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Introduzione allo Humanistic management Marco Minghetti Lezione 10 e 11 Pavia Ottobre 2007. I barbari di Baricco.
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Introduzione alloHumanistic managementMarco Minghetti Lezione 10 e 11PaviaOttobre 2007
I barbari di Baricco Qualcosa non mi torna. Potrebbe essere, me ne rendo conto, il normale duello fra generazioni, i vecchi che resistono all' invasione dei più giovani, il potere costituito che difende le sue posizioni accusando le forze emergenti di barbarie, e tutte quelle cose che sono sempre successe e abbiamo visto mille volte. Ma questa volta sembra diverso. E' così profondo, il duello, da sembrare diverso. Di solito si lotta per controllare i nodi strategici della mappa. Ma qui, più radicalmente, sembra che gli aggressori facciano qualcosa di molto più profondo: stanno cambiando la mappa. Forse l' hanno perfino già cambiata. Dovette succedere così negli anni benedetti in cui, per esempio, nacque l' illuminismo, o nei giorni in cui il mondo tutto si scoprì, d' improvviso, romantico. Non erano spostamenti di truppe, e nemmeno figli che uccidevano padri. Erano dei mutanti, che sostituivano un paesaggio a un altro e lì fondavano il loro habitat. Forse è un momento di quelli. E quelli che chiamiamo barbari sono una specie nuova, che ha le branchie dietro alle orecchie e ha deciso di vivere sott' acqua.
CARATTERISTICHE DEI BARBARI 1: identita’ molteplice/….. • Epigrafe di un libro di Paul Auster: «L' uomo non ha una sola e identica vita; ne ha molte giustapposte, ed è la sua miseria». (Chateaubriand) • E’ quella che nel Manifesto viene definita “unità molteplice”
CARATTERISTICHE DEI BARBARI 1: identita’ molteplice/mutante • Scrive Bauman: “la risposta alla domanda sulla nostra identità non è più «sono ingegnere della Fiat (o alla Pirelli)» o «faccio l’impiegato statale» o «il minatore» o «il gestore di un negozio Benetton», ma – in base al metodo usato di recente da uno spot pubblicitario per descrivere la persona che avrebbe indossato quella marca prestigiosa – sono uno che «ama i film dell’orrore, beve tequila, possiede un kilt, tifa per il Dundee United, ama la musica anni Ottanta e gli arredi anni Settanta, va pazzo per i Simpson, coltiva girasoli, preferisce il grigio scuro e parla con le piante»….I dettagli sono tutto”. Dettagli che cambiano e si rimescolano e si trasformano e si sovrappongono e si contraddicono e si dimenticano e a volte ritornano, ma non esattamente come prima: nulla due volte accade/ne accadrà…
Lo stile di vita esperienziale “Il nuovo stile pone l’accento sull’individualismo, l’affermazione del sé, l’accettazione delle diversità e il desiderio di esperienze ricche e sfaccettate…spinti dell’ethos creativo fondiamo lavoro e stile di vita per costruirci una nuova identità…Una persona può essere al tempo stesso scrittore, ricercatore, consulente, ciclista, rocciatore, appassionato di musica elettronica/world music/acid jazz, cuoco o gourmet dilettante, enologo appassionato e microbirraio…Questo tipo di sintesi è essenziale per affermare una personalità creativa originale” Richard Florida L’ascesa della classe creativa
Sesta Variazione • “Nel secolo scorso l’identità corrispondeva ad un uno immaginario. La vita stessa poteva essere monocorde o molto orchestrata e variata, ma comunque era una dentro una famiglia, dentro un luogo di lavoro, dentro una città. Il nuovo secolo è rappresentato dal desiderio dell’uomo di vivere non più una sola identità o una sola vita (cioè una sola storia) ma tante storie e tante vite insieme. E’ la metafora del telecomando. Negli USA la gente cerca una vita bicoastal, con una casa a New York e un lavoro a Los Angeles o magari due o tre: perché non lavorare il lunedì a Miami, il martedì a New York facendo ogni giorno una professione diversa? Perché non essere sposati con una donna a San Francisco, con un uomo a Chicago e avere due figli «artificiali» a Boston?”
I barbari si sono inventati l'uomo orizzontale. Avevano davanti il modello del borghese colto, chino sul libro, nella penombra di un salotto con le finestre chiuse, e le pareti imbottite: l'hanno sostituito, istintivamente, con il surfer. Una specie di sensore che insegue il senso là dove è vivo in superficie, e lo segue ovunque nella geografia dell'esistente, temendo la profondità come un crepaccio che non porterebbe a nulla se non all'annientamento del movimento, e quindi della vita. Pensate che non sia faticosa una cosa del genere? Certo che lo è, ma di una fatica per cui i barbari sono costruiti: è un piacere, per loro. E' una fatica facile. Alessandro Baricco I barbari
Il passato non esiste: è un materiale del presente. Sarà probabilmente vero, pensa il barbaro, che il brasato al barolo è più buono di questo orrendo hamburger: ma io ho fame qui e adesso, e se devo andare fino nelle Langhe per mangiare quello splendore, io là ci arrivo morto. Specie da quando la strada per le Langhe è diventata un viaggio lunghissimo, selettivo, sofisticato, elitario e pallosissimo. Quindi mi fermo qua. E mangio il mio hamburger, sentendo nel mio Ipod le quattro stagioni di Vivaldi versione rock, leggendo intanto un manga giapponese, e soprattutto mettendoci dieci minuti dieci, così me ne esco di nuovo fuori, e non ho più fame, e il mondo è lì, da attraversare. • Alessandro Baricco I barbari
Alla ricerca della propria singolarità Da millenni la poesia accompagna e sostiene l’evoluzione dell’uomo, grazie alla sua capacità di dare senso ad ogni momento dell’esistenza. “La poesia”, ha affermato Szymborska, “come del resto tutta la letteratura, trae le sue forze vitali dal mondo in cui viviamo, da vicissitudini davvero vissute, da esperienze davvero sofferte e pensieri autonomamente pensati. Il mondo deve di continuo essere descritto daccapo, perché dopotutto non è mai lo stesso di una volta, non foss’altro perché un tempo noi non c’eravamo”.
“Se fossi una poetessa olandese, la maggior parte dei miei versi non sarebbero stati scritti. Ma alcuni sarebbero stati scritti egualmente, a prescindere dal luogo in cui sarei vissuta. Questo è importante secondo me”. I vincoli biologici, storici, sociali, psicologici in cui sembriamo essere costretti hanno per il singolo un valore simile a quello degli strati intorno al centro di una cipolla, che, però, “è un’altra cosa”:
Interiora non ne ha.Completamente cipollafino alla cipollità.Cipolluta di fuori,cipollosa fino al cuore,potrebbe guardarsi dentrosenza provare timore.…Coerente è la cipolla,riuscita è la cipolla.Nell’una ecco sta l’altra,nella maggiore la minore,nella seguente la successiva,cioè la terza e la quarta.Una centripeta fuga.Un’eco in coro composta.… In noi – grasso, nervi, vene,muchi e secrezione.E a noi resta negatal’idiozia della perfezione.
Cosa resta dunque di noi, della nostra autobiografia? Restano quelli che Piero Trupia chiama gli Eventi, che , se accolti, “generano altri eventi. Una vita è narrabile, non se ha generato eventi, ma se li ha riconosciuti e li ha lasciati operare; se li ha accolti, mettendo a rischio la consolidata routine”. Ma come fare a riconoscerli ed accoglierli? Risponde Trupia: occorre “esercizio dello sguardo sul mondo per cogliere segnali, soprattutto anomali, del sopraggiungere dell’Evento; una continua, incessante, drammatica necessità di relazionarsi consapevolmente e responsabilmente con sé stessi e con gli altri portatori di diversità-novità”.
Evento e momento Ma grazie alla poesia possiamo dare valore non solo all’”Evento” ma ad ogni singolo momento della nostra vita: Agisco in casa, funziono in ufficio, affronto gli esami, mi presento all’udienza, incollo con cura le tazze rotte . . . So come trattare l’infelicità, come sopportare una cattiva notizia, ridurre l’ingiustizia, rischiare l’assenza di Dio, scegliere un bel cappellino da lutto. Foglietto Illustrativo
Szymborska induce a ragionare innanzitutto su noi stessi, sulla rappresentazione che offriamo agli altri, anche nel contesto professionale, rispetto alla nostra più vera singolarità. Lo fa attraverso uno sguardo ironico contrassegnato da disperazione e incanto (miei segni particolari, li definisce ne Il cielo); stupore(Potevo essere me stessa - ma senza stupore,/e ciò vorrebbe dire/qualcuno di totalmente diverso.Nella moltitudine); partecipazione (non c’è senso che possa sostituirti quello del partecipare, Dialogo con una pietra).
L’inconfondibile levità (ironia) con la quale le poesie di Szymborska sollevano il velo indiano della banalità quotidiana, poi, non toglie nulla alla loro potenza: esse possiedono quella che Calvino definisce la “leggerezza della pensosità” e hanno una forza tale da innescare un profondo processo identificativo, scatenare delle reazioni intime e portare ad interrogarsi sul perché di tali reazioni, favorendo l’autoconsapevolezza, primo passo verso l’autosviluppo.
E’ ritornato. Non ha detto nulla. Era chiaro però che aveva avuto un dispiacere. Si è coricato col vestito. Ha messo la testa sotto la coperta. Ha ripiegato le gambe. È sulla quarantina, ma non in questo momento. Esiste – ma solo quanto nel ventre di sua madre, al di là di sette pelli, al riparo del buio. Domani terrà una conferenza sull’omeostasi nella cosmonautica megagalattica. Per il momento si è raggomitolato, dorme.(Ritorni)
Evento e momento 2 Ogni Evento può essere quindi, ha affermato Szymborska, “spremuto, concentrato in una poesia”: di più, anche il più futile accadimento “contiene in sé una carica che la poesia è in grado di raccogliere”. La costruzione dell’identità si gioca infine sulla capacità di ricollegare fra loro, secondo uno schema narrativo, che li rende rappresentabili e comprensibili all’interno di un contesto dato, sia gli Eventi, con la maiuscola, sia gli accadimenti quotidiani, con la minuscola ma liberati dal velo della loro apparente banalità.
L’autobiografia: Demetrio ne il manifesto dello humnistic management 1 Umanista nell’animo è chi assume su di sé tutto il gusto e l’impegno di perseguire una sempre più lucida e radicale coscienza del proprio essere nel tempo, nel presente e nel passato affinché l’oblio non lo disumanizzi. Quale sia l’esito poco importa, ciò che conta è l’aver consapevolezza della propria vicenda e lasciare una memoria di sé. In tal caso, la scrittura è ciò che più si incarica di trasformare gli umori mentali in qualcosa di materialmente più palpabile e condivisibile: un appunto su un foglio di carta, un carteggio, un diario. L’umanista come infaticabile narratore ha il senso profondo della sua autobiograficità. Della sua storia e delle storie di cui ha fatto parte, affidando all’arte della scrittura, seppur elementare e senza ambizioni, l’onere di ricapitolare tutto ciò che merita di essere ricordato.
L’autobiografia: Demetrio ne Il manifesto dello humnistic management 2 Autoformazione, per il tramite della scrittura autobiografica come lavoro pedagogico su di sé; come inesauribile autocreazione e autorealizzazione personale; come non autistica, nè delirante, ma vitale ricerca della propria verità: in quanto atto che separa e distingue dagli altri ma che, se mosso da generosità, prima o poi giunge a riconoscerne il ruolo determinante e fatale. L’impresa deve quindi fare scelte che generino aiuto e soddisfazione anche a questo livello. Non è sufficiente impadronirsi di capacità e di competenze che migliorino le prestazioni e i successi professionali: occorre suscitare occasioni di cura di sé che oltre all’attenzione per il benessere del corpo, sono volte a migliorare la conoscenza di sé in quanto arte narrativa e filosofica. Insomma, ancora una volta si ripropone il tema della ricerca della propria identità molteplice: in una continua riformulazione, pur sempre composita, che ci richiede però la coltivazione del proprio ego tessitore.
LA GIOIA DI SCRIVERE Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto? Ad abbeverarsi a un’acqua scritta che riflette il suo musetto come carta carbone? Perché alza la testa, sente forse qualcosa? Sostenuta da quattro zampette prese in prestito dalla verità, da sotto le mie dita rizza le orecchie. Silenzio – anche questa parola fruscia sulla carta e scosta i rami causati dalla parola “bosco”. Sopra il foglio bianco s’acquattano, pronte a balzare, lettere che possono mettersi male, un assedio di frasi che non lasceranno scampo.
In una goccia d’inchiostro c’è una buona scorta di cacciatori con l’occhio nel mirino, pronti a correr giù per la rapida penna, a circondare la cerva, a puntare. Dimenticano che la vita non è qui. Altre leggi, nero su bianco, vigono qui. Un batter d’occhio durerà finché lo dico io, si lascerà dividere in piccole eternità piene di pallottole fermate in volo. Non una cosa avverrà se non voglio. Senza il mio assenso non cadrà una foglia, né uno stelo si piegherà sotto il punto del piccolo zoccolo. C’è dunque un mondo di cui reggo le sorti indipendenti? Un tempo che lego con catene di segni? Un esistere che a mio comando è incessante? La gioia di scrivere. Il potere di perpetuare. La vendetta di una mano mortale.
Proprio qui risiede il segreto della “gioia della scrittura”, in primo luogo autobiografica: nella scoperta che esiste un mondo di cui io “reggo le sorti indipendenti”; che è possibile “un esistere” che è sotto il mio controllo; che sono in grado di costruire mondi in cui, letteralmente, non si muove foglia che io non voglia. Perciò nelle aziende assume sempre maggiore rilevanza il Business Writing. Non solo ogni proposta commerciale, ma qualsiasi testo (il bilancio, una procedura, una comunicazione organizzativa) deve veicolare emozioni e valori, se vuole essere efficace nei confronti degli stakeholders (dipendenti, comunità, azionisti…) e non restare lettera morta - sintomo della morte spirituale di chi lo maneggia, come le dead letters dell’ufficio Lettere Smarrite di cui narra Melville alla fine di Bartebly: “Lettere smarrite, lettere morte! non si direbbe che tutto ciò parli di uomini morti?... Inviate per le occorrenze della vita, queste lettere urgono alla morte".
E quali migliori maestri di scrittori e poeti? Solo passando tramite loro la scrittura diviene una vera leva di Business. Pensiamo ai corsi su come redarre il proprio Curriculum Vitae, che possono essere condotti partendo dalla ricognizione di autori classici: da L’uomo senza qualità di Musil (in cui il protagonista riceve e rifiuta un’offerta di lavoro), al Castello di Kafka (che in definitiva è la storia di una mancata assunzione) fino al Tropico del Capricorno di Miller (in cui il protagonista si adatta alle logiche del mercato fino a quando lui stesso finisce con l’occuparsi del recruitment per l’organizzazione per cui lavora). In questo elenco, che ciascuno si può divertire ad allungare, non può mancare l’impareggiabile ironia espressa dalla nostra Szymborska in Scrivere il curriculum.
Occorre narrare a sé a agli altri la propria storia di formazione e sviluppo come il giovane Jim eroe dell’Isola del Tesoro di Stevenson: attraverso lo scontro con i pirati, l’incontro con Long John Silver e le altre mille meravigliose peripezie narrate nel libro, egli si ritrova alla fine consapevolmente adulto. Ricerca che inizia con un atto che separa e distingue dagli altri, ma che deve giungere a riconoscerne il ruolo determinante
Per altri versi, si può osservare che le nuove tecnologie multimediali, rispetto alle tecniche di narrazione tradizionali, consentono di elaborare delle storie molto più coerenti con le contraddizioni insite nei racconti, la loro costante parzialità, la loro chiusura mai del tutto definitiva. Si può comunque affermare che, a prescindere dal mezzo usato, il processo di “costruzione di significato” è essenzialmente comunicativo e narrativo. Ciò pone dei problemi che i “facitori di senso” per eccellenza, ovvero i poeti, i commediografi, gli artisti in genere conoscono bene. Il primo dei quali è che il linguaggio non solo è impreciso, talora è perfino contraddittorio rispetto a gli oggetti che dovrebbe descrivere, come nota Wislawa Szymborska quando sottolinea che “Silenzio – anche questa parola fruscia sulla carta”.
Le tre parole più strane Quando pronuncio la parola Futuro, la prima sillaba già va nel passato. Quando pronuncio la parola Silenzio, lo distruggo. Quando pronuncio la parola Niente, creo qualche cosa che non entra in alcun nulla. Cfr anche Calvino, Le città invisibili, La città e i segni 1 (Tamara)
Le città e i segni. I. • L'uomo cammina per giornate tra gli alberi e le pietre. Raramente l'occhio si ferma su una cosa, ed è quando l'ha riconosciuta per il segno d'un'altra cosa: un'impronta sulla sabbia indica il passaggio della tigre, un pantano annuncia una vena d'acqua, il fiore dell'ibisco la fine dell'inverno. Tutto il resto è muto e intercambiabile; alberi e pietre sono soltanto ciò che sono. Finalmente il viaggio conduce alla città di Tamara . Ci si addentra per vie fitte d'insegne che sporgono dai muri. L'occhio non vede cose ma figure di cose che significano altre cose: la tenaglia indica la casa dei cavadenti, il boccale la taverna, le alabarde il corpo di guardia, la stadera l'erbivendola. Statue e scudi rappresentano leoni delfini torri stelle:segno che qualcosa - chissà cosa - ha per segno un leone o delfino o torre o stella.
Altri segnali avvertono di ciò che in un luogo è proibito - entrare nel vicolo con carretti, orinare dietro l'edicola, pescare con la canna dal ponte - e di ciò che è lecito - abbeverare le zebre, giocare a bocce, bruciare i cadaveri dei parenti. Dalla porta dei templi si vedono le statue degli dei, raffiguranti ognuno coi suoi attributi: la cornucopia, la clessidra, la medusa, per cui il fedele può riconoscerli e rivolgere loro preghiere giuste. Se un edificio non porta nessuna insegna o figura, la sua stessa forma e il posto che occupa nell'ordine della città bastano a indicarne la funzione: la reggia, la prigione, la zecca, la scuola, pitagorica, il bordello.
Anche le mercanzie che i venditori mettono in mostra sui banchi valgono non per se stesse ma come segni d'altre cose: la benda ricamata per la fronte vuol dire eleganza, la portantina dorata potere, i volumi di Averroè sapienza, il monile per la caviglia voluttà. Lo sguardo percorre le vie come pagine scritte: la città dice tutto quelli che devi pensare, ti fa ripetere il suo discorso, e mentre credi di visitare Tamara non fai che registrare i nomi con cui essa definisce se stessa e tutte le sue parti. Come veramente sia la città sotto questo fitto involucro di segni, cosa contenga o nasconda, l'uomo esce da Tamara senza averlo saputo. Fuori s'estende la terra vuota fino all'orizzonte, s'apre il cielo dove corrono le nuvole. Nella forma che il caso e il vento dànno alle nuvole l'uomo è già intento a riconoscere figure: un veliero, una mano, un elefante…
Solo grazie ad un adeguato percorso formativo è possibile chiamare le persone a rappresentare e restituire il proprio mondo (esterno o interno) sotto forma di testi tali da estrarre dall'oralità o dal flusso di pensiero individuale le storie che ognuno di essi racconta e si racconta, rappresentando il suo modo di vedere la realtà. Occorre esercitarsi in particolare a quella “esattezza”, a mezza via tra la logica sequenziale causa-effetto ed il reperimento di collegamenti fra sensazioni, esperienze, “fatti” che possono travalicare tale logica, indicata da Italo Calvino nelle Lezioni americane:
rifiutare ogni schema aprioristico e maturare una coscienza della limitata portata di qualsiasi modello, visto come strumento di conoscenza che inevitabilmente esclude porzioni di realtà più o meno rilevanti; • consegnare valore euristico a percorsi di conoscenza basati sull'interpretazione, in cui ognuno è chiamato a formulare sempre nuove ipotesi interpretative e a crearsi strumenti di indagine sempre nuovi; • prestare costante attenzione ai dati "devianti", nella convinzione che nelle due code di ogni gaussiana si nascondano le informazioni più interessanti.
Stiamo qui parlando di “segnali anomali”, che sono significativi in due sensi. Da una parte, nelle difformità di comportamento, anche minime,da quanto prescritto con leggi dello Stato e regole aziendali si possono celare grandi pericoli per la stessa incolumità individuale (si pensi al tema della sicurezza sul lavoro), oltre a condotte non etiche o criminali. Dall’altra, è dalla diversità dell’approccio ai problemi rispetto alla best practice, dalla valorizzazione delle differenze culturali, dalla disponibilità di varianti alternative al “pensiero unico” imposto dallo scientific management, dalla capacità di accettare l’errore inteso come momento di crescita della conoscenza, che traggono linfa vitale creatività ed innovazione. Queste sono le “deviazioni” che il management deve incoraggiare.
Affrontare il tema dell’autobiografia in azienda non significa insomma mettere semplicemente nel catalogo formativo dei corsi aventi la pretesa di dettare le regole d’oro del business writing o della scrittura creativa. La cui esistenza, peraltro, è assai discutibile. Szymborska scrive: «No, da noi non esistono manuali di scrittura creativa. Credo che libri simili si pubblichino negli Stati Uniti, ma ci permettiamo di dubitare del loro valore, e questo per la buona ragione che l’autore, che conoscesse una ricetta infallibile per il successo letterario, preferirebbe servirsene egli stesso, piuttosto che guadagnarsi da vivere scrivendo manuali. Semplice? Semplicissimo».
Ovviamente la scrittura non dipende solo dal talento o dall’ispirazione, ma è anche un fatto tecnico. Le risposte da lei date in qualità di redattrice di una rivista letteraria di Cracovia si trasformano così, forse suo malgrado, in una serie di consigli per aspiranti scrittori e manager in vena di introspezione. «Un racconto può, in mancanza di meglio, non avere né inizio né fine: il centro sembra però necessario». «Tutto a questo mondo si distrugge per il continuo uso, tranne le regole grammaticali. Se ne serva con più coraggio, Signora – bastano per tutti!»
1° TIPO: unicursale, è il labirinto classico, ad un solo corridoio che si avvolge a spirale e non ha biforcazioni, dove non ci si può perdere.
Si può immaginare come una fune avvolta su se stessa. L'esploratore entrerà e uscirà senza possibilità di errore.
Dal punto di vista narratologico un racconto o un romanzo sono unicursali: vanno dall'inizio alla fine senza possibili deviazioni. Nella storia del management, questo andamento mono-direzionale e deterministico corrisponde all’impostazione tayloristica, alla fabbrica fordista, alla catena di montaggio, all’organizzazione per funzioni o divisioni.
Struttura funzionale: caratteristiche • Nasce per evoluzione della struttura elementare verso un maggiore decentramento • Specializzazione per aree tecnico-professionali • Relazioni per linee verticali • Necessità di strumenti di integrazione
Struttura funzionale: vantaggi e svantaggi • Vantaggi: • Favorisce la specializzazione • Favorisce le economie di scala • Semplifica la formazione • È efficiente per aziende monoprodotto • Svantaggi: • Troppo rigida la specializzazione • Inadatta per diversificare • Lenta per evoluzioni strategiche • Tende verso gerarchizzazione e burocratizzazione • Non favorisce lo sviluppo manageriale
STRUTTURA DIVISIONALE DIREZIONE STAFF SERVIZI CENTRALI DIVISIONE B DIVISIONE A MARK. PROD. R&S MARK. PROD. R&S
Struttura divisionale: vantaggi e svantaggi • Vantaggi: • Elevata risposta ai cambiamenti ambientali • Delega e controllo: formazione di managers • Svantaggi • Tendenza all’autonomia divisionale (quasi-imprese) • Costi elevati • Ogni divisione tende, crescendo,a ridiventare funzionale
Struttura divisionale: caratteristiche • Nasce quando ci sono più prodotti e mercati differenziati ed è opportuno il decentramento • Ogni divisione è una quasi-impresa con funzioni e responsabilità • Importanza dei meccanismi di integrazione/ coordinamento • Duplicazione funzioni e peso organi di staff
2° TIPO: ad albero, è il labirinto manierista, a più corridoi che si dipartono da incroci. Anche qui una sola è la via per giungere al centro, ma si incontrano vari rami, ed il navigatore, terminata l'esplorazione del ramo, dovrà tornare indietro, proseguire fino al prossimo bivio, eventualmente esplorare il nuovo ramo e così via
Eco paragona questo tipo di labirinti ai libri-gioco, in cui il lettore si identifica con il protagonista e passa da un punto all’altro del libro a seconda delle scelte che il testo gli impone di effettuare. Nelle aziende questa duplicità si afferma con le organizzazioni matriciali, dove la persona è posta davanti ad una scelta fra le direttive provenienti dal referente gerarchico e da quello funzionale.
ORGANIZZAZIONE A MATRICE CAPO I N G E G N E R I A F I N A N Z A M A R K E T I N G P R O D U Z I O N E P.M. 1 P.M. 2 P.M. 3
Organizzazione a matrice: caratteristiche • Evoluzione della struttura per progetti e sintesi con quella funzionale • Distinzione tra manager di funzione (gestione corrente del personale) e manager di progetto • Rapporto con due o più capi
Organizzazione a matrice: vantaggi e svantaggi • Vantaggi: • Obiettivi chiari • Efficiente utilizzo delle risorse • Integrazione e controllo dei progetti • Efficace flusso di informazioni • Sviluppo di project managers • Accumulazione di know how • Svantaggi: • Due o più capi • Complessità di gestione • Conflitti di priorità tra progetti • Difficoltà di costituzione del team • Difficoltà di trovare i capi “giusti”
E' la struttura dell'enciclopedia secondo Eco, che si riflette anche in quelle organizzazioni che hanno proceduto ad una decisa azione di appiattimento organizzativo ed in cui alla gerarchia sono via via andate sostituendosi, almeno in parte, altre modalità di integrazione come le task force e i team di progetto. 3° TIPO: a rizoma, è il labirinto moderno, dove i corridoi sono tutti potenzialmente in collegamento in una rete di relazioni che non presuppongono l'unicità del percorso, ma la sua molteplicità. Rispetto al precedente ha dei passaggi trasversali da un ramo all'altro. In questo labirinto ci si può perdere, l'esploratore rischia di rimanere intrappolato.