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CHATEAU VERDUN

CHATEAU VERDUN. Dove siamo.

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Presentation Transcript


  1. CHATEAU VERDUN

  2. Dove siamo

  3. 9:28 ADOZIONI:RITROVATA MARIA,NASCOSTA SU MONTI VALDOSTANI /ANSAGITE NEI BOSCHI, LEZIONI CON NONNA E GIOCHI CON COETANEE(di Enrico Marcoz) (ANSA) - SAINT OYEN (AOSTA), 27 SET 2006- Venti giorni in un paradiso naturale, tra pascoli e boschi, a pochi chilometri dal confine italo-svizzero.

  4. Una fuga 'dorata' per la piccola Maria e le due nonne, che dal 7 settembre ad oggi si sono nascoste a Chateau Verdun, casa di soggiorno della Congregazione Ospitaliera del Gran San Bernardo, a Saint Oyen. Erano arrivate lassù, in fondo alla valle del Gran San Bernardo, direttamente dalla Liguria. E a 1.850 metri, nel primo ospizio sulla via Francigena nel territorio italiano, hanno trovato ospitalità e poche domande.

  5. "Le abbiamo accolte senza chiedere loro nulla - ha spiegato il canonico Francis Darbellay, 71 anni, di origine svizzera - come è nostra abitudine. Dopo qualche giorno le nonne ci hanno rivelato la loro identità, chiedendoci la massima riservatezza". Maria e le nonne sono state alloggiate in due stanze, entrambe da quattro letti, arredate in modo semplice ma curato. Maria dormiva con la nonna materna, molto religiosa, che sovente di giorno si ritirava nella cappella a pregare; la nonna paterna, professoressa, si era sistemata nella stanza adiacente.

  6. "Hanno trascorso 20 giorni di ferie - ha raccontato il canonico - conducendo una vita normale, facendo passeggiate, come fossero in vacanza. La bambina si è innamorata delle mucche e al mattino scendeva giù nella stalla. Poi giocava con le figlie della nostra cuoca, oppure la nonna paterna le faceva da maestra".

  7. "Tutti i giorni - ha spiegato il religioso - prendevamo informazioni sulla vicenda dai giornali, comprando La Stampa, L'Avvenire, ma anche il Secolo XIX, dato che non abbiamo la televisione. Sapevamo che prima o poi sarebbero state scoperte e io sapevo che rischiavo la galera, ma ho fatto tutto con coscienza". Una sensazione che si è materializzata questa mattina nella figura del maresciallo dei carabinieri di Etroubles, che alle 10 si è presentato all'ospizio.

  8. Tra il militare e il canonico sono bastati una domanda ("Sono alloggiate due donne con la nipote?") e il successivo scambio di occhiate per risolvere il mistero. I carabinieri sono poi tornati alle 14,10 a prenderle.

  9. "Gli inquirenti non mi hanno detto nulla - ha osservato il canonico Darbellay - e mi hanno solo ringraziato. La nostra è una casa di accoglienza e come tale ci comportiamo. Non le ho neanche registrate proprio perché me lo hanno chiesto. Non so se la legge italiana viene prima del Vangelo, ma io ho scelto il Vangelo".

  10. A Chateau Verdun - dove si trova anche un convento delle monache benedettine visitato nel luglio scorso da Papa Benedetto XVI - è stato girato anche il video trasmesso ieri dai telegiornali. "A usare la telecamera - ha detto il canonico - sono stati due avvocati della famiglia". La bambina ha lasciato lassù anche i disegni mostrati nel video. "Non ho mai parlato con lei - ha concluso il canonico - di molestie o violenze. Che senso ha girare il coltello nella piaga? Mi sono affezionato a lei, tanto che oggi, dopo che mi ha dato un bacio mentre i carabinieri la portavano via, sono scoppiato in lacrime".

  11. Costruito nel 1.100 circa, Chateau Verdun è storicamente un rifugio per persone in fuga. Durante la guerra era una sorta di 'zona neutra' sulla quale sventolava la bandiera svizzera: al suo interno si sono nascosti numerosi partigiani braccati dalle SS. E lo spirito è rimasto lo stesso anche oggi. "Se domani mi chiedesse ospitalità Osama Bin Laden - ha assicurato il canonico Darbellay - aprirei anche a lui le porte dell'ospizio, senza problemi". (ANSA).

  12. La prima menzione di Saint-Oyen La prima menzione di Saint-Oyen è molto antica: risale addirittura al 1137, quando il conte di Savoia, Amedeo III, donò alla prepositura del Gran San Bernardo tutte le terre del cosiddetto castellum verdunense o Château Verdun, terre situate nel territorio di Saint-Oyen, che a quel tempo era ancora dipendente dalla parrocchia di Etroubles.

  13. Questo edificio (Château Verdun) era chiamato anche, a causa delle sue funzioni di dépendance e di fattoria dell'Ospizio del Gran San Bernardo, la maison de Mont-Joux de Saint-Oyen o la ferme de Château Verdun; diventò poi, col tempo, anch'esso un ospizio per i viandanti lungo la strada per il Colle.

  14. La ferme fu arricchita negli anni successivi di nuovi terreni acquistati per esempio a Chavannes di Etroubles nel 1218, a Ruvillasc tra Etroubles e Saint-Oyen nel 1221, a Citrin nel 1222 e nel 1232, di due prati a Flassin nel 1239 (dai Signori d'Avise) e nel 1250. Tutti questi terreni furono oggetto di controversia con i signori confinanti, tra cui ricordiamo in particolare quella per il possesso dell'alpeggio di Citrin, nel XIII secolo, che fu lunga e assai complessa, condotta contro i vicini signori di Etroubles, di Bosses e di Avise.

  15. Il territorio di questo minuscolo paese fu gestito direttamente dali Savoia, così come quelli vicini di Etroubles e di Saint-Rhémy almeno fino alla fine del XVI secolo.

  16. Due secoli dopo, il duca di Savoia, Carlo Emanuele I, costituì nel 1584 la baronia di Gignod che comprendeva anche Saint-Oyen, oltre a due quartieri di Aosta, Saint-Etienne e Saint-Martin de Corléans, i paesi di Etroubles, Saint-Rhémy e parte di Allein e l'assegnò in feudo al suo segretario di stato e notaio ducale François de la Crête per ricompensarlo dei servizi resi,

  17. soprattutto nelle negoziazioni per il matrimonio del duca di Savoia con l'Infanta d'Austria, Caterina. La baronia fu poi trasmessa alla figlia Filiberta che andò sposa al marchese Adalberto Pallavicini il cui figlio Carlo Emanuele l'ebbe a sua volta in eredità. Costui infine la tramandò, nel XIX secolo, fino al conte Ernesto di Sambuy.

  18. Nel 1381 avvenne un fatto assai importante per la vita delle comunità di Saint-Oyen: il conte Amedeo di Savoia emise delle lettere patenti indirizzate a Etroubles e Saint-Oyen (qui con il nome latino di Sancti Eugendi) in cui regolamentava la protezione dei boschi soprastanti gli abitati dei due paesi.

  19. In esse il conte spiegava il motivo che lo aveva spinto ad emetterle: alcune persone si erano lamentate di essere state perseguite da foresterii (cioè da guardie forestali) per aver tagliato alcune piante in una zona vietata e sostenevano anche di essersi visti sequestrare gli strumenti (scuri, ceste, ecc.) usati; lamentavano inoltre il fatto che tutto ciò (sequestro e sanzione) sarebbe stato abusivo perché avvenuto da parte di guardie istituite senza il permesso del conte, signore del luogo.

  20. Tuttavia il conte stesso, in queste lettere riconobbe il diritto consuetudinario degli abitanti delle due comunità di gestire in prima persona il bosco: quattro probiviri avrebbero provveduto a distribuire equamente tra i soli abitanti dei due luoghi il diritto di tagliare alcune piante per il loro fabbisogno costruttivo e per il riscaldamento domestico;

  21. si sarebbero stabilite zone vietate al taglio soprattutto nei pendii sovrastanti i centri abitati, soggetti a rischio di valanghe, e si sarebbero nominate guardie con il potere di comminare delle multe (ponere banna) e di sequestrare mezzi usati e piante tagliate. Questo fatto mette bene in evidenza come la vita comunitaria fosse già saggiamente regolamentata a quei tempi.

  22. Chateau-Verdun, a 1350 m. d’altitudine, era una ‘casa forte’, sita in mezzo al verde, a metà strada tra Aosta ed il valico del Gran San Bernardo, sia come sosta per i viandanti e per i muli, sia come cascina per il rifornimento dell’Ospizio stesso.

  23. Missione compiuta per nove secoli, cioè fino ai tempi moderni, nello spirito di ‘accoglienza’ che caratterizza i canonici del Gran San Bernardo.

  24. Chateau-Verdun, per rispondere ai bisogni di oggi, è dunque stato totalmente restaurato. Dal 1991 è diventato una Casa Accoglienza aperta a tutti nello spirito di San Bernardo; riceve tutti dal pellegrino solitario ai gruppi organizzati (parrocchie, disabili, famiglie numerose, ecc…)

  25. Canonici Regolari della Congregazione Ospedaliera del Gran San Bernardo

  26. La congregazione sorse a Martigny (oggi nel Canton Vallese) nell'XI secolo per gestire l'ospizio di Mont Joux (Monte Giove, l'attuale colle del Gran San Bernardo), restaurato da san Bernardo di Mentone († 1081).

  27. Un tempo ritenuto originario di Mentone sul lago di Annecy in Alta Savoia, Bernardo doveva essere in realtà nativo di Aosta dove fu canonico e Arcidiacono della Cattedrale.

  28. Testimone dei pericoli che riservavano i colli delle Alpi, egli fece costruire nel 962 sui valichi dei due più alti collegamenti montani gli ospizi del colle del Gran San Bernardo, tra la valle d'Aosta e il Vallese, e del colle del Piccolo San Bernardo, tra la valle d'Aosta e la Tarantasia. Questi ospizi venivano incontro ai bisogni dei viaggiatori e pellegrini che attraversavano le alpi; ricercavano i malcapitati che avessero smarrito la strada o che fossero dispersi nella neve.

  29. Installò nei due ospizi dei canonici regolari che seguivano la regola di sant'Agostino: è l'origine della congregazione ospedaliera dei Canonici del Gran san Bernardo. Questi generosi religiosi si fecero aiutare nelle loro ricerche da cani addestrati appositamente: i cani di san Bernardo, una razza di cani particolarmente ben adattata alla montagna.

  30. San Bernardo morì a Novara nel 1008 durante un viaggio e lì fu sepolto. Alcune delle sue ossa sono conservate nel Duomo di Novara all'interno di due reliquiari e di un busto del santo.

  31. Fino ai primi decenni del XX secolo, i canonici, nell'adempimento dei loro compiti, che comprendevano l'accoglienza, la guida e il soccorso dei viaggiatori che valicavano il colle, si avvalevano dell'ausilio di grossi cani (che fornivano anche una valida protezione contro i non infrequenti malintenzionati), dai quali si è evoluta la razza conosciuta come San Bernardo.

  32. Al 31 dicembre2005, l'ordine contava 3 case e 48 membri, 41 dei quali sacerdoti

  33. Dal 2012 a gestire l’accoglienza nella casa di “Chateau Verdun” nel comune di Saint-Oyen non saranno più i canonici del Gran San Bernardo che, per crisi di vocazioni e fragilità del propri confratelli più anziani, si trovano ad essere sempre meno e a non poter dare risposta ai diversi compiti, in questo caso di tipo gestionale. “Chateau Verdun” è una delle nove sedi sparse tra Italia, Svizzera (dove si trova il maggior numero di sedi) e Taiwan dove i canonici operano.

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