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Le istituzioni politiche nell’era dell’ascrittività. La Grecia, Roma e l’Alto Medioevo .

Università “La Sapienza” di Roma Facoltà di Scienze della Comunicazione Corso di laurea in Scienze della Comunicazione Pubblica ed Organizzativa Anno Accademico 2008-09 Corso di Storia delle Istituzioni Politiche SPS/03. Le istituzioni politiche nell’era dell’ascrittività.

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Le istituzioni politiche nell’era dell’ascrittività. La Grecia, Roma e l’Alto Medioevo .

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  1. Università “La Sapienza” di RomaFacoltà di Scienze della ComunicazioneCorso di laurea in Scienze della Comunicazione Pubblica ed Organizzativa Anno Accademico 2008-09Corso di Storia delle Istituzioni Politiche SPS/03 Le istituzioni politiche nell’era dell’ascrittività. La Grecia, Roma e l’Alto Medioevo. Dott. Stefano Scarcella Prandstraller Lezione IV – “Le istituzioni politiche nell’Alto Medioevo - I”

  2. I “Barbari” • “I bellicosi Germani, che prima resistettero, poi invasero e alla lunga sottomisero l’Impero romano d’Occidente, dovrebbero occupare un posto molto più importante nella nostra storia, ed avere un più forte e, se possiamo usare questa espressione, più familiare richiamo alla nostra memoria e considerazione”. • “Le nazioni più civilizzate della moderna Europa sono infatti uscite dalle foreste della Germania; e nelle rudi istituzioni politiche di questi barbari noi possiamo ancora distinguere gli originari principi delle nostre attuali leggi e consuetudini”. • (Edward Gibbon, The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, 1776)

  3. I “Barbari” • Tra i popoli le cui migrazioni verso le terre appartenute all’Impero romano hanno avuto luogo a più riprese dal IV all’VIII secolo, possiamo distinguere: • 1) popolazioni germaniche, di ceppo “orientale”, “occidentale” e “settentrionale”; • 2) popolazioni iraniche, come i Sarmati e gli Alani, provenienti dalle pianure dell’Europa centro-orientale; • 3) popolazioni turco-mongole, come gli Unni (Hiung-nu) e gli Avari, provenienti dalle pianure dell’Asia centrale. • Le popolazioni iraniche e turco-mongole, pur presentando ciascuna delle particolarità, hanno carattere nomade o semi-nomade, si muovono e combattono quasi esclusivamente a cavallo e compiono di solito migrazioni totali. • Le popolazioni germaniche sono invece un insieme composito e con differenze anche notevoli al loro interno.

  4. I popoli germanici “orientali” • Il ceppo orientale comprende i Visigoti (Thervingi), gli Ostrogoti (Greuthungi), i Vandali (WandiliAsdingi e Silingi), i Gepidi, i Burgundi, i Longobardi (Winili), gli Eruli e gli Sciri; • provengono dalla penisola Scandinava (“Isola di Scandia”); • compiono migrazioni totali; • si muovono lungo un percorso che transita via terra a Oriente, nell’area tra i fiumi Oder e Vistola, per poi aprirsi la strada attraverso le grandi pianure dell’Europa centro-orientale fino al Ponto Eusino, alla Mesia, alla Pannonia, alla Dalmazia, all’Illiria e quindi al resto dell’Occidente; • tutti questi popoli, abituati a muoversi per notevoli distanze ed a lasciarsi alle spalle le loro precedenti sedi di stanziamento, si caratterizzano per l’aver appreso, probabilmente da Sarmati e Alani, l’uso del cavallo, e per il fatto di utilizzare, in un grado più o meno preponderante, la cavalleria come componente essenziale dei loro eserciti; • in origine pagani, si convertono presto all’Arianesimo.

  5. I popoli germanici “occidentali” • Il ceppo occidentale comprende i Marcomanni, i Quadi, gli Juti, i Frisoni, i Suebi, i Turingi, gli Alamanni, i Franchi Salii e Ripuari, gli Angli e i Sassoni; • provengono da diverse regioni duella attuale Germania (“Germania Magna”), e in particolare da quelle del Mare del Nord, del bacino del Reno-Weser e di quello dell’Elba; • le migrazioni di questi popoli non sono mai totali, ma possono piuttosto essere configurate: • a) come conquiste o espansioni in regioni contigue ai territori originari oltre il Reno, come nel caso dei Franchi o dei Turingi e degli Alamanni in Gallia; • b) come occupazioni di nuovi territori non geograficamente contigui a quelli di provenienza, e quindi destinati a dare origine a regna isolati dalla madrepatria, come nel caso di Angli e Sassoni in Britannia o dei Suebi nella penisola iberica; • si tratta di popoli delle foreste, che in guerra combattono a piedi o comunque fanno poco uso di cavalleria; • restano pagani a lungo, ma poi si convertono al Cattolicesimo.

  6. I popoli germanici “settentrionali” • Il ceppo settentrionale, comprende i popoli variamente noti come Geati, Danesi, Variaghi, Vichinghi o Normanni; • provengono tutti dalla penisola Scandinava; • compiono migrazioni parziali, configurabili in prevalenza quali scorrerie e saccheggi, e solo più tardi come vere e proprie guerre di conquista ed espansione; • seguono quasi esclusivamente la via del mare; • data la scarsità di contatti prolungati con altre culture, mantengono più a lungo degli altri la religione pagana e diversi tratti culturali germanici antichi; • una parte minore della popolazione, i Variaghi oVariazi, sceglie la migrazione verso sud-est, ma lo fa non già via terra come i Goti, ma a bordo di navi, utilizzando i grandi fiumi per raggiungere il Mar Caspio e il Mar Nero; • combattono essenzialmente a piedi o a bordo delle loro navi ed ignorano l’uso bellico del cavallo fino alla fondazione del Ducato di Normandia nel 911.

  7. I regni romano-barbarici • Regno dei Visigoti, prima in Gallia (circa 412) e poi nella penisola iberica, fino al 714. • Regno dei Vandali, prima nella penisola iberica (409-429) e poi in Africa (429-435), fino al 534. • Regni degli Angli e dei Sassoni in Britannia, dal V secolo. • Regno dei Suebi nella penisola iberica (411-585). • Regno degli Ostrogoti, prima in Pannonia e in Dalmazia (453) e poi in Italia (dal 489) fino al 553. • Regno dei Franchi in Gallia dal 408. • Regno dei Burgundi in Gallia dal 408 al 534. • Le variabili che influenzano la durata di questi regni nel tempo sono le lotte interne, le scelte in materia religiosa, i rapporti con la popolazione romanizzata, la vicinanza con le regioni di origine, lo scontro con altri popoli e la capacità di preservare le istituzioni politiche romane.

  8. I regni romano-barbarici • Le variabili che influenzano la durata di questi regni nel tempo sono • le lotte interne, • le scelte in materia religiosa, • i rapporti con la popolazione romanizzata, • la vicinanza con le regioni di origine, • lo scontro con altri popoli • la capacità di preservare le istituzioni politiche romane.

  9. Il regno Ostrogoto in Italia • Gli Ostrogoti di Teodorico nel 489 occupano l’Italia, con il consenso dell’imperatore bizantino Zenone. • La nobilitas senatoria subisce l’esproprio di parte consistente delle villae e delle terre in favore dei nuovi dominatori Goti. • Tra Goti ariani e Romani cattolici si crea una profonda divisione, per cui “i Romani formano sul piano giuridico e religioso una comunità distinta, che si regge secondo le sue istituzioni tradizionali”. • Le istituzioni del diritto romano coesistono con quelle orali del diritto germanico, e sono applicate applicate iure personarum, a seconda del gruppo etnico di appartenenza. • Viene mantenuta una legge romana del 370, che vieta il matrimonio tra romani e barbari. • Diventa così impossibile, “ai vari livelli della scala sociale”, una qualunque integrazione tra elemento latino e germanico.

  10. Il regno Ostrogoto in Italia • Esclusivamente ai Goti è riservato il diritto di portare le armi e di accedere a qualunque ufficio di carattere militare. • L’aristocrazia gota non acquisisce nemmeno ai livelli più alti la dignità senatoria. • Il sistema del “parallelismo” non implica il totale esautoramento dalle istituzioni politiche della nobilitas senatoria, la quale continua per un certo tempo ad esprimere importantissime cariche nell’amministrazione civile. • I vescovi cattolici rimangono al loro posto. • Il re governa assistito da un consistorium, di cui fanno parte senatori Romani e notabili Goti. • Tuttavia, il rapido deterioramento dei rapporti del regno Ostrogoto con l’Impero d’Oriente porta ad un crescente clima di sospetto nei confronti dell’elemento romano, che culmina con l’esecuzione di Boezio e Simmaco e l’incarcerazione del papa Giovanni I.

  11. I Franchi • Verso l’anno 240 si forma, sotto il nome di Franchi, o “uomini liberi”, una nuova confederazione degli abitanti del Reno inferiore e del Weser”; (Gibbon, 1776) • è una lega di tribù germaniche occidentali che comprende Chauci, Cherusci,Chatti, Sicambri, Tencteri ed Usipeti. • I Franchi iniziano una graduale penetrazione nella Gallia romana, a partire dal primo massiccio attraversamento del Reno nel 406, compiuto insieme a diversi altri popoli germanici, sotto la guida di Clodione (Hlod). • Al momento della deposizione dell’ultimo imperatore romano di Occidente (476) costituivano parecchi piccoli regni nelle regioni del basso Reno e della Schelda; • “i Franchi costruirono e organizzarono un grande regno che divenne impero, e quest’ultimo ebbe una durata di mezzo millennio prima di passare a stati successori”. (Werner, 1998)

  12. I Franchi Cavaliere merovingio

  13. I fattori critici: 1- le lotte interne • Childerico I (437-482), già alleato di Egidio contro i Visigoti, era figlio del re Meroveo (Merowech) (411-457), da cui il nome di “merovingia” alla dinastia da lui fondata. • Clodoveo (466-511), succedendo al padre Childerico (Kilderich), divenne regulus della regione di Tournai, che comprendeva gran parte della provincia romana detta Belgica Secunda. • Conquista gran parte della Gallia in più fasi, a cominciare da altri piccoli regni franchi. • Dopo la conversione, Clodoveo viene abbandonato da più di 3000 guerrieri e deve dedicare gli ultimi anni di regno alla lotta contro i reguli franchi rimasti pagani, come Ragnachar, Sigibert e Chararic, ed alla conversione al cristianesimo, più o meno forzata, del resto dei Franchi al di qua del Reno. • Alla morte di Clodoveo, il teilungen subisce ad ogni generazione di eredi una nuova spartizione, che dà luogo sovente a lunghe e disastrose guerre civili.

  14. I fattori critici: 2 – la religione • La conversione di Clodoveo al cattolicesimo, e il suo battesimo da parte di Remigio, vescovo di Reims, poco dopo la vittoria sugli Alamanni a Tolbiac nel 496, “non fu soltanto un fatto religioso”, ma anche e soprattutto “una grande operazione politico-sociale, mediante la quale il re [...] si assicurava l’appoggio dei vertici sociali del mondo gallo-romano, e i vescovi orientavano il re in una direzione conforme alle tradizioni dell’impero cristiano” (Comba,1980) • Tale atto rende tuttavia possibile l’incontro fra il capo militare di un raggruppamento tribale germanico e un episcopato reclutato in gran parte nella “colta e ricca aristocrazia senatoria”, e “il convergere dei latifondisti gallo-romani e dei capi militari franchi”. • Questa convergenza di due forme di società, di potere e di cultura, porta all’innalzamento del re a responsabilità e funzioni politiche ignote al mondo germanico, ove era soprattutto un capo militare, per essere assimilato alla figura del princeps romano.

  15. I fattori critici: 2 – la religione • I re merovingi si trovano “in un contesto dominato culturalmente dalle autorità religiose, che sole potevano offrire ai re un raccordo complessivo con le popolazioni e quindi permettere loro di atteggiarsi a garanti supremi della convivenza fra genti etnicamente diverse”; • Per questo motivo stabiliscono da subito un controllo sistematico sull’elezione dei vescovi. • Nella sua Historia Francorum il vescovo Gregorio di Tours (538-594) presenta Clodoveo come un “nuovo Costantino”.

  16. I fattori critici: 3 – il mantenimento delle istituzioni politiche romane • Clodoveo nel 486 conquista il regno nel bacino della Senna dell’ultimo magister militum per Gallias Afranio Siagrio. • Si impadronsice dei resti del fisco imperiale e delle fabricae di armi e macchine da guerra di Soissons. • Dal 491 integra l’esercito di Siagrio nel proprio, per cui le unità rimaste dell’esercito regolare romano di Gallia, che in origine comprendeva circa 70.000 effettivi tra fanteria e cavalleria, “mantennero la loro organizzazione militare e l’addestramento anche dopo il collasso dell’impero”, sino alla fine del V secolo e oltre. • Mantiene le colonie militari romane, che erano corpora publica, e l’istituzione dei laeti e dei foederati, per cui entrano a far parte dell’esercito franco coloni militari Alani, Sarmati, Taifali, Alamanni e Sassoni. • Fino ai primi decenni del VI secolo, viene mantenuta anche la flotta romana sulla Manica, con cui Theudebert sconfigge i Danesi nel 515.

  17. I fattori critici: 4 - i rapporti con la popolazione romanizzata • “Le terre del fisco imperiale erano, è vero, passate ai re, ma i grandi proprietari gallo-romani, salvo rare eccezioni avevano conservato i loro possessi, organizzati come lo erano sotto l’impero” (Pirenne, 1936) • Le grandi famiglie senatorie rimaste integre, soprattutto nella Gallia meridionale, si rivelarono fondamentali sia nel difficile momento della costituzione, che in seguito nell’assicurare il buon funzionamento del nuovo regno. • “Questi proprietari terrieri […] ricoprono le più alte cariche politiche, gestiscono le imposte e custodiscono l’eredità romana. Essi formano l’ordo senatorius e sono insigniti dei titoli di virilluster e viri magnifici”. (Rouche, 2005) • Clodoveo non ottiene solo l’appoggio dell’episcopato, ma anche di numerosi magnates gallo-romani, tra cui militari, giuristi, che lo assistono nell’emanazione della lex salica, e membri della burocrazia, che permettono a lungo il funzionamento del suo palatium.

  18. I fattori di successo: 5 - la vicinanza con le regioni di origine • Il regno dei Franchi si estende senza soluzione di continuità dalle regioni al di là del Reno alla Gallia, essendo il risultato non di una migrazione, ma di una conquista di territori limitrofi; • è pertanto sostenuto dal continuo afflusso di guerrieri e popolazione dal suo territorio di origine in Germania; • Il regno franco dispone di basi demografiche di molto superiori agli altri regni romano-barbarici: nel 543 re Theudebert di Austrasia, nipote di Clodoveo, invade l’Italia con un esercito di ben 100.000 guerrieri franchi e alamanni pagani e attacca e sconfigge facilmente sia gli Ostrogoti, che i Bizantini. Sarà solo la peste a costringerlo a ritirarsi. • Afferma in proposito Henri Pirenne che “di tutti i regni fondati dai barbari nell’ambito dell’Impero romano, quello dei Franchi era il solo le cui frontiere racchiudessero un blocco compatto di popolazione germanica”.

  19. I fattori critici: 6 - lo scontro con altri popoli • Clodoveo, grazie al mantenimento delle istituzioni politiche e militari romane ed all’afflusso di popolazione franca dalla Germania, è in grado di sconfiggere militarmente gli altri popoli barbari presenti in Gallia, che non potevano contare sulle medesime risorse: i Turingi nel 491, gli Alamanni a Tolbiac nel 496 e i Visigoti a Vouillé nel 507. • Gli immediati successori di Clodoveo sottomettono a loro volta i Taifali stanziati in Aquitania (521), ancora i Turingi (531), i Burgundi (534) e conquistano la Provenza (536). • Re Theudebert vince prima i Danesi (515) e poi Ostrogoti e Bizantini (534). • Il patrizio romano Mummolo, al comando di un esercito franco-burgundo, sconfigge i Longobardi a Embrun nel 574.

  20. Le istituzioni politiche • Il re è assistito da una apparato amministrativo, il palatium, di cui facevano parte membri della burocrazia gallo-romana. • L’auctoritas regia viene ad essere esercitata su “complessi regionali definiti attraverso un apparato statale di impronta romana, che tendeva alla costruzione di uno stato territoriale”. • Per il governo del territorio, viene in larga parte mantenuto in vita “uno schema approssimativo di ordinamento pubblico per circoscrizioni”, detti comitati o contee, la cui amministrazione era affidata a duces e comites franchi, che rappresentavano il re e venivano ricompensati con terre confiscate ai cittadini gallo-romani, con ciò ponendosi le basi per la formazione di quella nobilitas militare franca, parallela all’aristocrazia senatoria gallo-romana e destinata nei secoli a fondersi con essa. • Il rex, per prendere le decisioni più importanti, si doveva consultare ed ottenere il placitum, e cioè il consenso tanto dei nobiles franchi, quanto dei magnates gallo-romani.

  21. La monarchia “patrimoniale” • Il regno, detto teilungen, è considerato proprietà del sovrano, né esiste distinzione tra il fisco e il suo patrimonio personale. • E’ estraneo al diritto franco antico il principio del maggiorascato nelle successioni, per cui, alla morte del re, il regno veniva ogni volta diviso secondo nuovi confini, di solito in parti uguali tra i suoi figli, come se la regalità fosse non un ufficio pubblico, ma un titolo di proprietà personale. • Alla morte di Clodoveo il teilungen viene diviso in quattro parti assegnate a ciascuno dei suoi figli, con una spartizione fatta “senza preoccupazioni etniche, geografiche o amministrative, ma con il solo scopo di ritagliare lotti equivalenti”. • Il regime successorio normale nell’età merovingia è dunque quello delle “spartizioni territoriali ad ogni generazione”, che spesso implicano discordie e lunghe e distruttive guerre civili.

  22. L’origine della nobiltà (Werner, 1998) • Nelle élites si riscontra una “continuità istituzionale e sociale più che genealogica”, che travalica i limiti dell’antichità, del medioevo e dell’età moderna. • Clodoveo e i suoi successori, nel riconoscere il ruolo politico dell’episcopato in Gallia, in gran parte di origine senatoria, hanno con ciò stesso riconosciuto la nobilitas di origine romana. • Accanto alla preesistente nobilitas di origine romana, se ne afferma una nuova di origine germanica, prevalentemente militare, che riceve le terre confiscate alla prima. • Le aristocrazie militari si trasformano ben presto in aristocrazie fondiarie simili, per base economica, a quelle di tradizione romana”. • La nobiltà, di origine sia germanica che romana, in molte delle antiche province dell’impero, non fu quindi creata dai re, ma sembra essere piuttosto in molti casi più antica dello stesso potere monarchico.

  23. Il potere dal populus alla nobilitas(Comba, 1980; Werner, 1998) • Il teilungen con la sua estensione e l’eterogeneità della sua popolazione non rendeva più praticabili le assemblee di guerrieri di condizione libera per assistere il re nelle sue decisioni, come era uso comune nelle culture germaniche. • Se i gruppi tribali germanici “erano abituati in antico a decidere assemblearmente del proprio destino insieme ai propri capi, a un certo momento le tradizioni di autonomia del popolo armato di fronte al potere regio vennero riassunte dalla nuova aristocrazia militare e fondiaria”. • La bipolarità tra i capi e il popolo, caratteristica della struttura istituzionale del potere “nelle tribù del germanesimo antico” tendeva così a trasformarsi nel potere sempre crescente delle famiglie aristocratiche • Si afferma il principio che “il populus, ovvero il popolo in quanto entità politica, si incarnava” ormai in modo pressoché esclusivo “nella nobilitas”, per cui quest’ultima, “rappresentando politicamente gli altri uomini”, poteva non solo consigliare, ma addirittura “eleggere o deporre il re”.

  24. La personalità delle leggi • I reges franchi concepivano la loro autorità nella forma del banno, l’ordine emanato ufficialmente dal sovrano, che si poteva estendere tanto sugli uomini della propria tribù, quanto su tutti gli abitanti dei territori conquistati, che nel loro insieme costituivano il teilungen, il regnum. • In Gallia si applicava il regime della personalità delle leggi, che “suddivideva la popolazione nelle due grandi categorie giuridiche di quanti seguivano le leggi franche e di quanti seguivano il diritto romano”. • Per i primi fu redatta la lex salica, una delle prime raccolte di leggi dei regni romano-barbarici, il cui contenuto fissa per iscritto una serie di norme del diritto delle tribù germaniche, che sino ad allora erano state tramandate per via orale.

  25. L’esercito • Nel teilungen tutti gli uomini di condizione libera sono tenuti a contribuire alla difesa militare, ma in modo differenziato. • Gli antrustiones, detti anche pueri, sono i guerrieri franchi autorizzati a portare permanentemente le armi, in grado di combattere sia a piedi che a cavallo. • Per i Franchi di condizione libera, detti franci, la coscrizione obbligatoria ha luogo attraverso l’istituto dell’eribanno. Costituiscono il grosso delle forze militari franche e combattono a piedi, armati di angon, scudo e francisca, agli ordini del dux o del comes che governa quel territorio. • I cittadini romani, i Burgundi ed i laeti e foederati alamanni, sarmati, alani, taifali e sassoni continuano a prestare servizio nelle loro unità fino alla metà del VI secolo. • A queste si aggiungono i seguiti di fideles dei magnates gallo-romani, oltre alle milizie di quelli che erano stati i duces e i comites delle città imperiali. • Esaurita l’eredità militare romana, dal 561 vengono stabilite forme di reclutamento per milizie regionali e cittadine.

  26. I regni Merovingi • In seguito a suddivisioni avvenute nel 561 e nel 567, emerge una nuova geografia politica della Gallia, in quattro regioni di “ineguale importanza”, destinate a costituire per la maggior parte del tempo regni o ducati autonomi: • L’Austrasia a nord-est, la più germanizzata per lingua, cultura e popolazione, comprendente i territori franchi originari oltre il Reno nella Germania Magna, oltre alla Belgica Prima e Secunda, la Germania Inferior e Superior e gli Agri Decumates. • La Neustria a nord-ovest, fra la Somme, la Mosa e la Loira, ebbe il nome di Neustria, ove l’insediamento dei Franchi in mezzo ad una popolazione gallo-romana molto più numerosa porta ad una rapida fusione delle due popolazioni.

  27. I regni Merovingi • La Borgogna a sud-est, in origine Burgundia, che comprende gran parte dell’originario regno burgundo, tra le Alpi e il Giura, oltre al bacino del Rodano, e una parte della Provenza romana, con uno stanziamento franco ancor meno compatto che in Neustria ed ove la nobilitas è costituita in prevalenza da Gallo-Romani e Burgundi. • l’Aquitania a sud-ovest, tra l’Atlantico e i Pirenei, ove prevalgono Gallo-Romani, Taifali e Visigoti, e l’importanza dell’elemento franco rimane marginale; la nobiltà visigota, anche dopo la conquista franca, resta la classe egemone. • Sia in Neustria, che in Borgogna ed in Aquitania, i Franchi e gli altri gruppi etnici, germanici e non, vengono presto assimilati, anche linguisticamente, all’elemento latino. • In Austrasia, invece, l’elemento germanico rimane dominante sia dal punto di vista culturale, che linguistico.

  28. La riforma fiscale di Chilperico • Chilperico (Kilperich) I, nipote di Clodoveo, è re di Neustria, dal 561 e il 584. • Tenta una riforma per ricostruire compiutamente il teilungen come uno stato territoriale sul modello romano, e far funzionare l’antico sistema fiscale, ordinando un census, una generale registrazione degli abitanti e dei loro beni. • Il tentativo si scontra tanto con gli interessi della nobilitas franca, quanto con l’opposizione del ceto dei franci, i franchi di condizione libera, che ne determinano il fallimento. • La mancata riforma fiscale di Chilperico ha gravi conseguenze, aprendo la strada ad un graduale arretramento delle istituzioni politiche ed amministrative di origine romana ed alla fine dello stato territoriale. • La rinuncia al ripristino del census nega la possibilità di mantenere non solo una burocrazia ed un esercito sul modello romano, ma anche la rete stradale, la flotta e le stesse civitates ed i loro edificia pubblici. • Nei due secoli successivi, si ha lo spopolamento delle città in favore di un’economia quasi del tutto rurale.

  29. Il graduale disfacimento dello stato territoriale • Se “fino al governo di Dagoberto I lo stato merovingio non si separò dalla tradizione romana”, “non si verificarono tentativi di restaurazione dei proventi pubblici in senso romano”. • Sopravviveva uno schema di ordinamento pubblico per circoscrizioni affidate a rappresentanti del re”, i comites, nelle cui mani si concentravano tanto l’imperium militare, quanto il potere giurisdizionale. • ”L’indebolimento dell’antica amministrazione romana, di cui il re mantiene con difficoltà le ultime vestigia, permette all’aristocrazia dei grandi proprietari di assumere verso il re una posizione sempre più forte”. (Pirenne, 1936) • Il potere regio si mantiene “non per mezzo di contribuzioni imposte ai sudditi in modo uniforme in nome delle esigenze di una res publica, ma coi redditi fondiari, percepiti per di più in natura, poiché la circolazione monetaria diviene scarsa. • Lo stesso palatium deve sovente spostarsi “attraverso le varie villae disseminate per il regno”.

  30. L’editto di Parigi del 614 • Austrasia, Neustria, Burgundia ed Aquitania si trovano unite per 30 anni sotto i regni di Clotario II (584-629) e Dagoberto I (603-639). • Ciò consente ai Franchi di conseguire importanti successi militari contro Bretoni, Baschi e Visigoti. • Clotario II nel 614, con l’editto di Parigi o edictum Clotarii, confermate le grandi concessioni ai nobili e al clero fatte dai suoi predecessori, garantisce l’autonomia dei tre regni di Neustria, Austrasia e Borgogna, e sancisce che ognuno di essi sarebbe stato retto da un maior dominus, la cui carica venne resa ben presto di fatto ereditaria. • Smantellò così quanto rimaneva della concezione romana dello stato territoriale.

  31. I “maiores domini” • Dopo Clotario si accentua l’antagonismo dei due regni maggiori, Neustria e Austrasia, “in cui il potere è ormai di fatto nelle mani dei capi dell’aristocrazia”, i majores domini o magistri palatii, che fungevano da intermediari tra il rex e la nobilitas, e negoziavano gli apporti richiesti per il funzionamento del regno e la condotta delle guerre. • Un fragile compromesso è raggiunto nel 681 tra i maestri di palazzo di Austrasia Pipino di Heristal (Pippin von Heristal) (640-714) e di Neustria Waratton. • Con l’ascesa ad unico re dei Franchi di Teuderico III (Theuderic) di Neustria (654-691), riprende la guerra, che si conclude con la battaglia di Tertry (687), ove l’esercito dell’Austrasia, guidato da Pipino, mette in rotta le forze congiunte di Neustria e Borgogna al comando del re e del suo magister palatii Bertario (Berthar). • Pipino diviene di fatto il solo maior dominus sino al 714.

  32. Da “maiores domini” a reges • Il successore di Pipino, Carlo Martello (685-741), dopo una serie di campagne militari nel 716, nel 717 e nel 719, con le quali diviene a sua volta unico maestro di palazzo, affronta gli Arabi, che avevano distrutto il regno visigoto in Spagna nel 714, e li sconfigge a Poitiers nel 732, conseguendo una vittoria decisiva per il futuro dell’intero Occidente cristiano. • Pipino il Breve (714-768), uno dei figli di Carlo, scardina il vigente sistema istituzionale di successione e si impadronisce della corona, deponendo Childerico III nel 751 con l’appoggio del papa Zaccaria, in rotta con Bisanzio e minacciato in Italia dagli invasori Longobardi. • Pipino, avuto il consenso di papa Zaccaria, si fa eleggere re alla maniera germanica, da un’assemblea di grandi, duces e comites del regno, e poi, “seguendo un antico rito biblico già adottato dalla monarchia visigota, si fa consacrare re da un vescovo”. • La monarchia franca, a partire da questo evento, cerca una legittimazione di carattere religioso, attraverso l’intervento dell’autorità vescovile o papale.

  33. L’avvento dei Carolingi (Comba, 1980) • Una seconda consacrazione, dello stesso Pipino, e dei suoi due figli Carlo (Karl) e Carlomanno (Karlmann), ha luogo a Ponthion nel 754 da parte del papa Stefano II, recatosi in Gallia a cercare aiuto contro i Longobardi. • La monarchia acquista per la prima volta un carattere sacro, poiché il re riceve da Dio una “grazia speciale”, non concessa ad altri uomini, che gli consente di regnare, e questo si aggiunge “all’antica nozione germanica di un regno patrimoniale e dinastico a cui non poteva accedere che un discendente della stirpe regia, eletto un tempo dal popolo e poi dall’aristocrazia militare”. • L’autorità del re, “diversamente da quanto avveniva nell’età di Clodoveo e dei suoi immediati successori, era ormai mediata da un’aristocrazia militare e fondiaria legata al re da vincoli clientelari sempre più precisati nelle forme rigide del vassallaggio e del beneficio”.

  34. I fondamenti del sistema feudale • La restaurazione del potere regio nel VII ed VIII secolo è infatti possibile solo per la capacità della nuova dinastia, scaturita dai magistri palatii di Austrasia, di legare a sé, mediante una continua distribuzione di terre, una consistente clientela vassallatica, in grado di fornire appoggi e forze militari ormai assolutamente determinanti. • Le trasformazioni sociali verificatesi nei due secoli precedenti avevano determinato dei grandi cambiamenti anche nell’istituzione militare. • Le civitates romano-galliche, in grado di fornire truppe armate ed equipaggiate alla maniera romana, erano in gran parte scomparse, e così le fabricae, i laeti e persino la flotta. • I Franchi del VII ed VIII secolo non erano più i bellicosi guerrieri di un tempo, ma la grande massa dei liberi e dei franci, che ormai costituivano di fatto un’unica classe, in cui l’elemento franco in molte regioni non costituiva ormai più quello maggioritario, erano divenuti dei possessori poco inclini, quando si proclamava l’eribanno, “ad abbandonare, sia pure temporaneamente, la gestione dei loro fondi”.

  35. I fondamenti del sistema feudale • Il modo di combattere di Bretoni, Longobardi, Bizantini, Avari e Arabi dimostrava la necessità anche per i Franchi di adeguarsi rapidamente a tecniche militari fondate in prevalenza sulla cavalleria. • Per addestrare e mantenere un miles, un cavaliere pesantemente armato che fosse un combattente di mestiere, occorrevano ingenti risorse. • La riforma tematica di Eraclio a Bisanzio aveva dimostrato che, se non si voleva ricorrere al costoso reclutamento di mercenari, la sola via per poter remunerare i guerrieri che si impegnavano a doveri di fedeltà così onerosi verso il sovrano era quella della distribuzione di terre. • Tuttavia il regno franco non disponeva né dell’organizzazione provinciale, né della burocrazia imperiale di Bisanzio, per cui la soluzione istituzionale fu necessariamente differente.

  36. Il “vassaticum” • La distribuzione delle terre, occupate per nuova conquista o provenienti da beni civili o ecclesiastici confiscati, viene effettuata per conto del rex dal magister palatii del regnum, direttamente o indirettamente, ai propri guerrieri. • La distribuzione delle terre, occupate per nuova conquista o provenienti da beni civili o ecclesiastici confiscati, viene effettuata per conto del rex dal magister palatii del regnum, direttamente o indirettamente, ai propri guerrieri. • Tuttavia, per non impoverire eccessivamente il fisco, o evitare le proteste di vescovi e abati, le cessioni avevano carattere precario. • Il godimento dei beni era trasferito in beneficio e durava nel tempo fino a quando il guerriero che si era legato personalmente in vassatico al magister palatii continuava il suo servizio in armi. • La possibilità di attingere ai beni ecclesiastici consentì ai magistri palatii di “reclutare una clientela molto più numerosa e potente” di quella di cui potevano disporre di regola duces, comites e altri componenti della nobilitas.

  37. “Vassaticum” e “commendatio” • Il vassaticum è una istituzione derivante dall’adattamento al costume germanico dell’antica commendatio romana. • Si diventa vassi “ponendo le proprie mani in quelle di un potente e pronunciando una formula che prometteva servizio e obbedienza nelle necessità del signore”. • Nella commendatio, già in vigore nel VI e VII secolo, un uomo libero, ma senza adeguati mezzi, si pone alle dipendenze di un altro uomo libero, di cui rimane giuridicamente uguale, ma che può esigere da lui “ogni specie di servizio compatibile con la dignità di uomo libero”. • In cambio, come remunerazione del servitium, veniva concesso al commendato, a seconda dei casi, il mantenimento materiale presso il signore, ovvero un beneficium, consistente nel godimento di un bene fondiario.

  38. “Vassus” e “Senior”(Pirenne, 1936) • “Il rapporto che si stabilisce tra i potenti ed i deboli non è un semplice rapporto economico tra proprietario e dipendente”, ma piuttosto, “nato dal bisogno di una protezione effettiva in mezzo ad una società in preda all’anarchia, crea tra loro un legame di subordinazione, che si estende alla persona tutta intera e che ricorda per l’intimità e per la forza il legame familiare”. • Il contratto di commendatio “dà al protetto il nome di vassallo (vassus) o di servitore, al protettore il nome di anziano o di signore (senior)”, per cui: • il senior “è tenuto non soltanto a provvedere al sostentamento del suo vassallo, ma anche a fornirgli in modo permanente aiuto e assistenza ed a rappresentarlo in giudizio” e“l’uomo libero che si accomanda conserva le apparenze della libertà, ma in realtà diviene un cliente, uno sperans del senior”.

  39. “Vassaticum” e “commendatio”(Comba, 1980) • La differenziazione tra il vassaticum e la comune commendatio ha luogo a partire dall’VIII secolo, quando il nome di vassus “fu sempre più riservato a quanti emergevano sui commendati di condizioni sociali modeste perché prestavano al signore un servizio di difesa militare, cui si obbligavano mediante giuramento durante la cerimonia della commendatio”. • “Il nome di vassallaggio si diffuse contemporaneamente al diffondersi della commendazione nelle clientele militari dei carolingi o delle altre famiglie dell’aristocrazia franca”

  40. I Sassoni e gli Angli • I Sassoni si costituiscono nel II secolo come “una confederazione di tribù germaniche più piccole e culturalmente simili”, di ceppo occidentale, nell’area tra il fiume Elba e la penisola dello Jutland. • Gli Angli sono un’altra tribù germanica di ceppo occidentale, per molti versi culturalmente simile ai Sassoni, stanziatasi presso i confini orientali dell'attuale Schleswig. • Dal III secolo praticano la pirateria e le incursioni lungo le coste della Gallia settentrionale e della Britannia • Dalla metà del IV secolo unità di questi popoli sono incorporate come foederati negli eserciti romani ed hanno luogo i loro primi insediamenti nella Britannia orientale. • Dopo il ritiro delle ultime truppe romane dalla Britannia (407-410) le civitates romano-britanniche favoriscono insediamenti più massicci. Intorno al 440, Angli e Sassoni si ribellano e costituiscono i propri regni indipendenti in Britannia.

  41. La Britannia nel V-VI secolo • Ancora esistono diverse civitates romano-britanniche. • La Britannia orientale è dominata da sette regni, noti come eptarchia: quattro sassoni, il Wessex, il Sussex, l’Essex e il Kent, e tre angli: Anglia orientale Northumbria e Mercia. • A ovest le popolazioni celtiche, sotto il governo dei propri capi tribali, costituiscono a loro volta dei regni indipendenti, Rheged, Gwynedd, Strathclyde, Gododdin, Elmet, Dumnonia, Powys e Dyfed, dando luogo ad un sistema di istituzioni con una commistione di elementi celtici e latini. • I celti si definiscono “Cymry”, “compaesani”, mentre i Sassoni, nella loro lingua, li chiamano “Welsh”, Gallesi, “stranieri”. • Sotto la spinta dei Sassoni, una parte dell’originaria popolazione romano-britannica attraversa il Canale della Manica verso il continente, andandosi a stanziare nella regione dell’Armorica, che da loro prende il nome di Bretagna.

  42. I sette regni Anglo-Sassoni (Pirenne, 1936) • Non presentano la minima traccia di “romanizzazione”, e quindi costituiscono una “rottura” rispetto al continente. • La scarsa estensione di questi regni li rendeva perfettamente adatti ad istituzioni nate in seno alla tribù, e che non avrebbero potuto adattarsi ad un grande stato”. • Gli Angli ed i Sassoni: • A) sono privi dell’eredità istituzionale romana, che ha indotto i Franchi a fondare in Gallia degli stati territoriali; • B) mantengono più a lungo in epoca storica la tipica organizzazione istituzionale dei popoli germanici. • La popolazione risiedeva in piccoli gruppi di fattorie, sparse nelle campagne, raramente raggruppati in villaggi. • Il concetto di communitas come “condivisione necessaria” (“struttura di comunità”) rimane ancorato alla tribù o al piccolo regnum tribale. • Offa di Mercia, re dal 757 al 796, sconfigge i Britanni e li relega in Galles e tenta di “unificare tutti i piccoli regni anglo-sassoni”, ma il processo di unificazione istituzionale è interrotto dalle invasioni dei Vichinghi.

  43. Il witenagemot • E’ l’assemblea del popolo, costituita da tutti gli uomini atti alle armi di condizione libera. L’organo assembleare costituiva una soluzione praticabile proprio grazie alla ridotta dimensione geografica dei regna, ed aveva una importanza assai maggiore che presso gli altri popoli del tempo. • Affiancava il cyning, il re, e gli atheling, i principi, nelle decisioni che riguardavano la vita della communitas • La giustizia era amministrata dagli ealdormen, i guerrieri anziani della tribù che fungevano da magistrati popolari. • Del witenagemot facevano parte: • I gedrith, guerrieri che costituivano il seguito del cyning, autorizzati a portare le armi in permanenza; • I duguth, i “guerrieri esperti” e i geoguth, i “guerrieri giovani”; • I ceorls, la componente senz’altro più numerosa della popolazione, costituita da contadini ed artigiani, che vengono richiamati in servizio solo in tempo di guerra. • Tutti i guerrieri anglo-sassoni, quale che sia il loro status, combattono a piedi. Non è noto l’impiego bellico del cavallo.

  44. La chiesa anglo-sassone • La cristianizzazione delle isole britanniche nel VI secolo “non mutò niente di essenziale a questo stato di cose”; • se “la Chiesa introdusse la sua lingua, il latino”, “lo sviluppo nazionale era troppo estraneo alle tradizioni romane e la situazione geografica rendeva troppo difficile il contatto permanente con la Chiesa franca, perché questa lingua potesse divenire, come sul continente, la lingua dello stato”. • La Chiesa anglo-sassone “non esercitò sull’organizzazione politica quella influenza preponderante che le dettero i carolingi” e pertanto “la conversione non alterò affatto il carattere germanico del paese”. • Ciò nonostante, essa esprime alcune delle più grandi figure di intellettuali del tempo, come i monaci benedettini Beda il Venerabile (672-735), del monastero di Jarrow (Gyrwe), autore della Historia ecclesiastica gentis anglorum, e Alcuino (Alhwin) da York (735- 804), grammatico e teologo, che nel 781 è invitato da Carlo Magno ad Aachen come magister della Schola palatina.

  45. I Vichinghi o Normanni • Sono un complesso di popolazioni germaniche pagane e tribali, di ceppo settentrionale, originarie della Scandinavia • La maggioranza dei Normanni non lascia le terre di origine per migrare altrove, ma sceglie la via delle incursioni dal mare sulle coste della isole britanniche e del continente. • I Vichinghi, abili marinai e incursori, come gli Anglo-Sassoni, combattono a piedi, e l’attitudine alle armi è indubbiamente il principale fattore di stratificazione sociale. • Costituiscono diversi regni in Scandinavia, in Danimarca, in Irlanda, nelle isole Orcadi, Ebridi e Shetland e in altre zone. • Questi sono composti da aggregazioni instabili di tribù guidate da jarls, condottieri riconosciuti come tali dagli hersir, i capi tribali. Solo quando un capo carismatico riusciva ad unire più o meno temporaneamente un certo numero di jarldoms, questi assumeva il titolo di konnungr.

  46. I Vichinghi o Normanni • Un konnungr poteva regnare anche su vasti territori, ma la continuità del regno non era assicurata, poiché non vi erano regole certe per la successione, che si basava sulle alleanze ed i rapporti di forza tra gli jarls e gli hersir fedeli a ciascuno di essi e sul volere dei loro uomini. • I doveri del konnungr erano legati alla guida dell’esercito, alle decisioni giudiziarie e ai rapporti con gli dèi, dai quali doveva ottenere che fosse garantita la prosperità. • “Il re-sacerdote è dunque considerato responsabile delle sconfitte e delle carestie: in questo caso può essere deposto dall’assemblea, esiliato o immolato agli dèi. […]. Ma è anche la fonte della legge, supremo giudice e creatore della pace”. (Rouche, 2005) • Il potere resta dunque strettamente legato al volere della assemblea degli uomini liberi.

  47. I Vichinghi o Normanni • Gli uomini liberi nella società vichinga sono divisi in tre gruppi: • 1) la nobiltà, “come il konnungr e gli jarls; • 2) la classe dei guerrieri di mestiere, che includeva gli hersir, o capitani, e gli hirdmen che avevano a loro servizio; • 3) La classe dei bondir, che erano di solito agricoltori e artigiani, che combattevano solo quando era loro richiesto. • Al di sotto di tutti gli uomini liberi c’erano i thralls, gli schiavi. • Gli hersir e gli hirdmen, per quanto avessero anche delle occupazioni non militari, trascorrevano la maggior parte del tempo ad addestrarsi per la guerra. • Lo jarl chiamava di frequente in servizio anche i bondir, poiché “questi uomini liberi avevano un dovere legale di servire nella milizia locale, la leidang”. • Dal IX secolo i Normanni “superarono la fase del saccheggio e del bottino, pretesero il pagamento, più o meno regolare, di tributi dalle popolazioni sottomesse e diedero vita a formazioni politiche che accettarono la religione cristiana.

  48. Le guerre tra Sassoni e Vichinghi • Nell’876 i Vichinghi quasi riescono nella conquista della Britannia, poiché “dei quattro regni anglo-sassoni esistenti nell’840, solo quello del Wessex, nell’Inghilterra meridionale e sud-occidentale a stento sopravvisse”. • Alfredo del Wessex (849-899) sconfigge i Vichinghi ad Eddington nell’878 ed estende gradualmente il proprio dominio “sulle altre regioni anglosassoni, in particolare sulla Mercia occidentale e sulle terre occupate dai conquistatori. • “Anziché la dissoluzione della società”, come avvenne nel nord della Gallia, “le invasioni vichinghe “in Inghilterra provocarono una vigorosa reazione della monarchia”. • Re Alfredo e i suoi successori “crearono quasi dal nulla una nuova organizzazione amministrativa notevolmente efficiente, che, conservatasi nei tratti essenziali durante il periodo della dominazione danese (1016-1042), dopo la conquista normanna del 1066, costituì la base del governo inglese per i secoli a venire”. (Barraclough, 1976)

  49. Le nuove istituzioni politiche anglo-sassoni(Barraclough, 1976) • “Rispetto alle prime fasi della monarchia anglosassone, vi fu un rapido sviluppo della potenza della corona, contrassegnato dal venir meno, all’interno di un unico regno, delle antiche divisioni tribali”. • “Furono stabiliti nuovi legami tra la monarchia e il popolo, man mano che quella, imponendo leggi e procedure, creava le basi di un proprio sistema legale, che cominciava a sostituirsi alle antiche leggi locali. • “Non bisogna dimenticare quanto fosse piccolo il regno del Wessex” e “le strutture governative anglo-sassoni erano estremamente rozze, perché nessuna delle dinastie reali era abbastanza forte per fondare effettivamente la propria autorità”. • L’amministrazione anglo-sassone “si fondava quasi esclusivamente sull’esazione di diritti, tributi e tasse”.

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