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LE EMOZIONI. di Francesca Emanueli Annalia Bruzzi Laura Bertonelli Daniela Nieri.
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LE EMOZIONI di Francesca Emanueli Annalia Bruzzi Laura Bertonelli Daniela Nieri
LE EMOZIONIL'emozione, specialmente se intensa, può provocare alterazioni somatiche diffuse: il sistema nervoso centrale influenza le reazioni mimiche (l'espressione del viso), la tensione muscolare; il sistema vegetativo e le ghiandole endocrine, la secrezione di adrenalina, l' accelerazione del ritmo cardiaco e altre risposte viscerali.
Secondo l’ approccio cognitivo comportamentale, l’emozione rappresenta un comportamento di risposta profondamente legato alle motivazioni, che si manifesta a tre diversi livelli: • psicologico • comportamentale • fisiologico.
Sistema psicologico: comprende i resoconti verbali relativi all’esperienza soggettiva, come ad esempio: “ho provato una intensa sensazione di rabbia quando ......”. • Sistema comportamentale, riguarda invece le manifestazioni motorie dell’emozione, come ad esempio il comportamento di evitamento, di avvicinamento, di attacco e la fuga ecc., e le modificazioni dell’atteggiamento posturale e dell’espressione facciale. • Livello fisiologico, prevalentemente rappresentato delle modificazioni fisiche: ad esempio negli effettori innervati dal sistema nervoso autonomo, quindi alterazioni della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, dell'irrorazione vascolare facciale (l’arrossire), l’aumento della sudorazione delle mani, o le modificazione del ritmo respiratorio. Tutte queste variazioni sono connesse con, e anche indotte da, modificazioni di tipo endocrino, per esempio del sistema ipofisi-corticosurrenale (ACTH e cortisolo) o della midollare del surrene (adrenalina e noradrenalina).Nessuno di questi tre sistemi (psicologico, comportamentale e fisiologico) è prioritario rispetto agli altri, ma piuttosto ognuno risulta strettamente connesso agli altri in una globale risposta emozionale. I tre sistemi cioè interagiscono tra loro pur essendo parzialmente indipendenti.
1.Quali sono le motivazioni del comportamento umano? 2. Che cos'è l'emozione? 3. Quante e quali sono le emozioni?
1. L’insieme degli eventi che si succedono tra la comparsa dello stimolo scatenante l’attivazione dei tre sistemi di risposta: -sensazione soggettiva - - comportamento - -variazioni fisiologiche-.
1. MotivazioniComunemente si pensa di dedurre le motivazioni dal comportamento; in realtà lo stesso comportamento può essere causato da motivazioni diverse. (es. studente).Ci sono infatti vari tipi di disaccordo tra attività e obiettivo.
Esistono diverse teorie sul comportamento umano: • la teoria psicoanalitica, • la teoria comportamentistica • la teoria cognitiva.
Secondo la teoria psicoanalitica di Freud le pulsioni fondamentali sono il sesso e l'aggressività. • La teoria comportamentistica sottolinea l'importanza della relazione stimolo-risposta e dell'apprendimento nello sviluppo del comportamento. • La teoria cognitiva può essere definita come la teoria della scelta preferenziale, cioè la decisione di impegnarsi in una certa attività piuttosto che in altre, sulla base di considerazioni a carattere cognitivo.
2. Che cos’è l’emozione?Sebbene l’emozione si realizzi all’interno della complessa relazione tra l’individuo e l’ambiente, è utile, per chiarirne gli aspetti, considerarla come indotta da una specifica condizione stimolo.In altre parole, l’emozione è un esempio di comportamento rispondente, comportamento cioè dove può essere individuato uno stimolo scatenante, legato alle motivazioni profonde.L’emozione può essere definita come quella complessa catena di eventi compresa tra la comparsa dello stimolo scatenante (INPUT) e l’esecuzione del comportamento rispondente (OUTPUT).
3. Quante e quali sono le emozioni? Possiamo ipotizzare che la moltitudine delle esperienze emotive sia spiegabile mediante una decina di emozioni fondamentali o primarie. Plutchik (1970, 1980) ha suggerito un modello efficace (parzialmente verificato sul piano empirico per la classificazione delle espressioni facciali). Tre sono le fondamentali dimensioni rappresentate in questo modello: intensità, polarità e somiglianza. Il cerchio rappresenta la somiglianza e la polarità delle otto emozioni primarie. L’intensità può variare su un asse ortogonale al cerchio, per esempio la paura aumentando può divenire terrore, diminuendo può divenire apprensione.
LA FELICITA’ Secondo Argyle (1987), il maggiore studioso di questa emozione, la felicità è rappresentata da un senso generale di appagamento complessivo che può essere scomposto in termini di appagamento in aree specifiche quali ad esempio il matrimonio, il lavoro, il tempo libero, i rapporti sociali, l'autorealizzazione e la salute.
LA FELICITA’ La felicità è anche legata al numero e all'intensità delle emozioni positive che la persona sperimenta e, in ultimo, come evento o processo emotivo improvviso e piuttosto intenso è meglio designata come gioia. In questo caso è definibile come l'emozione che segue il soddisfacimento di un bisogno o la realizzazione di un desiderio e in essa, accanto all'esperienza del piacere, compaiono una certa dose di sorpresa e di attivazione (D'Urso e Trentin, 1992).
LA FELICITA’ Alcuni autori (Maslow, 1968; Privette, 1983) riportano che le sensazioni esperite con più frequenza dalle persone che si trovano in una condizione di felicità o di gioia sono quelle di sentire con maggiore intensità le sensazioni corporee positive e con minore intensità la fatica fisica, di sperimentare uno stato di attenzione focalizzata e concentrata, di sentirsi maggiormente consapevoli delle proprie capacità. Spesso le persone felici si sentono più libere e spontanee, riferiscono una sensazione di benessere in relazione a se stesse e alle persone vicine e infine descrivono il mondo circostante in termini più significativi e colorati.
LA FELICITA’ Le persone che provano emozioni positive, quali ad esempio gioia e felicità, a livello fisiologico presentano un'attivazione generale dell'organismo che si manifesta con un'accelerazione della frequenza cardiaca, un aumento del tono muscolare e della conduttanza cutanea e infine una certa irregolarità della respirazione. In ultimo chi è felice sorride spesso. In effetti il sorriso, sovente accompagnato da uno sguardo luminoso e aperto, è la manifestazione comportamentale più rappresentativa, inconfondibile e universalmente riconosciuta della felicità e della gioia.
LA PAURA • Con questo termine si identificano stati di diversa intensità emotiva che vanno da una polarità fisiologica come il timore, l'apprensione, la preoccupazione, l'inquietudine o l'esitazione sino ad una polarità patologica come l'ansia, il terrore, la fobia o il panico. • Paura come: • emozione attuale, • emozione prevista nel futuro, • condizione pervasiva ed imprevista, • semplice stato di preoccupazione e di incertezza. • L'esperienza soggettiva, il vissuto fenomenico della paura è rappresentata da un senso di forte spiacevolezza e da un intenso desiderio di evitamento nei confronti di un oggetto o situazione giudicata pericolosa. Altre costanti dell'esperienza della paura sono la tensione che può arrivare sino alla immobilità (l'essere paralizzati dalla paura) e la selettività dell'attenzione ad una ristretta porzione dell'esperienza. Questa focalizzazione della coscienza non riguarda solo il campo percettivo esterno ma anche quello interiore dei pensieri che risultano statici, quasi perseveranti. La tonalità affettiva predominante nell'insieme risulta essere negativa, pervasa dall'insicurezza e dal desiderio di fuga.
Da dove nasce la paura?Dai risultati di molte ricerche empiriche si giunge alla conclusione che potenzialmente qualsiasi oggetto, persona o evento può essere vissuto come pericoloso e quindi indurre una emozione di paura.La variabilità è assoluta, addirittura la minaccia può generarsi dall'assenza di un evento atteso e può variare da momento a momento anche per lo stesso individuo. Essenzialmente la paura può essere di natura innata oppure appresa.I fattori fondamentali risultano comunque essere la percezione e la valutazione dello stimolo come pericoloso o meno.
PAURE APPRESE Riguardano una infinita varietà di stimoli che derivano da esperienze dirette e che si sono dimostrate penose e pericolose. Il meccanismo universale responsabile dell'acquisizione di paure apprese viene definito condizionamento, che può trasformare un qualunque stimolo neutro in stimolo fobico, mediante la pura associazione per vicinanza spaziale e temporale ad uno stimolo originariamente fonte di paura.
PAURE INNATE • Originano da: • stimoli fisici molto intensi come il dolore oppure il rumore; • oggetti, eventi o persone sconosciuti dai quali l'individuo non sa cosa aspettarsi e neppure come eventualmente affrontare; • situazioni di pericolo per la sopravvivenza dell'individuo o per l'intera specie: l'altezza, il buio, il freddo, l'abbandono da parte della figura di attaccamento; • circostanze in cui è richiesta l'interazione con individui o animali aggressivi. Esempi di paure tipicamente innate sono: la paura degli estranei, del buio, la paura per certi animali (ragni e serpenti), il terrore alla vista di parti anatomiche umane amputate.
Come il corpo manifesta la paura? La "faccia delle paura" si manifesta in un modo molto caratteristico: occhi sbarrati, bocca semi aperta, sopracciglia avvicinate, fronte aggrottata. Questo stato di tensione dei muscoli del viso rappresenta l'espressione della paura che è ben riconoscibile anche in età precoce e nelle diverse culture. Precisamente, uno stato di paura acuta ed improvvisa caratteristica del panico e della fobia, si accompagna ad un’attivazione del sistema nervoso autonomo parasimpatico, (abbassamento della pressione del sangue e della temperatura corporea, diminuzione del battito cardiaco e della tensione muscolare, abbondante sudorazione e dilatazione della pupilla). Il risultato di tale attivazione è una sorta di paralisi, ossia l'incapacità di reagire in modo attivo con la fuga o l'attacco. La funzione di questa staticità indotta dallo stimolo fobico sembra quella di difendere l'individuo dai comportamenti aggressivi d'attacco scatenati dalla fuga e dal movimento. Paradossalmente, in casi estremi, tale reazione parasimpatica può condurre alla morte per collasso cardiocircolatorio. Stati di paura meno intensi invece attivano il sistema nervoso simpatico, per cui i pelli si rizzano, ai muscoli affluisce maggior sangue e la tensione muscolare ed il battito cardiaco aumentano; il corpo è così pronto all'azione finalizzata all'attacco oppure alla fuga.
Quali sono le funzioni della paura? Sicuramente, la paura ha una funzione positiva, così come il dolore fisico, di segnalare uno stato di emergenza ed allarme, preparando la mente il corpo alla reazione che si manifesta come comportamento di attacco o di fuga. Inoltre, in tutte le specie studiate l'espressione della paura svolge la funzione di avvertire gli altri membri del gruppo circa la presenza di un pericolo e quindi di richiedere un aiuto e soccorso. Dal punto di vista biologico - evoluzionista sia il vissuto soggettivo, attraverso i processi di memoria e di apprendimento, sia le manifestazioni comportamentali, indifferentemente fuga, paralisi o attacco, che le modificazioni psicofisiologiche (attivazione parasimpatica o attivazione simpatica) tendono verso la conservazione e la sopravvivenza dell'individuo e della specie. Ovviamente, se la paura viene estremizzata e resa eccessivamente intensa, diventando quindi ansia, fobia o panico, perde la funzione fondamentale e si converte in sintomo psicopatologico.
LA RABBIA La rabbia è una emozione tipica, considerata fondamentale da tutte le teorie psicologiche poiché per essa è possibile identificare una specifica origine funzionale, degli antecedenti caratteristici, delle manifestazioni espressive e delle modificazioni fisiologiche costanti, delle prevedibili tendenze all'azione. Essendo un'emozione primitiva, essa può essere osservata sia in bambini molto piccoli che in specie animali diverse dell'uomo. Quindi, insieme alla gioia e al dolore, la rabbia è una tra le emozioni più precoci.Essendo l'emozione la cui manifestazione viene maggiormente inibita dalla cultura e dalle società attuali, molto interessanti risultano gli studi evolutivi, in grado di analizzare le pure espressioni della rabbia, prima cioè che vengano apprese quelle regole che ne controllano l'esibizione. Inoltre, la rabbia fa parte della triade dell'ostilità insieme al disgusto e al disprezzo, e ne rappresenta il fulcro e l'emozione di base. Tali sentimenti si presentano spesso in combinazione e pur avendo origini, vissuti e conseguenze diverse risulta difficile identificare l'emozione che predomina sulle altre. Moltissimi risultano essere i termini linguistici che si riferiscono a questa reazione emotiva: collera, esasperazione, furore ed ira rappresentano lo stato emotivo intenso della rabbia; altri invece esprimono lo stesso sentimento ma di intensità minore, come irritazione, fastidio, impazienza.
Da dove nasce la rabbia? Per la maggior parte delle teorie la rabbia rappresenta la tipica reazione alla frustrazione e alla costrizione, sia fisica che psicologica. Pur rappresentandone i denominatori comuni, la costrizione e la frustrazione non costituiscono in sé le condizioni sufficienti e neppure necessarie perché si origini il sentimento della rabbia. La relazione causale che lega la frustrazione alla rabbia non è affatto semplice. Altri fattori sembrano infatti implicati affinché origini l'emozione della rabbia. La responsabilità e la consapevolezza che si attribuisce alla persona che induce frustrazione o costrizione sembrano essere altri importanti fattori. Ancor più delle circostanze concrete del danno, quello che più pesa nell'attivare una emozione di rabbia sembra cioè essere la volontà che si attribuisce all'altro di ferire e l'eventuale possibilità di evitare l'evento o situazione frustrante. Insomma ci si arrabbia quando qualcosa o qualcuno si oppone alla realizzazione di un nostro bisogno, soprattutto quando viene percepita l'intenzionalità di ostacolare l'appagamento.
Tre possono quindi essere i fondamentali destinatari finali della nostra rabbia: • un oggetto che provoca la frustrazione, • un oggetto diverso rispetto a quello che provoca la frustrazione (spostamento dall'obiettivo originale), • verso se stessi, trasformandosi in autolesionismo ed auto aggressione.
Come il corpo manifesta la rabbia? Essa possiede una tipica espressione facciale, ben riconoscibile in tutte le culture studiate: l'aggrottare violento della fronte e delle sopracciglia e lo scoprire e digrignare i denti; queste rappresentano le modificazioni sintomatiche del viso che meglio esprimono l'emozione della rabbia; tutta la muscolatura del corpo può estendersi fino all'immobilità. Le sensazioni soggettive più frequenti possono essere: la paura di perdere il controllo, l'irrigidimento della muscolatura, l'irrequietezza ed il calore. La voce si fa più intensa, il tono sibilante, stridulo e minaccioso. L'organismo si prepara all'azione, all'attacco e all'aggressione. Le variazioni psicofisiologiche sono quelle tipiche di una forte attivazione del sistema nervoso autonomo simpatico: accelerazione del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa e dell'irrorazione dei vasi sanguigni periferici, aumento della tensione muscolare e della sudorazione. Gli studi sugli effetti dell'inibizione delle manifestazioni aggressive sembrano indicare che chi non esprime in alcun modo i propri sentimenti di rabbia tende a viverli per un tempo più lungo.
DISGUSTO E DISPREZZO Le emozioni, oltre a dare colore alla nostra esistenza, hanno anche un valore evolutivo e adattivo per l'individuo e la specie. Tale assunto è valido non solo per le emozioni più semplici e universalmente riconosciute, ma anche per le emozioni complesse maggiormente connesse all'interazione sociale. Il valore adattivo ed il manifestarsi di due emozioni tra loro connesse che sono l'emozione fondamentale del disgusto e quella complessa del disprezzo.
Come il disgusto, anche il disprezzo mette in guardia l'individuo da situazioni potenzialmente pericolose, ma a differenza del disgusto, sembra essere un'emozione più evoluta in quanto ha come referente principale non un oggetto inanimato, ma un essere vivente ed è connesso con l'interazione sociale. Da questo punto di vista il disprezzo è considerato un'emozione complessa non solo, per il suo referente, ma anche perché è riconosciuto con minore facilità rispetto ad altri stati emotivi primari e perché si manifesta più tardi: infatti l'emozione del disprezzo compare tra i 15 e i 18 mesi d'età e si ipotizza che su di essa e sulla sua espressione influiscano le regole sociali e culturali che il bambino apprende durante il suo sviluppo (Izard e Buechler, 1979).
DISGUSTO E DISPREZZO Il disgusto è riconosciuto e si manifesta in modo universale tramite un'espressione facciale molto caratteristica e poco controllabile che consiste principalmente nell'arricciare le narici e nell'allargare la bocca come per spingere fuori il suo contenuto. L'emozione del disgusto, quando è particolarmente intensa, è accompagnata da nausea e vomito. Generalmente di fronte ad un oggetto che provoca disgusto tutto il corpo si contrae e cerca di allontanarsi dall'oggetto in questione. Inoltre spesso, in concomitanza a questi comportamenti, si emettono vocalizzazioni che sono riconoscibili come segnali di ribrezzo. Esistono alcune somiglianze nel modo di manifestare fisicamente disprezzo e disgusto: infatti l'espressione faccialedel disprezzo si differenzia dall'espressione del disgusto solo per la minore intensità e, qualora il disprezzo verso una persona sia molto forte, esso può manifestarsi come ripugnanza o nausea esprimendosi in maniera molto simile al disgusto per un odore ripugnante.
DISPREZZO L'emozione del disprezzo, al contrario, viene espressa prevalentemente nelle situazioni di interazione sociale. Secondo Garotti (1982), il disprezzo verso un altro individuo è provocato soprattutto da comportamenti trasgressivi di norme morali o convenzioni sociali, dal tradimento della fiducia, da aggressività e violenza, da atteggiamenti immotivati di superioriorità, da insincerità e falsità. Si è anche visto che ci sono differenze significative tra maschi e femmine nello sperimentare disprezzo: per i maschi il tradimento della fiducia e atteggiamenti immotivati di superiorità sono le cause scatenanti più frequenti; viceversa per le femmine le cause scatenanti più rappresentate sono le trasgressioni di norme morali e la falsità.
LA GELOSIA Definire la gelosia è difficile soprattutto perché non si sa bene se sia un'emozione, uno stato d'animo o un sentimento. Potrebbe essere considerata un'emozione in quanto si presenta in modo brusco e accompagnata da tipiche modificazioni psico-fisiologiche; tuttavia è anche un sentimento nel momento in cui permane nel tempo, viene evocata da eventi esterni o rappresentazioni mentali e occupa gran parte del vissuto emotivo e cognitivo dell'individuo. Esistono più tipi di gelosia distinguibili in base all'oggetto verso cui questo stato emotivo o affettivo è rivolto: - essere gelosi di una cosa, - essere gelosi di una persona. Nel primo caso c'è un desiderio di esclusività per delle cose che ci appartengono e che non vorremmo cedere in uso ad altri (gelosia materiale); nel secondo caso domina il timore di perdere l'affetto, il più delle volte l'affetto esclusivo di una persona (gelosia romantica). In ultimo esiste anche una gelosia da confronto sociale che origina dal desiderio di ottenere un bene che non si ha - l'amore di una persona, un lavoro o un premio - e dal timore che qualcun altro possa ottenerlo al posto nostro (D'Urso, 1990).
GELOSIA ROMANTICAcome gestirla? 1)rafforzare la fiducia in se stessi: questo consente di ridurre ansia e aggressività connesse alla gelosia stessa; 2)affinare le proprie capacità: in questo modo si migliora l'immagine di sé e si riducono depressione e rabbia connesse all'idea della possibile perdita della persona amata; 3) ignorare tutto ciò che concerne la persona amata e il rivale o che è psicologicamente associato ai luoghi, alle occasioni, ai motivi della gelosia.
LA GELOSIA DA CONFRONTO SOCIALE 1)si attribuisce prevalentemente a se stessi la responsabilità di un confronto sfavorevole o di un proprio fallimento, 2)si considera lo scacco almeno in parte controllabile.
L’IMBARAZZO Se alle emozioni considerate fondamentali (felicità, tristezza, paura, rabbia, disgusto) si attribuiscono funzioni e scopi evolutivi semplici – quali mantenere i legami affettivi con le figure di attaccamento, segnalare l’esistenza di pericoli, difendersi dagli attacchi e dalle circostanze pericolose –, alle emozioni più complesse si attribuiscono funzioni maggiormente evolute e connesse alla formazione della consapevolezza di se stessi e alla regolazione delle proprie relazioni con gli altri.
L’IMBARAZZO E’ una tipica emozione sociale fortemente connessa alla percezione che ciascuno di noi ha di se stesso e delle sue caratteristiche in relazione agli altri. Posto che l’imbarazzo potrebbe non essere solo un’emozione negativa, si è cercato di fornire una definizione di questo stato emotivo, di considerare le situazioni e i motivi che più comunemente suscitano imbarazzo, di rilevare se ci sono persone che sperimentano questo stato emotivo più facilmente di altre, di descrivere i correlati comportamentali e psico-fisiologici di questa emozione e, in ultimo, di suggerire alcuni accorgimenti per tenerla sotto controllo.
Come si manifesta? -1-A livello comportamentale, l’imbarazzo si manifesta attraverso alterazioni della voce, che oltre a segnalare agli altri lo stato emotivo in cui ci si trova, agiscono come causa ulteriore d’imbarazzo.Si tratta di un rinforzo circolare (D’Urso e Trentin), chesi esprime soprattutto con il distogliere lo sguardo dall’interlocutore, abbassandolo o deviandolo su punti dello spazio per nulla interessanti; la postura può essere o estremamente rigidacon pochissimi movimenti o al contrario presentare movimenti irrequieti di braccia, gambe, mani e continui cambi di posizione. Inoltre quando ci si sente imbarazzati si mettono in atto dei comportamenti tesi ad allentare la tensione emotiva, quali toccarsi ripetutamente i capelli o giocherellare con piccoli oggetti. Anche il linguaggio delle persone imbarazzate si modifica (Kast e Mahl, 1965). La voce diventa stridula, con tonalità irregolari, spesso si balbetta o si incespica, il volume della voce si alza e/o si abbassa rispetto alla propria norma, si fanno insoliti errori di grammatica, vi sono esitazioni, false partenze, lunghe pause tra una parola e l’altra.
Come si manifesta? -2- A livello psico-fisiologico il segnale caratteristico dell’imbarazzo è l’arrossarsi in modo repentino del viso e del collo fattore dovuto ad una vasodilatazione periferica; il battito del cuore rallenta (anche se spesso si pensa che aumenti), la temperatura corporea si innalza o ha degli sbalzi, i vasi sanguigni si dilatano, aumenta la tensione muscolare, la respirazione si fa irregolare, si suda di più e la motilità gastrica, così come la secchezza delle fauci, aumentano (D’Urso e Trentin, 1992).
Secondo D’Urso e Trentin (1992) le condizioni che normalmente devono essere presenti perché insorga l’imbarazzo sono: 1) la consapevolezza che un proprio comportamento è regolato da norme sociali;2) la presenza di un pubblico e in particolare il sentire su di sé l’attenzione degli altri ; 3) ildesiderio di conformarsi alle norme e il timore di infrangerle; 4) l’insicurezza sulle proprie capacità e quindi la paura di perdere la faccia davanti agli altri.
L’IMBARAZZO L’imbarazzo rivela ciò che per noi conta, il valore che attribuiamo agli altri e alle cose. Imbarazzarsi di fronte a qualcuno significa riconoscergli che per noi è importante, in un certo senso è come rendere omaggio al nostro interlocutore. In effetti, come sostiene D’Urso (1990), se l’imbarazzo parla un po’ male dell’imbarazzato, parla bene dell’imbarazzante o comunque segnala che gli viene attribuito valore e questo, da un certo punto di vista e in talune circostanze, non può che attribuire un fascino sottile alla relazione.
Correlati anatomici dell’emozione Le recenti evidenze neuropsicologiche hanno mostrato quali aree cerebrali sono maggiormente coinvolte nella mediazione dei fenomeni emotivi e, grazie al contributo di P. Salovey e J. Mayer, nel 1990 è stata elaborata la concezione dell'Intelligenza Emotiva, diffusa poi da D. Goleman che ha approfondito il rapporto tra mente razionale e mente emozionale, in cui si possono cogliere i presupposti del contributo fornito dall'Intelligenza Emotiva al benessere psicologico.Infatti, come si può osservare nella seguente sezione cerebrale, le basi anatomiche delle emozioni sono rintracciabili nelle strutture più primitive e più interne localizzate nel sistema limbico, a cui giungono gli input ambientali prima di raggiungere le aree superiori della corteccia coinvolte, a seconda del compito di adattamento richiesto, in modo diverso. Rapporti tra input ambientale, aree anatomiche della mente razionale e strutture anatomiche della mente emozionale.
E’ utile riconoscere quali sono le emozioni che non ci fanno stare bene, per cercare di trasformarle quando diventano troppo intense. Ricorda: si può cambiare solo ciò che si accetta! Per riuscire a cambiare quello che non va dobbiamo cercare di non essere sopraffatti dalle nostre emozioni.
Uno schema utile per capire i nostri sentimenti e le nostre reazioni emotive è il seguente: A---------------B-------------C Evento--fa scattare nella mente--pensieri--che provoca---emozioni Esempio: Situazione: Luca è stato rimproverato dalla maestra per qualcosa di non aveva colpa Pensiero: Se la prendono sempre con me, non me ne va mai bene una. Emozione: tristezza.
I virus mentali • Pretendere, esigere; • Dare interpretazioni sbagliate; • Svalutare; • Ingigantire; • Generalizzare. Tutti abbiamo pensieri negativi, come tutti, ogni tanto, prendiamo il raffreddore o l’influenza. I pensieri che ci fanno star male emotivamente sono come germi o virus che invadono la nostra mente, facendo scatenare emozioni o comportamenti inadeguati.