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Valutazione delle spesa pubblica: un'analisi econometrica per le regioni italiane

Valutazione delle spesa pubblica: un'analisi econometrica per le regioni italiane. Davide Delle Monache Università di Bologna monache@stat.unibo.it. Struttura presentazione. Valutazione Modelli macroeconometrici Funzione risposta all’impulso Applicazione alle regioni italiane

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Valutazione delle spesa pubblica: un'analisi econometrica per le regioni italiane

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Presentation Transcript


  1. Valutazione delle spesa pubblica: un'analisi econometrica per le regioni italiane Davide Delle Monache Università di Bologna monache@stat.unibo.it

  2. Struttura presentazione • Valutazione • Modelli macroeconometrici • Funzione risposta all’impulso • Applicazione alle regioni italiane • Conclusioni

  3. Obiettivi • Valutare l’impatto della spesa pubblica in un contesto regionale duale. • Quantificare il meccanismo di trasmissione delle variabili di policy su un sistema economico di piccole dimensioni. • Condizionare tale valutazione a possibili scenari di politica economica

  4. Valutazione • L’Italia evidenzia un costante ritardo nella valutazione • Le direttive della Commissione Europea hanno dato un grande impulso alla valutazione come strumento di programmazione • La Commissione ha pubblicato diversi lavori teorici e applicati sui metodi valutativi (“Means collection”, “Cohesion Found spending with LSE”, “methodological working paper”)

  5. Impatto • Gli effetti delle politiche sono molteplici (diretti, indiretti, di sostituzione, trend, di mercato e non) • Quantificare l’impatto di una politica equivale a quantificarne “l’effettivo” contributo. • Cercare di isolare gli effetti imputabili alla politica (diretti e indiretti) dai cambiamenti imputabili a fattori esterni • Confronto tra un evento osservato (empiricamente), con una situazione “ipotetica” che funge da riferimento, essa è anche chiamata “controfattuale” • In pratica si cerca di confrontare la realtà sotto il regime di policy, con l’eventuale scenario in assenza di intervento; oppure si ipotizza un nuovo regime di policy e si confronta con la realtà nel caso del vecchio regime di policy.

  6. Analisi Macro vs Micro • la valutazione con dati macro si concentra sugli obbiettivi globali, ad esempio l’aumento della competitività, la diminuzione della disoccupazione, l’aumento dei salari ecc.. Le variabili oggetto di studio sono: PIL, Occupazione, Reddito, Investimenti, ecc.. Essa è principalmente realizzata attraverso modelli strutturali e cerca di individuare le tendenze macroeconomiche. E uno strumento di orientamento delle politiche, molto spesso coincide con la valutazione ex-ante. • la valutazione con dati micro invece, si concentra su specifici progetti di investimento (o specifiche politiche): ad esempio l’effetto di una riforma fiscale su un determinato gruppo di cittadini (o imprese), l’effetto dei programmi di educazione ecc. Essa utilizza principalmente è un’analisi di tipo ex-post.

  7. Controfattuale • Per definizione non osservabile quindi bisogna stimarlo • Analisi macro, confronto “pre-post” intervento (di tipo “universale”) • omitted variables bias • Analisi micro, gruppo di controllo: • selection bias • omitted variables bias

  8. Modelli Macro • α= E(yt+p|Mx;T =1)-E(yt+p|Mx;T= 0) Mx è la specificazione di un preciso modello che descrive il funzionamento del sistema economico. Quindi la stima dell’impatto non è distorta se e solo se E(yt+p|Mx;T=1)-E(yt-p|Mx;T= 0)=0 • Ipotizziamo che il valore atteso della variabile, dato il modello Mx, rimane stabile nel tempo nel caso non intervengono variazioni di policy. Nel caso tale quantità sia diversa da zero, abbiamo una distorsione derivante da variabili omesse. La possibile distorsione è il risultato di qualsiasi fattore esogeno, non modellato da Mx, che modifica il valore della variabile anche in assenza di programma • Obiettivo: “apprendere dall’esperienza passata per poterle riutilizzarle nella simulazione futura”. Ipotesi forte: corretta specificazione del modello e la sua stabilità.

  9. Modelli VAR: un po’ di storia • I modelli VAR furono introdotti all’inizio degli anni 80’, per rispondere alle forti critiche indirizzate ai “modelli strutturali” basati sui sistemi di equazioni simultanee (SES) • Critica di Lucas (1976) • Approccio LSE

  10. Modelli Strutturali • Tentativo di tradurre le relazioni economiche, basati sulla teoria (deterministiche per definizione), in equazioni statistiche (quindi stocastiche). • L’obiettivo di tali modelli strutturali era quello di stimare empiricamente i coefficienti che le legano le variabili del sistema economico, per poi rispondere alla seguente domanda: • qual è l’effetto di un’azione sulle variabili di “policy” (considerate esogene al sistema e sotto il controllo dei policy maker), sulle variabili di interesse (considerate endogene)?

  11. Modelli Strutturali(2) • Y variabili endogene, X variabili esogene • B descrive le relazioni contemporanee tra le variabili del vettore Y, Ci e Di sono matrici di parametri, dtè un vettore che include variabili deterministiche, ut~WN(0, Ώ) • non può essere stimata direttamente a causa della presenza di possibili elementi non nulli fuori dalla diagonale principale della matrice B, che implicano correlazione tra il termine di errore e le variabili esplicative, quindi è necessario ricorrere alla stima a due stadi o la stima tramite le variabili strumentali (Gardini et el (2000))

  12. Modello in Forma ridotta • Ai=B-1Ci, Dj*=B-1Dj, εt=B-1ut • La forma ridotta può essere stimata come un comune modello dinamico • Una volta stimati i parametri della forma ridotta, il problema di identificazione consiste nel formulare ipotesi sufficienti per poter risalire ai coefficienti della forma strutturale

  13. Critica di Lucas (1976) • Gli agenti economici hanno un comportano "forwad-looking“: cioè i valori attuali delle variabili sono influenzate dalle aspettative sul futuro dell'economia. • Tali agenti adattano le loro aspettative in base alle informazioni disponibili. • Cambiamenti di regimi o nuove politiche economiche cambiano le informazioni disponibili e le aspettative degli agenti si adattano ai nuovi regimi, di conseguenza i parametri cambiano • Impossibilità di identificare i parametri "profondi" (deep-parameters) che descrivono le preferenze dei consumatori e la tecnologia disponibile, dai parametri che descrivo la maniera in cui gli individui formano le aspettative.

  14. Approccio LSE • la teoria economica suggerisce la specificazione generale della forma rilevante del modello, ma la precisa rappresentazione del PGD (processo generatore dei dati) è sconosciuto. • modello in forma ridotta che sia "well specified" in termini statistici, per trovare il modello che meglio descrive i dati ipotizzando un PGD che è sconosciuto per definizione. • Testare empiricamente assunzioni di esogeneità delle variabili

  15. Sims (1980,1982) • Con due articoli importantissimi Sims (1980,1982) introduce i modelli VAR come risposta ala “fallimento” dell’approccio tradizionale • Critica fortemente i modelli tradizionali: “incredibili restrizioni” per l’identificazione del modello, quelle restrizioni derivanti dalla teoria economica ma imposte senza alcun test empirico sui dati. • Nuovo approccio: partire da un modello basato sui dati empirici e sulla teoria statistica, al fine di identificare le “reali” relazioni tra le variabili.

  16. Sims (1980,1982)bis • Tutte le variabili del sistema economico trattate in maniera endogena, nessuna informazione a priori derivante dalla teoria economica • Stimare un modello non vincolato (“unrestructed”) che risulta essere un puro modello statistico • Dal modello non vincolato, imponiamo alcune restrizioni che permettono di dare una interpretazione economica al modello: VAR strutturale (SVAR).

  17. I modelli VAR • I modelli VAR non hanno l'obiettivo di descrivere l'intera economia in larga scala, ci si concentra su un numero ristretto di variabili economiche Y (vettore n×1) • I modelli VAR sono dei modelli in forma ridotta: consistono in sistemi di equazioni che mettono in relazione i valori correnti di un dato insieme di variabili economiche con i valori passati delle variabili stesse. • Tutte le variabili assumono dunque natura endogena, mentre sono considerati esogeni solo gli shock al sistema. • Si pone l'accento maggiormente sulle proprietà statistiche del modello e sulla sua capacità di cogliere il PGD (processo generatore dei dati).

  18. VAR di ordine p • Y vettore n×1 di variabili rilevanti • Ai matrici n×n di parametri • εt~WN(0, Σ) Il nostro VAR si dice stazionario (asintoticamente stabile) se le radici del polinomio caratteristico associato al polinomio A(L) sono tutte fuori dal cerchio unitario, ovvero det[A(L)]=0 |z|>1

  19. VAR vs SVAR • Un VAR(p) è un modello statistico che descrive le relazioni tra le variabili: sfrutta le correlazioni nel sistema per fare previsione • Dopo aver stimato il modello statistico, è possibile dare una struttura economica al sistema: i modelli SVAR (Structural VAR) con i quali è possibile effettuare analisi di politiche (impulse response function)

  20. Dal VAR al modello SVAR • Una volta stimato il VAR(p) • Invertiamo la matrice • Otteniamo • Cosi la funzione non ci dice granché (gli errori sono correlati tra di loro !!! ) • Per risalire alla rappresentazione strutturale c’è bisogno di restrizioni che ci rendano il modello interpretabile economicamente (i.e. errori ortonormali)

  21. SVAR • Dobbiamo trasformare il VAR non vincolato per ottenere una rappresentazione del tipo • In modo tale che gli shock che colpiscono il sistema sia indipendenti e di norma unitaria • Otteniamo un rappresentazione interpretabile (“wald causal chain”)

  22. Funzione risposta all’impulso • Esempio • Se siamo interessati all’effetto che ha lo shock della variabile i-esima sulla variabile j-esima dopo h-periodi, dobbiamo calcolarci: • Gli elementi della matrice Φh rappresentano i moltiplicatori d’impatto ad h-periodi • Ponendo sulle ascisse gli h periodi e sulle ordinate i valori dei moltiplicatori otteniamo la “Funzione di risposta all’impulso” (FRI).

  23. Diversi tipi di SVAR • Scomposizione di Cholesky (restrizioni di breve periodo): • Imponiamo un preciso ordine ricorsivo che implica un ordine di endogeneità: dato dalla forma triangolare del fattore di Cholesky, tale fattore non è unico (ci sono tante n! possibili ordini) A*(L)yt = et Dove A*(L)=PA(L) con P fattore di Cholesky • Blanchard e Quah (restrizioni di lungo periodo): • Si ipotizza che nel lungo periodo lo shock di una variabile abbia effetto nullo. In pratica si impongono restrizioni (degli zeri) sulla cumulata dei moltiplicatori yt = Φ(L)et Dove Φ(L)=ΨC(L) moltiplico la C(L) per una particolare matrice Ψ tale che alcuni elementi della Φ(1) siano nulli • Particolare struttura causale AA(L)yt = Aεt Aεt = Bet et~WN(0; In)

  24. Regioni italiane • Consideriamo le regioni italiane in un contesto duale: Centro-Nord e Mezzogiorno • Stima di due modelli aggregando i dati regionali. • Analisi panel

  25. Modelli • Calcolare le relazioni dinamiche tra il PIL (o altre variabili di interesse) e la variabile di Spesa pubblica, modello “data-based”, (vedi Pissarides e Wasner (1996)). In pratica stimiamo modello VAR bivariati, che possono essere combinati • Alternativamente seguendo Bean (1996), ipotizziamo una funzione di produzione “locale” Yit = F(Ait;Kit;Git;Nit) quindi un modello “strutturale” nel senso della teoria economica. In pratica stimiamo un VAR con: PIL,OCC, Capitale Privato e Spesa Pubblica

  26. Dati a disposizione • Dati annuali (1980-2004) • Due macro-aree: • Centro-Nord e Mezzogiorno • PIL, Consumi delle famiglie, Occupazione, Investimenti fissi Lordi, Investimenti pubblici, Incentivi. Fonte: Conti Economici Regionali. ISTAT

  27. VAR in differenze • Abbiamo testato per i diversi modelli, la presenza o meno di relazioni di lungo periodo • Problemi: limitato numero di osservazioni e presenza di possibili break nelle serie • In conclusione abbiamo preferito lavorare con un VAR in differenze prime

  28. Modello “data based” • Specifichiamo un VAR bivariato con variabile di policy e variabile di interesse (ad es. PIL, ) Ci calcoliamo le funzioni di risposta all’impulso del PIL dato uno shock di spesa pubblica.

  29. PIL, Investimenti pubblici

  30. PIL, Incentivi

  31. Investimenti vs Incentivi • La variabile investimenti decisamente più incisiva nel Mezzogiorno • Il centro-Nord sembra reagire meglio agli incentivi rispetto al meridione • Le dinamiche dopo 5-6 periodi sono simili (quasi nulle)

  32. Modello “strutturato” • Un modello con 4 variabili (PIL, Spesa pubblica, Capitale privato e Occupazione); • Problemi di efficienza delle stime (sovraparametrizzazaione) non adatto per previsione ma interessante nel descrivere le dinamiche di trasmissione.

  33. Indentificazione dello SVAR • Produzione εy = αεn + βεk + γεg + ed • Occupazione εn = πεk + ρεg + el • Investimento privato εk = ek • Investimento pubblico εg = eg I parametri α e β indicano l’effetto che gli investimenti pubblici e privati hanno sulla produzione: sia diretto (attraverso la classica funzione di produzione) che indiretto (lo shock di domanda aggregata determina una non-efficiente detenzione del fattore lavoro), comunque i due effetti non sono identificabili separatamente. I due investimenti (i loro gli shock) sono assunti esogeni, in quanto la pianificazione della spesa implica un certo ritardo di attuazione. I parametri π e ρ rappresentano l’effetto complessivo sull’occupazione, anche qui è composto da due effetti (diretti e indiretti) non identificabili separatamente.

  34. Occupazione Centro-Nord

  35. Occupazione Mezzogirono

  36. PIL Centro-Nord

  37. PIL Mezzogiorno

  38. Centro-Nord • Uno shock di investimenti pubblici non ha un impatto rilevante per la crescita del PIL nelle regioni del Centro-Nord , invece risulta molto più incisivo l’impatto del capitale privato: nel breve periodo il moltiplicatore è un quarto (0.25%), dopo qualche periodo tale effetto svanisce. • La variabile occupazione reagisce meglio rispetto al PIL, è evidente come anche per l’occupazione gli investimenti privati hanno un impatto rilevante nel Breve Mentre gli investimenti pubblici hanno un effetto inferiore nel breve (0.04%) ma esso persiste nei successivi periodi (0.22% nel lungo). • Introducendo la variabile Incentivi questa non migliora l’effetto sulla crescita economica • La componente Investimenti pubblici domina su quella degli Incentivi. La spesa pubblica ha un effetto quasi nullo nel breve e medio periodo, mentre è leggermente positivo nel lungo, invece il capitale privato risulta determinante per la crescita economica; l’attività economica nel breve periodo risponde positivamente alla variazione di capitale privato, tale risposta si esaurisce nel medio periodo (diventa addirittura negativa), per poi tornare ad essere leggermente positiva alla fine (forma sinusoidale).

  39. Mezzogiorno • Abbiamo dei risultati sostanzialmente differenti: • Il PIL risponde positivamente al capitale pubblico, tale impatto è ridotto nel breve periodo (0.01%) ma dopo alcuni periodi esso aumenta sensibilmente (circa 0.3% nel lungo periodo). • Anche l’Occupazione risponde positivamente alla spesa pubblica soprattutto allo shock di Incentivi (circa 0.1% nel breve e quasi 0.4% nel lungo) • Si conferma anche per il Mezzogiorno che la variabile Investimenti pubblici domina sugli Incentivi. Per quanto riguarda il capitale privato, che per il centro-Nord era risultato come unica fonte di crescita, anche per le regioni meridionali il capitale privato ha un impatto positivo su entrambe le variabili dell’attività economica; in particolare sembra che l’occupazione risponda meglio allo shock di capitale privato. • E interessante notare come il modello che include gli investimenti pubblici come variabile di policy, l’impatto del capitale privato è ridotto nel breve e negativo nel lungo periodo, sembra che la forte correlazione degli Investimenti pubblici con l’attività economica spiazza l’impatto del capitale privato, simile al Centro-Nord

  40. Modello fattoriale • log yit = ci + λift + εit • Il modello scompone la dinamica della ricchezza di ciascuna regione, come la somma di una componente comune a tutte le regioni ft, con pesi differenti dati dai valori del parametro λi, e una componente peculiare a ciascuna regione costituita da εit (componenete idiosincratica). • Si estrae un fattore comune per le regioni italiane (ciclo economico) e si inserisce nel modello strutturato: • Come variabile esogena VARX • Come variabile endogena FVAR (Bernanke and Boivin 2003)

  41. VAR aumentato • Aggiungendo tale variabile si tenta di migliorare la specificazione del modello, in quanto con tale fattore si cerca di cogliere l’effetto di spillover nazionale che influenza le economie regionali. • A differenza di Bean(1996), il quale aumentava il suo modello includendo la media del PIL nazionale come variabile esogena.

  42. Fattore comune come esogena • Centro-Nord: l’impatto della spesa pubblica sulla crescita del PIL non cambia (impatto della spesa pubblica sul PIL rimane sostanzialmente bassa) • Per il Mezzogiorno l’inclusione del fattore comune sembra faccia diminuire l’effetto del capitale pubblico sull’Occupazione mentre il capitale privato, che prima aveva un impatto limitato sull’Occupazione, ora ha un effetto con segno opposto • Questo risultato, se confermato, può avere un importante valenza in termini di valutazione delle dinamiche nel mercato del lavoro; nel senso che inserendo la possibilità di effetti di spillover, l’economia meridionale subisce una riduzione dell’effetto sull’occupazione: cioè shock positivi di capitale (pubblico e privato) hanno un effetto ridotto sull’occupazione a causa di effetti migratori.

  43. Fattore comune endogeno • Per il Centro-Nord, le risposte del PIL e dell’Occupazione a shock di capitale pubblico (nel breve periodo) migliorano particolarmente della presenza di spillover quando essi sono considerati endogeni al sistema. • Anche le regioni meridionali migliorano la loro risposta alla variazione della spesa pubblica quando il fattore comune inserito come endogeno.

  44. Conclusioni • Importanza dei modelli statistici per la valutazione “quantitativa” della spesa pubblica • Analisi territoriale (importanza dei dati) • I modelli VAR sono relativamente semplici, flessibili ed efficaci per descrivere la dinamica tra le variabili di un piccolo sistema economico

  45. ..Conclusioni .. • Struttura duale della economia italiana: • Centro-Nord poco sensibile alla spesa pubblica, molto più reattivo al capitale privato e al ciclo economico • Mezzogiorno maggiormente dipendente dal capitale pubblico ed effetti di spillover. • Investimenti più “importanti” degli incentivi • La dinamica delle F.R.I. è simile: svanisce dopo 4-5 periodi

  46. Ulteriori sviluppi • Stimare modelli con una migliore base i di dati • Esplorare le potenzialità del VAR aumentato (FVAR) • Considerare le dinamiche di interazione regionale • GVAR (Pesaran 2006)

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