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LE SCRITTURE MANOSCRITTE: XIII – XVI secolo LE TAVOLE RIPORTATE E LE RELATIVE TRASCRIZIONI SONO STATE SCARICATE DAL SITO: http://www.let.unicas.it/links/didattica/palma/paldimat.html a cura di Marco Palma P. Stoppelli, Filologia della letteratura italiana , giovedì 13 ottobre 2011.
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LE SCRITTURE MANOSCRITTE: XIII – XVI secolo LE TAVOLE RIPORTATE E LE RELATIVE TRASCRIZIONI SONO STATE SCARICATE DAL SITO: http://www.let.unicas.it/links/didattica/palma/paldimat.html a cura di Marco Palma P. Stoppelli, Filologia della letteratura italiana, giovedì 13 ottobre 2011
LA CAROLINA, 1 Genève, Bibliothèque de Genève, lat. 37a, c. 18rLezionario-epistolario di San Gallo (Paolo apostolo, Seconda lettera ai Corinzi, 12, 1-6)s. X in., San Gallo, carolinaE-codices. Biblioteca virtuale dei manoscritti conservati in Svizzera,http://www.e-codices.unifr.ch/it/bge/lat0037a/18r/ … veniam autem ad visiones et revelationes D(omi)ni. Scio hominem in Chr(ist)o ante annos quatuordecim, sive in corpore nescio, sive extra corpus nescio, D(eu)s scit, raptum huiusmodi usq(ue) ad tertium c(a)elum. Et scio huiusmodi hominem, sive in corpore sive extra corpus nescio, D(eu)s scit, quo(niam) raptus e(st) in paradisum et audivit archana verba, qu(a)e non licet homini loqui. Pro huiusmodi gloriabor, pro me autem nihil gloriabor, nisi in infirmitatib(us) meis. Nam, et si voluero gloriari, non ero insipiens: veritatem enim dicam. Parco autem, ne quis me existimet supra id quod videt …
LA CAROLINA, 2 Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, Sess. 34, c. 116v Paolo, Epistola agli Ebreis. XI ex., Nonantola, carolinaMaria Gabriella Critelli, scheda in Lo splendore riconquistato. Nonantola nei secoli XI-XII. Rinascita e primato culturale del monastero dopo le distruzioni. Catalogo della mostra (Nonantola, Museo Benedettino Nonantolano e Diocesano d’Arte Sacra, 6 settembre – 30 novembre 2003), a cura di Maria Parente e Loretta Piccinini, Modena, Franco Cosimo Panini, 2003, pp. 45-48 nr. 5. Epistola Pauli. Multifariam et multis modis olim D(eu)s loquens patribus in p(ro)ph(et)is, novissimis diebus istis locutus est nobis in Filio, quem constituit heredem universorum, per quem fecit et s(a)ecula. Qui, cum sit splendor gl(oria)e et figura substanti(a)e ei(us), portansq(ue) omnia verbo virtutis su(a)e, purgatione(m) peccatorum faciens sedet ad dexteram maiestatis in excelsis, tanto melior angelis effectus, quanto differentius pr(a)e illis nomen hereditavit. Cui enim dixit aliquando angelorum: Filius m(eu)s es tu, ego hodie genui te. Et rursum: Ego ero illi in patre(m) et ipse erit michi in filium. Et cum iteru(m) introducit primogenitu(m) in orbem terr(a)e …
LA GOTICA, 1 Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Banco Rari 217 (già Palatino 418, ‘Canzoniere Palatino’), c. 23rPier delle Vigne, Menbrando ciò k’Amor; Giacomo da Lentini, Meravilliosamentes. XIII ex., probabilmente Pistoia, textualisI Canzonieri della lirica italiana delle origini, a cura di Lino Leonardi, III, Il Canzoniere Palatino ... Riproduzione fotografica, Firenze, SISMEL - Edizioni del Galluzzo, 2000 (Biblioteche e archivi, 6, 3), c. 23r; Teresa De Robertis, Descrizione e storia del Canzoniere Palatino, in I Canzonieri della lirica italiana delle origini, a cura di Lino Leonardi, IV, Studi critici, Firenze, SISMEL - Edizioni del Galluzzo, 2000 (Biblioteche e archivi, 6, 4), pp. 317-350. ... novella cançon prega, quella ke sença tença tuctor s’agença di gentil costume, for k’ella d’amar nega, ke in lei tegna valença e cognosce(n)ça più ke rena in fiume, ke dollia del mio lucto, ançi k’eo arda tucto u k’el suo amor mi (con)sumi de l’amoroso fructo, ançi k’eo sia distructo mi co(n)forti e alumi.Notaro Iacomo. Meravilliosamente un amor mi distri(n)ge e mi tene ad ogn’ora. Kom’on ke pone m(en)te in altro exemplo, pinge la simile pintura. Così, bella, fac’eo, k’enfra lo core meo porto la tua figura. In cor par k’eo vi porti, pinta come parete, e no(n) pare di fore. O Deo, ko’ mi par forte! No(n) so se lo sapete, con v’amo di bon core, k’eo son sì vergognoso, k’a pur vi guardo ascoso e no(n) vi mostro amo(r)e. Ave(n)do gran disio, dipinsi una pintura, bella, voi simiglante, e quando no(n) vi veo, guardo in quella figura: par k’eo v’agia davante, kome quello ke crede salvarsi p(er) sua fede, ancor no(n) vegia inante. S’eo guardo quando passo, in ver voi no mi giro, bella, p(er) risguardare. Andando, ad ogne passo gecto un gran sospiro e facemi angosciare. E certo ben cognosco k’a pena mi cognosco, tanto bella mi pare.
LA GOTICA, 2 Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Chigi L.VIII.296, c. 328rGiovanni Villani, Cronacas. XIV seconda metà, Italia, textualisLuigi Magnani, La cronaca figurata di Giovanni Villani. Ricerche sulla miniatura fiorentina del Trecento, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1936 (Codices e Vaticanis selecti quam simillime expressi, 24), passim Nel detto a(n)no del mese di giugno i Saracini di Mo(n)roccho (et) quelli di Granata, sente(n)do che il forte castello di Giubelcaro in Ispagna, che anticame(n)te fu loro, era male fornito di victualglia p(er) la carestia ch’era al paese (et) p(er) certo trattato, subitam(en)te con grande navilio (et) exercito di ge(n)ti a cavallo (et) a piè ve(n)nero p(er) mare (et) p(er) terra (et) quello i(n) pochi giorni p(er) tradime(n)to del castellano ebbono a patti, p(er) molti danari li diedono. Tutto fosse mal fornito, si potea tenere tanto che fosse soccorso. Come il re di Spagna il seppe, incontane(n)te v’andoe ad oste co(n) tutto suo podere (et) averebbelo riavuto (ria- apparentemente su rasura) assai tosto, perché ancora no(n) era ben fornito p(er) lo subito soccorso del re di Spagna. Seno(n)ché, come piacque a Dio, p(er) fortuna di mare il navilio del re di Spagna (segue una i espunta in funzione di riempitivo) partito da Sibilia col fornime(n)to dell’oste soprastette più giorni, onde l’oste de’ Cristiani ebbono gra(n)de soffranta di victualglia (et) p(er) necessità li conve(n)ne partire. (Et) se i Saracini di Granata l’avessero saputo, no(n) ne ca(m)pava huomo che no(n) fosse mo(r)to o preso. Et partita la detta oste tre dì apresso, vi giunse il detto navilio col fornim(en)to, ma il soccorso fue i(n)vano, (et) così aviene sovente de’ casi de la guerra, come dispone Iddio p(er) le peccata. …
LA GOTICA, 3 Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Naz. II. VI. 16, c. 53rEsposizione del Pater Noster (volgarizzamento di Zucchero Bencivenni)s. XIV secondo quarto, Firenze, textualisI manoscritti della letteratura italiana delle origini. Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, a cura di Sandro Bertelli, Firenze, SISMEL - Edizioni del Galluzzo, 2002 (Biblioteche e archivi, 11), pp. 101-102 nr. 30, tav. XXXVIII La terça co(n)dizione che dee ess(er)e in limosina si è che ll’uomo dee donare largamente, seco(n)damente k’elli a. Onde il savio disse: ‘Dona a Ddio seco(n)dam(en)te ch’elli t’a donato’. Et Tobia disse al suo filliuolo: ‘Secondo tuo podere sie mis(er)icordioso et pietoso et dà largamente se assai ti senti, et se non, fa’ chome puoi, lietamente. Onde ciascuno de’ donare secondo suo stato et secondamente (segue una i espunta in funzione di riempitivo) che Dio gli a donato. Onde si legge di uno re ch’ebbe (segue probabilmente nome, inserito in alto, prima della parola successiva) Temistodes, che un povero li domandò un bisanto. El re rispuose (segue una i espunta in funzione di riempitivo) ke troppo era gran dono a sì povero huomo com’elli era. Et elli li doma(n)dò un danaio et q(ue)lli rispuose che sì piccolo dono non si ap(ar)tenea a llui. Certo il re captivame(n)te si disdisse che elli li potea donare il bisa(n)to, sì come el denaio, sì come a povero. Ma il cortese Alexandro donò una città a un suo s(er)gente, et qua(n)do elli la volle rifiutare p(er)ciò che troppo grande dono li sembrava a pprendere, ‘Io non guardo niente ad q(ue)llo
LA CANCELLERESCA, 1 Catania, Biblioteca Regionale Universitaria, Vent. Arm. 1. 82, c. 1rGiovanni Boccaccio, Corbaccio1442, Nissa, cancellerescaI manoscritti datati della Sicilia, a cura di Maria Maddalena Milazzo, Marco Palma, Giuseppina Sinagra, Stefano Zamponi, SISMEL - Edizioni del Galluzzo, 2003 (Manoscritti datati d’Italia, 8), p. 77 nr. 4, tav. 15(trascrizione a cura di Gaia Elisabetta Unfer Verre) Qui comi(n)cia il libro chiamato Corbaccio, fatto (et) (com)pilato p(er) miss(er) Iovan(n)i Boccaccio da Flore(n)za.Qualunque p(er)sona, taciendo, i beneficii ricevuti naschonde sanza di ciò havere ragione (con)venevole, secu(n)do el mio iudiccio assae manifestame<n>te dimostra sé ess(er)e ingrato (et) mal cognossienti di quelli. O chosa iniqua (et) a Dio dispiacievole (-aci- corretto su altre lettere) (et) gravissima ai disscreti huo(min)i, il chui malvagio fuocho il fonte seccha della pietà! Del quale, acciò ch(e) niuno me possa meritame(n)te riprendere, intendo di dimostrare nel volume tr(a)ttato seque(n)te una speciale gracia, no(n) p(er) mio merito, ma p(er) sola begnignità di colley ch(e) inpetrandola da colluy ch(e) vuole quello ch(e) ella medesma, nouvame(n)te me fo (con)ceduta. La quale chosa facendo, no(n) solame(n)te parte del mio dovere paghie, ma sanza niuno dubbio potrò a molti lettori de quella fare utilità. Et acciò ch(e) questo ne segua, devotame(n)te p(re)gho cholluy da quale quello ch(e) debbo dire (et) ogn’alt(r)o bene p(ro)cedette (et) p(ro)ciede, et ch(e) de tutto, come p(er) efetto (e- aggiunta nell’interlinea) se vede, è larghissimo donatore, che alla p(rese)nte op(er)a la sua lucie sifattame(n)te illumine il mio intelletto, ch(e) la mano scrivente regha (-h- corretta su -a-), ch(e) p(er) me quello si sc(r)iva ch(e) honore (et) gl(or)ia sya del suo s(an)c(t)issimo nome, et utilità e (con)solacio(n)e dell’anime di coloro i quali p(er) have(n)tura ciò legera(n)no, (et) altro no. Explicit p(ro)logus
LA CANCELLERESCA, 2 Firenze, Biblioteca Riccardiana 1012, c. 49r Dante Alighieri, Commedia, Par. I, 1-96s. XIV metà, area fiorentina, cancelleresca Marisa Boschi Rotiroti, Codicologia trecentesca della Commedia. Entro e oltre l’antica vulgata, Roma, Viella, 2004 (Scritture e libri del medioevo, 2), pp. 128 nr. 149, 242 tav. 74 Incipit primus cantus tertie cantice Comedie excellentissimi poete Dantis Alagherii Florentini. La gloria di colui che tutto moveper l’universo penetra et risplende in una parte più et meno altrove. Nel ciel che più de la sua luce prendefu’ io, et vidi cose che ridirené sa né può qual di là su discende, perc’apressando sé al su’ disiren(ost)ro intellecto si profonda tantoche dietro la memoria non pò ire. Veramente quant’io del regno santone la mia mente pote’ far tesoro,sarà ora materia del mi’ canto. O buon Apollo, a l’ultimo lavorofammi del tu’ valor sì facto vaso,come dimandi a dar l’amato alloro. Infin a qui l’un giogo di Parnasoassai mi fu, ma or con amboduem’è opo intrar ne l’aringo rimaso. Entra nel pecto mio et spira tue,sì come quando Marsia traestide la vagina de le membra sue.
LA MERCANTESCA, 1 Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conventi soppressi da ordinare, Badia 30, c. 1rStoria di Fioravante1464, area fiorentina, mercantesca (copista Miniato di Banco)I manoscritti datati del fondo Conventi soppressi della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, a cura di Simona Bianchi e altri, Firenze, SISMEL - Edizioni del Galluzzo, 2002 (Manoscritti datati d’Italia, 5), p. 116 nr. 138, tav. XCIII(trascrizione a cura di Laura Albiero) Al nome sia di Dio e della sua madre vergine Maria e del beato mess(er) santo Giovanni Batista evangielista e di tutta la santa chorte del Paradiso inchominciareno da quinci inazi a scrivere tutta la storia di Fioravante, il quale si ffu figliuolo del re di Francia e ffu chiamato lo re Fiore. <I>n Roma fue uno inperadore ch’ebbe nome Ghostantino e aveva un suo nipote ch’aveva nome Fiore e venne a parole cho’ llui, tanto che lo chacciò di Roma e diegli bando di tutto il suo distretto p(er)ché aveva morto un chavaliere. E quando Fiore ven(n)e a partirsi si ttolse a lo ’nperadore uno suo buono chavallo e una buona ispada e lle sue arme molte buone e armossi e montò a chavallo. E un suo nipote gli fecie co(m)pangnia, il quale aveva nome Salino. E ttanto chavalcharono che giunsono in Francia, in una terra che ssi chiamava Proino. E stando Fiore in Proino vene un tenpo che ttolse per moglie una bella don(n)a ch’era saraina e ffeciesi chri(sti)ana. E ffu sirochia dello re Balante e dello re Fire(n)ze e dello re Baluchante e dello re Challerano e dello re Chorsuvero. Ed ella uccise Chorsurvero colle sue mani e ttosegli tutte le sue armi e quando ella chavalchava andava a modo di re. E aveva nome Brandina la bella, e stando Fiore cho llei venne una notte ch’egli la ’ngravidò in due fanciulli maschi. E Ffiore avenne un tenpo che fecie rachunare tutta la sua giente e ssi fecie di suo isforzo ben cientomila chavalieri. <O>ra dicie lo chonto che Fiore sì ssi mosse con tutta la sua giente e chavalchò tanto che giunse alla città di Parigi e puosevi l’assedio dintorno, e dentro v’era lo re Firenze. Quando lo re vidde tanta giente, inmantanente salì a chavallo co’ la sua giente e ssi uscì fuori di Parigi. E Fiore qua(n)<…>
LA MERCANTESCA, 2 Firenze, Biblioteca Riccardiana 1028, c. 3rPs. Boccaccio, Chiose sopra la Commedia1458, Firenze, mercantescaI manoscritti datati della Biblioteca Riccardiana di Firenze. II. Mss. 1001-1400, a cura di Teresa De Robertis e Rosanna Miriello, Firenze, SISMEL - Edizioni del Galluzzo, 1999 (Manoscritti datati d’Italia, 3), p. 7 nr. 8, tav. LIV(trascrizione a cura di Laura Albiero) Incominciano le chiose (-o- aggiunta al di sopra della linea) di Dante, e prima sopra il primo libro chiamato Inferno. Nel meçço del camino di nostra vitami ritrovai p(er) una selva iscura,ché lla diritta via ave smar(r)ita. Divide questo chapitolo il nostro altore Dante, o vogliamo dire libro, in tre parti, cioè Inferno, Purghatoro e Paradiso. E poi divide il chapitolo primo i(n) q(u)atro parti gienerali. Nella prima dicie che quando cominciò questo libro egli si trovasse in visione: q(uest)o fatto effù negli anni del nostro Signiore MCCC. E pone ch’egli il chominciasse nel meçço del tempo di nostra vita, cioè ch’egli avea anni XXXIII. E pruovasi p(er) li più che questo sia il mezzo del tempo nostro. Nella seco(n)da parte fingie che a llui vennono tre bestie, essendo egli in questa dispositione. La p(r)ima fu la leonza: p(er) questa dei intendere la luxuria. La seco(n)da i’ leone: p(er) questa dei intendere la sup(er)bia. La terça, la lupa: p(er) questa dei intendere l’avarizia. Questi tre vitii pone che llo inpedivano (et) toglievogli molto tempo, e che in ciò era stato assai vizioso p(er) gli tempi passati. Nella terça parte fingie che gli apparve Virgilio, cioè le sue belle e altentiche ragione del suo libro, il quale egli istudiava e co(n)fortavalo a sseghuire questa op(er)a. Nella quarta parte fingie chome V(ir)gilio gli dà co(n)forto a sseghuire sì bella opera, chome fu questa d’Inferno, Purghatoro e Paradixo. Ma ppoi ch’i’ fu’ a ppiè d’un chollo gunto,là dove terminava quella valleche m’ave di paura il chor consunto …
L’UMANISTICA, 1 Firenze; Biblioteca Medicea Laurenziana, Redi 54, c. 2rCarlo Alberti, Ephebia1432, Venezia, umanistica tonda (mano di Domenico di Niccolò Pollini)I manoscritti datati del fondo Acquisti e doni e dei fondi minori della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, a cura di Lisa Fratini e Stefano Zamponi, Firenze, SISMEL – Edizioni del Galluzzo, 2004 (Manoscritti datati d’Italia, 12), p. 69 nr. 77, tav. 22 Karolus Albertus Francisco Alberto salutem.Quantunche io conosca le tue occupationi col So(m)mo Pontefice e con gl’altri religiosissimi prelati et signori essere tante e sì assidue che rade volte t’achade otio a dare opera alli studii delle lectere, pure diliberai mandarti questa mia operetta la quale chiamo Ephebia sì p(er)ché è fructo delli exercitii miei iuvenili, sì etiam p(er)ché sono quistioncelle atte puerilibus ludis (segue una i depennata come riempitivo).Né dubito p(er)ché siano chose poco degne al tuo iudicio modestissimo e prudentissimo doverti però dispiacere queste mie iuvenili chose, nelle quali comprenda che io ho desiderato exercitandomi in simili piacevoleze satisfare alli otii miei molto più che al iudicio de’ lecteratissimi, ai quali si richiede exercitata eloquentia e più profondo chonoscimento di doctrina che la mia. Adunque diliberai mandarti queste n(ost)re Ephebie dispu<…>
Firenze, Bibl. Medicea-Laurenziana, ms. Redi 129 – Machiavelli, Mandragola