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Una prospettiva critica sulla globalizzazione e una introduzione all’economia globale

Una prospettiva critica sulla globalizzazione e una introduzione all’economia globale. Prof. Ruggero Ranieri roger.ranieri@tiscali.it 2010/11 Integrazione europea e globalizzazione Laurea Magistrale in Relazioni internazionali. Definizioni di globalizzazione.

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Una prospettiva critica sulla globalizzazione e una introduzione all’economia globale

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  1. Una prospettiva critica sulla globalizzazione e una introduzione all’economia globale Prof. Ruggero Ranieri roger.ranieri@tiscali.it 2010/11 Integrazione europea e globalizzazione Laurea Magistrale in Relazioni internazionali

  2. Definizioni di globalizzazione • Per processo di globalizzazione si intende la crescente interdipendenza-interconnessione di fenomeni transcontinentali. Questi fenomeni condurrebbero a una nuova dimensione di potere, che si organizza e si diffonde su base transcontinentale. • La globalizzazione definisce processi culturali, economici e sociali, ma anche politici. • Intensificazione di scambi e di reti che trascendono in confini nazionali e continentali • Compenetrazione delle politiche in varie parti del mondo.

  3. Cos’è la globalizzazione? • Tra le varie regioni e aree geografiche vi sono stati nel corso della storia scambi crescenti. Questo porta molti autori a sminuire la novità del concetto di una economia globale. • L’intensità degli scambi e l’integrazione fra le varie aree diventa una variabile fondamentale dell’economia a partire dal XIX secolo. (vedi Martin Wolf) • Secondo alcuni autori vi sono tre ondate nella crescita dell’economia globale, alla cui base vi sono state sia rivoluzionarie innovazioni tecnologiche, sia scelte di politica economica nel senso di libero scambio e apertura dei mercati.

  4. Varie interpretazioni 1) I globalisti: emergenza oggettiva di una economia globale. • Globalisti positivi = neo-liberali • Globalisti negativi o critici= neo-marxisti 2) Riformisti (“transformationalists”): la globalizzazione è un fatto nuovo, tuttavia la sua velocità, la sua direzione, i suoi risultati sono tutti da determinare. Gli Stati-nazione non sono esautorati, ma mantengono il potere di influenzare la globalizzazione, anche se molte delle loro prerogative si devono esercitare a livello sopranazionale. 3) Realisti o tradizionalisti (“internationalists”). La globalizzazione è un fenomeno sovrastimato, in larga parte immaginario. Non vi sono mutamenti radicali nell’economia internazionale, mentre vi sono molti segni di continuità.

  5. I globalisti: La globalizzazione come fenomeno nuovo e rivoluzionario • I globalizzatori positivi sono generalmente "neoliberals", sostenitori della liberalizzazione integrale. Assolutizzano il valore dei meccanismi di mercato, considerandoli superiori alle ogni forma di intervento pubblico e all'azione degli stati (vedi Martin Wolf). • Mettono in risalto i nuovi fenomeni di integrazione commerciale (crescita esponenziale del commercio internazionale), di integrazione finanziaria e del mercato dei capitali, la limitazione posta alle politiche economiche dei singoli stati,, la omologazione culturale in chiave mondiale, nuovi sviluppi tecnologici nel settore delle comunicazioni, dell’informatica, delle reti ecc. (vedi Thomas Friedman).

  6. La globalizzazione secondo Greenspan. • La fine della guerra fredda è il momento culminante: la caduta del Muro rivela impietosamente lo stato miserevole delle economie pianificate. Si accelera, di conseguenza, anche la transizione al capitalismo in Cina. • Questi fenomeni aprono le porte del mercato globale a circa un miliardo di nuovi lavoratori. Dal 1989 al 2005,l’aumento effettivo di lavoratori in attività export-oriented è stato di 500 milioni, di cui più di metà in Asia. • Questo afflusso ha esercitato una spinta al ribasso sui livelli salariali globali, sull’inflazione, sulle aspettative inflazionistiche e sui tassi di interesse, spingendo al rialzo i tassi di crescita economica. • Essenziale l’impatto anti-inflazionistico sui costi salariali e quindi sui prezzi dei paesi industrializzati, attraverso il vettore sia di importazioni a basso costo, che di immigrazione di lavoratori sotto pagati. • Insieme agli aumenti di produttività collegati alla new economy questi sviluppi hanno permesso il successo di una nuova onda di globalizzazione economica.

  7. Globalisti negativi • I globalisti negativi, viceversa, pur partendo dalla constatazione dello stesso fenomeno mettono in evidenza i suoi effetti negativi, in termini di accrescimento delle ineguaglianze fra paesi poveri e ricchi, o all'interno dei paesi industrializzati stessi, di egemonie culturali da parte degli Stati egemoni e/o delle multinazionali, in termini di omologazione culturale e erosione delle tradizioni locali. I globalizzatori negativi appartengono al filone marxista e, in alcuni casi, anti-occidentale.

  8. Globalisti negativi • Naomi Klein, No logo e Shock Economy Contro il potere invasivo dei marchi e delle multinazionali. Serge Latouche, teorico della “decrescita”. Antonio Negri, la globalizzazione come anticamera della rivoluzione globale.

  9. Riformisti: La globalizzazione fenomeno nuovo, ma non rivoluzionario e governabile • I flussi globali rappresentano uno sviluppo nuovo nelle relazioni internazionali, ma non sono un fenomeno esclusivo e unidirezionale, e possono essere ricondotti a categorie concettuali e schemi di azione più tradizionali.

  10. Riformisti:La globalizzazione fenomeno nuovo, ma non rivoluzionario e governabile • Nella sfera politica, se è vero che nuovi soggetti globali (le NGO), e nuove istituzioni internazionali dotate di poteri soprannazionali (dal OMC, alla NATO, all'ONU e all'Unione Europea) costituiscono un vincolo per l'esercizio della sovranità statale, d'altra parte gli Stati nazionali stessi si mettono in grado di controllare i propri interessi in questo mondo più complesso, anche delegando alcune funzioni sovrane a organismi collettivi. • Se la sovranità cambia natura, e diventa una sfera più elastica, ciò non significa che alcuni suoi attributi siano cancellati, anzi addirittura potrebbero venire rafforzati e meglio legittimati. – vedi scuola realista delle relazioni internazionali (Hoffman, Gilpin)

  11. Stiglitz e la governance dell’economia globale • Joseph Stiglitz avanza un argomento critico, che lo pone nel campo dei globalisti riformisti. • Secondo Stiglitiz lo stato nazionale, già fulcro del sistema delle relazioni, nell’epoca dell’economia globale è sottoposto a molteplici pressioni. Ci sono problemi come il commercio e la finanza internazionale, il controllo dell’ambiente, che richiedono soluzioni globali. D’altra parte, però, non esistono istituzioni internazionali tali da poter affrontare in modo efficace tali questioni. “In effetti, osserva Stiglitz, la globalizzazione economica è andata molto avanti rispetto alla globalizzazione politica. Abbiamo un sistema, non coordinato, di governance globale, senza però un vero governo globale”. • Stiglitz ne fa discendere critiche al ruolo degli organi internazionali, soprattutto al FMI. Senza una riforma essi rispondono agli interessi delle grandi corporations e banche USA. L’economia globale per rispondere agli interessi di tutti e sottratta all’egemonia di pochi deve essere riformata.

  12. Tradizionalisti conservatori e la globalizzazione • I critici conservatori della globalizzazione indicano la necessità di contenerla. • C’è un lato oscuro nella globalizzazione e il “mercatismo” che la guida presenta pericoli. Occorre contenerla riscoprendo i valori tradizionali (religione, famiglia ecc). Vedi Giulio Tremonti, Le paura e la speranza. • La crescita dei commerci internazionali e l'apertura dei mercati per i capitali e la manodopera contrassegnò anche il periodo del "gold standard" (1890c.-1914), per essere poi seguito da un lungo periodo di guerre economiche, di restrizioni commerciali e di disintegrazione del sistema internazionale. Niente garantisce quindi che non si stia attraversando una fase congiunturale destinata ad avere lo stesso esito. In effetti molti segnali portano in questa direzione (nuovi protezionismi, fallimenti delle sessioni del OIC) e c'è anche una forte ripresa di fenomeni di integrazione regionale, in sostanza blocchi economici, che sembrano porre un argine, o costituire una alternativa alla globalizzazione.

  13. L’economia mondiale dopo il 1980 • La deindustrializzazione e la crescita dell’economia dei servizi. • La rivoluzione neo-liberista nelle dottrine economiche. • Dallo Stato al mercato: • Processi di privatizzazione e di riforma in Europa occidentale • La transizione dal comunismo al mercato nei paesi dell’Est • La crisi del modello di ISI in America Latina e altrove: riforme dei mercati. • L’ascesa dell’economia asiatica • Il miracolo economico degli Usa negli anni 1990 e la New Economy.

  14. Globalizzazione e innovazione tecnologica • Nuova rivoluzione industriale: nei trasporti (aerei), nelle telecomunicazioni (reti satellitari ecc.) nella informazione -conoscenza (internet, computer) nelle biotecnologie nei nuovi materiali • Vastità e rapidità delle innovazioni e della ricerca; • Applicazione delle nuove tecnologie a una ampia gamma di produzioni e di servizi; • Accelerazione della diffusione delle nuove tecnologie.

  15. Globalizzazione e nuovi equilibri mondiali • La crescita della Cina e dell’India, e più in generale dell’Asia meridionale rappresenta un riequilibrio dei fattori di potere economico mondiale. • A sfavore delle aree di vecchia industrializzazione anche il differente ritmo di sviluppo demografico. • L’esplosione demografica dei paesi in via di sviluppo e la contrazione demografica dell’Occidente pongono problemi economici e politici sostanziali.

  16. Il commercio internazionale • Cadono le barriere protezionistiche. • Crescita del PIL e crescita dell’interscambio. • Le riforme del mercato e le nuove tecnologie trasferiscono i loro effetti sul commercio. • Le multinazionali determinano il commercio internazionale.

  17. Regionalizzazione del commercio dopo il 1980 • Quanto è regionalizzato il commercio? • Le tre grandi aree (Nord America, Giappone e Asia sud-orientale, e UE) hanno un’alta percentuale di commercio intra-area.

  18. Quote delle esportazioni intra-regionali tra paesi appartenenti a uno stesso accordo di scambio regionale (%)

  19. Regionalizzazione e globalizzazione • Mentre il processo di regionalizzazione in Europa, era partito già con la CEE per poi rafforzarsi negli anni 80’ con l’Atto Unico Europeo, oggi assistiamo a un’ondata di regionalismo globale più intensa che in passato (NAFTA in America Settentrionale, Mercosur in America Meridionale e ora anche nel blocco asiatico (Asean)). • La rilevanza dei blocchi regionali è segnalata con forza anche dai recenti rapporti del World Bank. Si segnala in particolare il passaggio all’interno di questi blocchi (pur diversissimi l’uno dall’altro nella loro configurazione e nei loro scopi) non solo della eliminazione delle barriere al commercio, ma la creazione di meccanismi comuni per eliminare le barriere invisibili, facilitare i flussi di IDE intra-area, ecc.

  20. La finanza internazionale • La grande crescita dei flussi finanziari comincia a partire dal mercato degli Eurodollari negli anni 1960. • Liberalizzazione progressiva dei mercati dei capitali. • Crescita degli strumenti finanziari (derivatives, futures, private equity). • Flussi finanziari indipendenti dai flussi commerciali. • Speculazione internazionale sui cambi.

  21. La finanza internazionale: differenze con il periodo del Gold Standard • Gran parte degli scambi finanziari avvengono fra paesi industrializzati. Si parla di “diversificazione finanziaria”, e non di “finanza per lo sviluppo”. Solo il 10% dei movimenti di capitale avviene oggi verso regioni povere. • La gran parte dei movimenti finanziari è composta di investimenti a breve termine, in particolare in movimenti valutari. Per quanto riguarda gli investimenti di medio lungo periodo, oggi sono molto più diversificati di una volta, e comprendono più IDE.

  22. Impresa multinazionale: definizioni Una impresa multinazionale è una impresa che produce beni o vende servizi in più paesi. Le imprese multinazionali si espandono attraverso investimenti diretti esteri (IDE) L’IDE comporta l’acquisto di attività economiche già esistenti o la creazione di nuove attività imprese (affiliate della multinazionale). In questo senso l’IDE sono da distinguersi da investimenti di portafoglio in azioni e obbligazioni. Vi possono essere anche rapporti di alleanza con altre imprese.

  23. Multinazionali e mercati globali dopo il 1980 • Dal 1970 di fu una forte espansione del mercato degli Eurodollari (conti in dollari in banche europee) e si formò così un mercato dei capitali molto più integrato e globale. A questo si aggiunsero la deregulation, la eliminazione delle barriere al movimento dei capitali e la accresciuta velocità dei flussi finanziari. Ad alimentare questi processi sullo sfondo gli enormi surplus monetari accumulati dai paesi OPEC e la necessità di riciclarli nell’economia mondiale. • I mercati finanziari facilitarono la riorganizzazione e la trasformazione delle imprese. Si costituì rapidamente un mercato azionario globale e una ondata di acquisizioni transfrontaliere. A partire dalla metà degli anni 1980 si verificava una forte crescita dell’investimento delle multinazionali.

  24. Migrazioni e globalizzazione • I grandi flussi migratori interrotti nel periodo 1918-1945, riprendono lentamente dopo il 1960. • L’Europa occidentale accresce il numero di migranti dopo il 1985. • Nel 2005 vi sono nel mondo circa 191 milioni di emigrati, equivalenti al 3% della popolazione mondiale. Circa i due terzi sono immigrati nei paesi a reddito più elevato. • Il trend migratorio post-1980 non raggiunge le stesse dimensioni di quello del periodo pre-1914.

  25. Flussi migratori ieri e oggi • 50 milioni di persone emigrarono dall’Europa (tra il 1821 e il 1914), 10 milioni dalla Russia europea per la Siberia e l’Asia centrale. 12 milioni di emigrati Cinesi e 6 milioni di giapponesi verso l’Asia Sud-orientale. • L’impatto dell’immigrazione era molto più rilevante di oggi. Nel 1911 i nati all’estero erano il 14,7% della popolazione degli USA e il 22% di quella del Canada. Oggi la cifra per gli USA è intorno al 9%. • Oggi i movimenti migratori sono strettamente controllati, soprattutto per i lavoratori senza qualifica, ma anche per quelli qualificati. • Oggi out-sourcing dei servizi sostituisce le migrazioni.

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