramica a rilievo, ottenuta con l’applicazione di matrici cilindriche. • Notevole anche la produzione di statuette di argilla (coroplastica), spesso impiegate come doni votivi nei santuari locali. 37

  38. Le tradizioni artigianali di Crotone • A sinistra uno scarto di lavorazione di anfora, sicura testimonianza di questo tipo di produzioni a Crotone; a destra una statuetta fittile di produzione crotoniate. 38

  39. I pinakes di Locri • Tavolette fittili, offerte dai fedeli a Persefone nel santuario di località Mannella, che rappresentavano scene del mito di questa dea. • Rinvenute in stato frammentario in una fossa di deposito. • Testimonianza di una produzione di pregio, ma pur sempre in serie (attraverso matrici), che ebbe quindi una certa rilevanza nella Locri del V sec. a.C. • Nell’immagine, un pinax con Persefone e Ade in trono (Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale) 39

  40. Statua fittile da Medma • Rinvenuta nella stipe votiva di Calderazzo, nel territorio di Medma (Rosarno) (V sec. a.C.?). • Un esempio della coroplastica locrese, anch’essa con destinazione votiva. • Oggi a Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale. 40

  41. Il quartiere artigianale di Locri • Forse il meglio conosciuto di questa zona della Magna Grecia, sorgeva in località Centocamere, ad una certa distanza dal centro abitato. • Un complesso di 18 fornaci, di varie dimensioni e tipologie. • Dagli scarti di lavorazione pare che nel complesso si lavorassero laterizi da costruzione e ceramica comune; assente la ceramica di pregio. 41

  42. La grande fornace di Locri • La maggiore delle fornaci del quartiere artigianale di Locri, di forma circolare (diametro 3,80); ben conservata la griglia d’argilla che divideva la camera di combustione da quella di cottura. 42

  43. La lavorazione dei metalli • Meno ben documentata rispetto alla produzione ceramica. • Si concentra particolarmente nel settore più meridionale della regione, a Reggio e in particolare a Locri. • Una produzione che si indirizza, nel IV sec. a.C., sempre più verso le aree occupate dalle popolazioni italiche. 43

  44. Sostegno di specchio da Locri • Sostegno di specchio in forma di figura femminile (V sec. a.C.) • Oggi a Reggio, Museo Archeologico Nazionale. 44

  45. Una coppia di mani bronzea da Locri • Proveniente da una necropoli di Locri, da un corredo tombale. • Oggi a Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale. 45

  46. Presa di patera da Reggio • Presa di patera in bronzo, a forma di kouros. • Oggi a Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale. 46

  47. L’attività edilizia • Un’attività che assorbe per lunghi periodi una numerosa manodopera, a vari livelli di specializzazione: semplici operai edili, artigiani, artisti. • Tra VI e prima metà del V sec. a.C. le grandi opere consistono soprattutto in templi, sia nei centri cittadini, sia nelle campagne (i santuari di frontiera). • Le grandi opere sono costruite essenzialmente grazie alle finanze pubbliche, anche se in qualche caso si ipotizza il concorso di famiglie nobili. • Progressivamente, con un processo che culmina nel IV sec. a.C., l’impegno si concentra sulle opere di difesa. 47

  48. Un tempio urbano: il tempio di Era a Poseidonia • Il cosiddetto “tempio di Nettuno”, in realtà dedicato ad Era, metà V sec. a.C. 48

  49. Un santuario rurale: il tempio di Era a Capo Colonna, presso Crotone • Forse collocato all’originario confine meridionale del territorio di Crotone, il tempio di Era Lacinia (metà V sec. a.C.) era anche un punto di riferimento per i naviganti 49

  50. Un santuario di frontiera: le Tavole Palatine di Metaponto • Il tempio, dedicato ad Era e costruito intorno al 530 a.C., sorgeva sulle sponde del Bradano, probabilmente al confine con il territorio di Taranto 50

More Related