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GLOTTODIDATTICA. Dr. Marco Caria A. A. 2018-2019. Programma sintetico del corso.
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GLOTTODIDATTICA Dr. Marco Caria A. A. 2018-2019
Programma sintetico del corso L’obiettivo del corso è fornire agli studenti adeguate conoscenze della disciplina in oggetto, indagando inizialmente quelle che sono le origini storiche e il quadro epistemologico della glottodidattica. Data la profonda interdisciplinarità che caratterizza la materia, saranno presi in esame anche elementi di linguistica generale e applicata, ritenuti propedeutici. Specifica attenzione sarà dedicata agli aspetti dell’apprendimento e dell’insegnamento della L1 e della L2, con approfondimenti sulla linguistica educativa, sul bilinguismo e sulla correlazione lingua-cultura. Inoltre poiché l’oggetto della glottodidattica è l’apprendente, lo studente acquisirà conoscenze in merito alle teorie e alle metodologie didattiche delle lingue. Dal punto di vista delle abilità si acquisiranno le conoscenze necessarie per fare i collegamenti fra teoria e pratica didattica, ad esempio sapendo accertare le competenze, progettare curricoli, sillabi, unità didattiche, anche in virtù delle indicazioni fornite dal Quadro Comune Europeo di Riferimento. Inoltre saranno forniti elementi di didattica di italiano come L2 e, dato la forte variegatura del patrimonio linguistico italiano, saranno analizzate anche le lingue minoritarie che costellano il nostro Paese.
Testi e materiale di riferimento Chini M., Bosisio C. 2014 Fondamenti di glottodidattica, Carocci, Roma. Toso F. a.a. 2018-2019 Corso di linguistica generale e plurilinguismo in Sardegna, dispense disponibili online. Articoli e slides messi a disposizione dal docente durante lo svolgimento delle lezioni. Modalità di esame: orale Mail: caria.mar@tiscali.it
Lezione 1. Origine della glottodidattica • Bloomfield: è considerato il fondatore della glottodidattica. Nel suo saggioOutline guide for the practicalstudy of foreignlanguages(1942) definisce l’apprendimento di una L2 come un «iperapprendimento» fatto di pratica ed esercizio. Il ruolo dell’insegnante è marginale rispetto a quello del linguista teorico. • La teoria di Bloomfield è in aperto contrasto con la didattica delle lingue straniere fino allora applicata, che prevede una metodologia basata sulla grammatica-traduzione e sullo studio mnemonico di regole ed eccezioni (quindi abbastanza sterile), basata essenzialmente sull’apprendimento del latino (lingua di prestigio). • In particolare Bloomfield insiste sulla vitalità della lingua, dando risalto alla sua oralità e alla sua forza comunicativa , strettamente correlati a due elementi fondanti della glottodidattica come disciplina: la FONETICA e la PSICOLOGIA DEL COMPORTAMENTO, segnando la stagione cosiddetta della Riforma.
La Fonetica • Alla fine del XIX secolo si assiste all’azione parallela di alcuni importanti fonetisti-insegnanti (non universitari): Paul Passy, fondatore dell’ Associazione Fonetica Internazionale e l’AbbéRousselot, padre della fonetica sperimentale per la scuola francese e Alexander Melville Bell per la scuola inglese. • Passy descrive la fonetica antecedente al 1886 come una materia del tutto sconosciuta anche alla maggior parte dei linguisti. Fra i suoi meriti c’è quello di contribuire alla creazione dell’Alfabeto Fonetico Internazionale. • Rousselot riesce a superare la concezione dei fonetisti classici (fra cui Sweet, Sievers, ecc.) per i quali il mezzo euristico della fonetica era costituito solo dai sensi e fa diventare la disciplina pienamente sperimentale, con le tecniche scientifiche di registrazione e trascrizione dei suoni della lingua parlata. • Il fisiologo fonetista Bell realizzò il Visible Speech: un sistema studiato per migliorare la pronuncia dei sordi, basato su simboli fonetici che rappresentano la posizione degli organi fonatori nell’articolazione dei suoni.
La Psicologia È innegabile che la lingua è comportamento, e che è viva. Fra i precursori della glottodidattica a base psicologico-linguistica si ricordano François Gouin, Maximilian Berlitz, Henry Sweet, Otto Jespersen e Harold Palmer. • A François Gouin si deve l’invenzione del «metodo delle serie». Per serie si intende una ventina di frasi da memorizzare su un tema prima generale e poi particolare. Si costruisce quindi un linguaggio prima oggettivo che ruota intorno a cinque serie principali (casa, uomo nella società, vita nella natura, la scienza, le professioni)e poi , con l’aggiunta di espressioni di commento del parlante, soggettivo. Un terzo obiettivo però è quello di creare anche un linguaggio che sia figurato., fatto di analogie. La grammatica del metodo di Gouin è basata su tre elementi: il verbo che funge da perno della proposizione, la modalità che permette di cogliere le infinite sfumature di significato e la funzione, cioè la capacità che le parole hanno di correlarsi fra loro indipendentemente dal loro ruolo. Es. Serie Principale: Natura – Linguaggio oggettivo: sradicare / albero – Linguaggio soggettivo: Non credo sia facile sradicare l’albero – Linguaggio figurato (secondario): non credo sia facile sradicare il vizio.
Una serie di Gouin 1° serie: vocabolo: porta; verbi: camminare, avvicinarsi; fermarsi Cammino verso la porta mi avvicino alla porta mi avvicino ancora di più alla porta arrivo alla porta mi fermo presso la porta 2° serie: vocaboli: braccio, maniglia, porta (già appreso); verbi: stendere, afferrare, girare, aprire, spingere Stendo il braccio afferro la maniglia giro la maniglia apro la porta spingo la porta 3° serie: vocaboli: porta (già appreso), cardini; verbi: muoversi, girare (già appreso) La porta si muove la porta gira sui cardini
Il metodo Berlitz • Maximilian Berlitz ha inventato il suo metodo per ’’necessità’’. Nel 1878 decide di aprire una scuola di lingue e per l’insegnamento del francese seleziona come assistente Nicholas Loly, che però non parla inglese. Come rapida soluzione, Berlitz spiega a Loly come svolgere le lezioni: indicare un oggetto pronunciandone il nome in francese, mimare i verbi nel modo più chiaro possibile e far ripetere agli studenti quanto appreso. • Lo scopo del metodo Berlitz era (ed è) far apprendere una lingua straniera nel modo più naturale possibile, tramite ascolto, ripetizione e conversazione, esattamente come avviene nelle fasi di apprendimento della propria lingua madre.
Henry Sweet • Il filologo inglese Sweet elabora un metodo progressivo di insegnamento delle lingue, nel quale alterna in maniera cristallizzata principigenerali e principi particolari. • Frai principi generali si citano fra gli altri la parziale razionalità e irrazionalità di una lingua (ad es. in inglese I do notmind è irrazionale); l’attitudine naturale; ecc. • Per quanto riguarda i principi particolari si individuano i momenti legati alla memoria, all’attenzione e all’interesse. Inoltre si deve tener conto del fatto che l’unità minima di una lingua è una frase e non una parola, e che la sintassi è più importante della morfologia. • Le fasi del metodo progressivo si succedono nel tempo e sono: • Momento meccanico fase fonetica abitudini fonetiche • Momento grammaticale fase grammaticale frasi corrette e moltiplicabili • Momento idiomatico/lessicale fase lessicale ampliamento del lessico • Momento letterario I fase letteraria testi letterari del presente • Momento arcaico II fase letteraria testi letterari del passato
Otto Jespersen • Il linguista danese Jespersen rispecchia nelle sue teorie sull’insegnamento linguistico i principi generali e principi speciali. Fra i primi emerge il concetto di comunicazione: la lingua è viva e deve essere insegnata nel modo più attinente possibile alla realtà comunicativa. • L’azione didattica deve muoversi intorno a questo concetto di comunicazione, e pertanto vengono delineati alcuni principi speciali: • Contatto diretto e prolungato con la lingua (oralità) • 2) Varietà degli esercizi per far percepire la lingua come mutevole, viva • 3) Grammatica inventiva: c’è una duplice interpretazione sul termine «inventiva». Da una parte si può intendere come sinonimo di creativa (e quindi opposta a routinaria), mentre un altro punto di vista lo interpreta come equivalente di «scoperta», e quindi come nuova e stimolante perché sconosciuta.
Harold Palmer • Per Palmer l’azione didattica passa attraverso il principio generale della ripetizione, che serve a creare abitudini linguistiche in maniera graduale e legate , nell’ordine, alle quattro abilità di capire, parlare, leggere e scrivere. • I principi speciali invece sono: • 1) La segregazione, che permette di isolare un fatto linguistico e di ragionarci sopra; • 2) Il periodo di incubazione, che permetta di apprendere una L2 esattamente come la lingua materna, e quindi per assimiliazione; • 3) I modi di semantizzare, chiamati da Palmer anche modi di «portare significato» e che sono identificati in quattro momenti: il procedimento ostensivo, la traduzione, la definizione e il contesto. • Palmer raccomanda infine di non considerare mai la parola, ma la frase come unità minima di senso.
La Glottodidattica in Italia • In Italia la glottodidattica diventa «educazione linguistica» con l’istituzione anche dal punto di vista legislativo dell’insegnamento delle lingue straniere e della scuola media unificata. • Nel 1970 Giovanni Freddi, titolare della prima cattedra di Didattica delle lingue straniere a Venezia, scrive un volume prodotto sulla falsariga del tradizionale triangolo didattico con i vertici rappresentati da Allievo, Insegnante e Lingua che racchiudono i sedici capitoli del libro, da cui si stagliano due macro-argomenti: Lingua e civiltà e Sussidi. • L’educazione linguistica è intesa come un continuum fra insegnamento e apprendimento di lingua materna, L2, lingue straniere, lingue classiche, lingue etniche . Per questo aspetto nel nostro paese l’attenzione alle lingue straniere e alla lingua materna si concretizza con la pubblicazione ad opera del GISCEL (Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica) delle Dieci tesi per un’educazione linguistica e democratica nel 1975.
Metodologia e didattica delle lingue straniere (Freddi, 1970) ALLIEVO 2. L’allievo 3. Il messaggio 6. Lo strutturalismo e la ricerca linguistica 7. Lo strutturalismo e la grammatica 9. Le quattro abilità linguistiche e i loro problemi 10. Gli esercizi strutturali. 11. Dalla lingua orale alla lingua scritta. 1. Pedagogia, metodologia e didattica delle lingue. 4. L’insegnante. 5. L’unità didattica come modello operativo. 8. Lingua e Civiltà LINGUA INSEGNANTE Sussidi 12. Gli audiovisivi. 13. Esame critico dei sussidi tradizionali. 14. Dalla lanterna magica alla televisione. 15. Il magnetofono. 16. Il laboratorio linguistico.
Le Dieci tesi per un’educazione linguistica democratica La centralità del linguaggio verbale Il suo radicamento nella vita biologica, emozionale, intellettuale, sociale Pluralità e complessità delle capacità linguistiche I diritti linguistici nella Costituzione Caratteri della pedagogia linguistica tradizionale Inefficacia della pedagogia linguistica tradizionale Limiti della pedagogia linguistica tradizionale Principi dell’educazione linguistica democratica Per un nuovo curriculum per gli insegnanti Conclusione
La centralità del linguaggio verbale Il linguaggio verbale e di fondamentale importanza poiché, attraverso la padronanza ricettiva e produttiva, ci consente di: • Intendere e farci intendere (usi comunicativi) • Ordinare ed analizzare l’esperienza (usi euristici e cognitivi) • Intervenire sull’esperienza stessa (usi emotivi e argomentativi) Il linguaggio verbale è una delle forme assunte dalla capacità di comunicare (capacità simbolica fondamentale o semiologia –[in linguistica la semiologia era la disciplina che studia i segni]) negli esseri umani ed intrattiene stretti rapporti con le altre capacità espressive e simboliche.
2) Radicamento del linguaggio verbale nella vita biologica, emozionale, intellettuale, sociale Lo sviluppo delle capacità linguistiche è intrinseco dello sviluppo di tutto l’essere umano; nella crescita psicomotoria, nella socializzazione, negli interessi culturali e nella vita della comunità. È giusto affermare che lo sviluppo delle capacità linguistiche dipende a sua volta dallo sviluppo organico, ed è influenzato dai rapporti con la società del bambino e da una buona alimentazione. Bertolt Brecht dichiarò “ Prima la bistecca e la frutta, e dopo Saussure e le tecnologie educative”
3) Pluralità e complessità delle capacità linguistiche • Il linguaggio verbale è fatto di molteplici capacità ed esse sono divise tra percepibili • e meno percepibili. • Le capacità percepibili sono: • capacità di conversare • capacità di interrogare e rispondere esplicitamente • Capacità di produrre parole e frasi in maniera appropriata, sia in forma orale sia scritta • Capacità di leggere ad alta voce • Capacità di recitare a memoria • Le capacità meno percepibili sono: • Dare un senso alle frasi lette e udite • Analizzare interiormente a parole le varie situazioni • Ampliare il patrimonio linguistico acquisito con parole o frasi nuove
4) Diritti linguistici nella costituzione • Una pedagogia linguistica efficace deve badare a : rapporto tra lo sviluppo dell’insieme delle capacità linguistiche (vedi tesi 3) e sviluppo dell’intero individuo (vedi tesi 2) a causa dell’importanza del L.V. (tesi 1). • Essa è democratica se realizza principi esposti in testi quali l’articolo 3 della costituzione italiana: eguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di lingua, dove il raggiungimento dell’eguaglianza è il traguardo della repubblica. Giuridicamente per repubblica si intende “ insieme degli organi centrali, periferici, legislativi, esecutivi ed amministrativi dello stato e degli enti pubblici” tra essi rientra la scuola. • La scuola per costituzione deve perseguire i compiti di un’educazione linguistica efficacemente democratica ma non può essere sola in questo compito; anche se la scuola ha il maggior potenziale culturale (e quindi andrebbero concentrati su essa gli sforzi per avviare un diverso programma di sviluppo delle capacità linguistiche individuali) si necessita uno sforzo coordinato di tutte le istituzioni che attivano la vita culturale di massa per la piena attivazione delle capacità verbali.
5) Caratteri della pedagogia linguistica tradizionale • La pedagogia linguistica tradizionale è rimasta tuttavia sotto questi traguardi, restando indietro persino agli inadeguati programmi ministeriali. • I principali sforzi della pedagogia linguistica tradizionale sono volti a: • apprendimento per i più dotati delle norme dell’ortografia italiana, • produzione scritta scarsamente motivata (temi e pensierini), • analisi grammaticale, analisi logica etc. con interventi correttivi, spesso privi di coerenza, volti a reprimere le deviazioni ortografiche, di sintassi, di stile e vocabolario.
6) Inefficacia della pedagogia linguistica tradizionale Si critica fermamente l’inefficacia della pedagogia linguistica tradizionale. Dal 1859 esiste in Italia la legge sull’istruzione obbligatoria e da allora la pedagogia linguistica tradizionale ha fallito nell’insegnare l’ortografia. Nonostante l’ossessione per gli sbagli ortografici che comincia nella prima elementare un italiano su tre è in condizioni di semianalfabetismo, e la produzione scritta, gli articoli dei quotidiani sono scritti in maniera poco chiara e comprensibile non per scopi politici ma a causa della pedagogia linguistica tradizionale. In conclusione la pedagogia linguistica tradizionale non persegue neanche gli obbiettivi fondamentali che si pone e pertanto è inefficace
7) Limiti della pedagogia linguistica tradizionale (1) La pedagogia linguistica tradizionale non pecca solo per inefficacia ma anche per parzialità dei suoi scopi. In commisurazione con le tesi precedenti si osserva: A) La pedagogia linguistica tradizionale pretende di lavorare nell’ora di italiano, essa ignora la centralità del linguaggio verbale (tesi 1) e la conseguente necessità di coinvolgere tutte le materie nello sviluppo delle capacità linguistiche. La pedagogia linguistica tradizionale bada solo alle capacità produttive ignorando quelle ricettive, che sono quelle che fanno funzionare le capacità produttive (prima di usare una parola dobbiamo leggerla e comprenderne il significato)! Inoltre il bambino verifica la bontà della ricezione col collaudo (prova varie volte una parola prima di capire qual è la giusta pronuncia), vi sono insegnanti che puniscono questi tentativi classificandoli come errori. B) La capacità di produzione orale è messa in esame solo nel tragico momento dell’interrogazione, quando l’attenzione è data solo al contenuto della risposta o alle possibilità di mascherare ciò che non si sa. Quindi la pedagogia linguistica tradizionale non tiene conto delle altre capacità enumerate nella tesi 3.
7) Limiti della pedagogia linguistica tradizionale (2) C) Nella produzione scritta la pedagogia linguistica tradizionale tiene conto della capacità, quasi mai necessaria, di trattare a lungo su un argomento senza dare importanza alle capacità di sintesi, di schematizzazione e allo saper scegliere le caratteristiche necessarie di un testo in base alle esigenze del contesto e del destinatario. D) La pedagogia linguistica tradizionale dà fiducia alla necessità di insegnare analisi logica, grammaticale, ai paradigmi a memoria e alle regole sintattiche. Sono state mosse varie critiche in accordo tra gli studiosi: Parzialità dell’insegnamento grammatico tradizionale: la riflessione sui fatti linguistici deve tener conto anche del mutamento linguistico (storia della lingua) della relazione tra tale mutamento e le vicende storico sociali (storia linguistica), della sociologia del linguaggio, della psicologia del linguaggio e della semantica. b) Inutilità dell’insegnamento grammaticale tradizionale rispetto ai fini primari e fondamentali dell’educazione linguistica: pensare che lo studio riflesso di una regola grammaticale ne agevoli il rispetto è come pensare che chi conosce l’anatomia delle gambe corra più svelto.
7) Limiti della pedagogia linguistica tradizionale (3) c) Nocività dell’insegnamento tradizionale: le grammatiche tradizionali sono antiquate e in italiano in particolare non abbiamo un grande e civile dizionario storico della lingua (come l’Oxford inglese o il Grimm tedesco) così come non abbiamo un serio repertorio dei fenomeni linguistici dell’italiano e dei dialetti. Difatti ci vorrà molto tempo per giungere a una grammatica italiana adeguata e ciò che apprendono gli alunni è inadeguato. d) La pedagogia linguistica tradizionale trascura la realtà dialettale di partenza degli allievi. La legge del 1955 sull’adozione di testi unici su tutto il territorio nazionale porta alla violazione della tutela della diversità linguistica e la pedagogia linguistica tradizionale trasforma in condizione di svantaggio, reprime e ostacola il patrimonio dialettale, culturale e sociale che caratterizza la popolazione italiana. e) La pedagogia linguistica tradizionale ignora la tesi 1, il rapporto tra le capacità verbali e le altre espressive/simboliche. Per es. è ignorato che parte degli errori ortografici dipendono dalla scarsa maturazione delle capacità di coordinamento spaziale.
8) Principi dell’educazione linguistica democratica (1) Si articola in dieci principi su cui basare l’educazione linguistica nella scuola nuova che nasce. Essi sono: Sviluppo delle capacità verbali va promosso in rapporto con lo sviluppo dell’individuo (tesi 1) B) Sviluppo ed esercizio delle capacità linguistiche proposti come strumenti per la partecipazione alla vita sociale. C) Va preso in considerazione il dialetto, la cultura e la società d’appartenenza dell’allievo D) La diversità culturale va presa come spunto per scoprire com’è diversificata la nostra società E) Sviluppare capacità produttive e anche quelle ricettive
8) Principi dell’educazione linguistica democratica (2) F) Nelle capacità produttive e ricettive va sviluppato sia l’aspetto scritto che orale G) Bisogna curare , nelle capacità ricettive/produttive e orali/scritte, la capacità di adattamento del registro alla situazione (si deve saper passare da colloquiale a formale) Per realizzare il punto g è necessario addestrare all’uso di linguaggi istituzionalizzati (linguaggio giuridico, poetico, etc.) I) Curare la capacità, inerente al linguaggio verbale, di autodefinirsi e analizzarsi. J) Sviluppare il senso di funzionalità delle varie forme linguistiche; ovvero passare dal “questo si fa; il resto è errore” al “puoi dire così e così ottenendo questi risultati in queste situazioni”
9) Nuovo curriculum per gli insegnanti Una prospettiva futura e ottimale prevede la formazione di insegnanti attraverso un curriculum universitario e post universitario adatto alle esigenze di una società democratica. Il superamento delle problematiche rappresentate dalla pedagogia linguistica tradizionale è possibile integrando nella formazione complessiva degli insegnanti competenze sul linguaggio e le lingue (di ordine teorico, sociologico, psicologico e storico) e competenze sui processi educativi e le tecniche didattiche. L’obiettivo ultimo, per questa parte, è quello di dare agli insegnanti una consapevolezza critica e creativa delle esigenze che la vita scolastica pone e degli strumenti con cui a esse rispondere.
10) Conclusione Queste analisi acquistano senso solo se maturate in rapporto a forze sociali interessate a gestire la scuola secondo obbiettivi democratici. Lo stesso salto di qualità richiesto agli insegnanti è impossibile senza la formazione di adeguati centri di formazione linguistica locali e regionali. Siamo dunque di fronte ad un problema amministrativo, civile e politico. È necessario dunque un cambiamento più grande per modificare il sistema d’istruzione. Ci si imbatte nella necessità di rivedere gli interventi (anche economici) che lo Stato e la Scuola riservano alla questione dell’educazione linguistica e alla vita sociale in generale. Non a caso quando si parla di corretta educazione linguistica, si verifica l’esattezza della tesi di Gramsci: «Ogni volta che affiora in un modo o nell’altro la questione della lingua, significa che si sta imponendo una serie di altri problemi, la necessità di stabilire rapporti più intimi e sicuri tra i gruppi dirigenti e la massa popolare nazionale». Perciò queste analisi e proposte acquistano senso soltanto se maturate in rapporto a forze sociali interessate a gestire la scuola secondo obiettivi democratici, a «riorganizzare l’egemonia», a «stabilire rapporti più intimi e sicuri tra gruppi dirigenti e massa»
La via italiana alla glottodidattica (1) • Il termine «glottodidattica» fece la sua prima apparizione nel 1966 quasi contemporaneamente in Italia (si veda il volume di R. Titone I fondamenti scientifici della Glottodidattica) e in Polonia (Glottodidactica è anche il titolo di una rivista scientifica di settore). • In altri paesi europei e non il termine glottodidattica non è impiegato come in Italia, ma in linea di massima si preferisce una dicitura che rimandi in maniera diretta a quello che in realtà è solo un aspetto della disciplina: l’insegnamento di una lingua (Language teaching; enseignementdeslangues; ecc.). • Inizialmente anche in Italia quando si parlava di insegnamento delle lingue straniere si preferiva definire la disciplina con i termini «didattica delle lingue straniere» o «didattica delle lingue moderne», mentre «glottodidattica» era l’insegnamento dell’italiano come lingua materna o L2. In seguito la glottodidattica fu anche definita «metodologia dell’educazione linguistica» • Perché…
La via italiana alla glottodidattica (2) • Ci si è resi conto che identificare la glottodidattica con le diciture «didattica delle lingue STRANIERE» o «didattica delle lingue MODERNE» significa compiere una riduzione e una sorta di ipersemplificazione discriminatoria per i seguenti motivi: • La lingua può innanzitutto essere MATERNA e non necessariamente è la lingua nazionale. È la lingua appresa in famiglia, e può coincidere anche con un dialetto locale. • La lingua può essere materna e/o ETNICA e/o MINORITARIA. Nelle isole linguistiche ad esempio al dialetto si sostituisce una lingua ufficialmente riconosciuta e usata in altri paesi (catalano, albanese, greco, ecc.). l Nelle penisole linguistiche italiane la lingua minoritaria gode di status particolari. • La lingua è detta STRANIERA quando non è presente nel territorio in cui viene appresa o insegnata, ad esempio l’inglese in Italia. • La lingua diventa SECONDA quando la si apprende in un altro paese di cui è la lingua nazionale o quando è compresente nello stesso territorio (ad es. il tedesco in Alto Adige è lingua seconda per il gruppo italofono e viceversa, nonostante il territorio sia amministrativamente italiano).
La via italiana alla glottodidattica (3) • 5) Da tempo si tende ad usare sempre più frequentemente la dicitura COMUNITARIA per una lingua di un paese dell’Unione Europea, quasi a voler significare che i paesi della Comunità Europea non sono più, o sono sempre meno, stranieri. • 6) Non è difficile riscontrare la definizione di LINGUE DI GRANDE DIFFUSIONE per distinguere gli idiomi maggiormente parlati nel mondo dagli altri. Questi sono cinese (848 milioni); inglese (500 milioni); spagnolo (450 milioni); arabo (237 milioni); ecc. • 7) ci sono infine le lingue CLASSICHE cioè il latino e il greco, che ancora permeano il sistema educativo italiano rivestendo un ruolo di particolare prestigio. • Due piccoli appunti: • È importante distinguere in maniera corretta fra lingua STRANIERA e lingua SECONDA perché l’ambiente incide sulla motivazione all’apprendimento, sulle occasioni di esercitare la lingua, ecc. Spesso ci si riferisce a LINGUE SECONDE a tutte le lingue apprese dopo quella materna. • Specialmente in area francofona si parla di languesvivantes. In Italia la definizione «lingue vive» è poco usata perché oltre a essere ridondante rispetto a «lingue moderne» è anche respinta dagli studiosi di lingue classiche che rifiutano «lingue morte».
Caratteristiche della glottodidattica • La glottodidattica o didattica delle lingue è una scienza TEORICO-PRATICA. Non deve essere confusa con l’educazione linguistica o insegnamento delle lingue, che è solo un suo oggetto di ricerca. • Si definisce TEORICA perché ambisce a SAPERE e ARGOMENTARE gli approcci teorici, i metodi e le tecniche. • Si definisce PRATICA perché intende RISOLVERE i problemi legati all’insegnamento e all’apprendimento di una lingua. • Come abbiamo visto, riguarda tutti i differenti tipi di lingua . • È interdisciplinare, poiché si nutre dell’apporto di altre discipline . In particolare le discipline «amiche» della glottodidattica sono le scienze del linguaggio, le scienze dell’educazione, le scienze psicologiche e quelle della comunicazione.
La metafora di Robert Lado per spiegare la glottodidattica • Fin dagli anni ‘60 del XX secolo è stata messa in luce una delle caratteristiche principali della glottodidattica, e cioè la sua interdisciplinarità. A tal proposito è interessante leggere la celebre metafora del linguista americano Robert Lado, che affiancò la professione medica a quella dell’insegnante di lingue: • «Uno sguardo serio alla professione medica potrebbe essere rivelatore per un insegnante di lingue che intenda procedere scientificamente. Il medico conosce la fisiologia, l’anatomia, la chimica, la batteriologia, ma nella sua attività professionale non si trova mai ad usare una sola scienza alla volta. […] Similmente, l’insegnante di lingue non può ignorare i risultati della linguistica […], della psicologia dell’apprendimento e dell’età evolutiva, della pedagogia, e tanto meno può ignorare la personalità e le capacità dello studente singolo. Un approccio scientifico all’insegnamento linguistico impiega il meglio di quanto è noto per ogni specifica classe e per gli allievi che la compongono.» (Lado, 1974:15)
L’interdisciplinarità della glottodidattica secondo Renzo Titone • Nel 1987 R. Titone aveva individuato 20 discipline fonte della glottodidattica, raggruppate in tre macro-aree motivandone la loro correlazione con la didattica delle lingue: • la glottodidattica costruisce le sue ipotesi metodologiche partendo dai dati e principi dei seguenti gruppi di scienze della comunicazione: 1) semiotica; 2) linguistica teorica e applicata; 3) paralinguistica e cinesica; 4) prossemica e cronemica; 5) neurolinguistica e psicolinguistica; 6) sociolinguistica / antropo- / etno-linguistica; 7) teoria informazionale; 8) cibernetica; 9) linguistica matematica e statistica; 10; linguistica computazionale • la glottodidattica definisce le sue ipotesi metodologiche integrando i dati delle scienze della comunicazione con le direttive delle scienze psicope-dagogiche: 11) psicologia genetica e evolutiva; 12) psicologia dell'apprendimento; 13) psicologia sociale; 14) psicologia dinamica; 15) metodologia pedagogica; 16) metodologia didattica generale; 17) tecnologia didattica (dalla istruzione programmata alla didattica algoritmica); 18) docimologia • la glottodidattica verifica le sue ipotesi metodologiche mediante il confronto con l'esperienza (storica o sperimentale): 19) storia dei metodi glottodidattici; 20) glottodidattica sperimentale (ricerca operativa e/o sperimentazione)
L’interdisciplinarità della glottodidattica secondo Giovanni Freddi (1) • Nel 1991 Freddi rivede la categorizzazione delle discipline fonte di Titone e, forte della metafora di Lado, parla di «costellazione disciplinare» nella quale distingue: • scienze della NATURA del linguaggio: fonetica articolatoria, fonetica acustica, fonologia, ecc. • scienze della CULTURA: etnologia, antropologia, ecc. • scienze FILOSOFICHE: filosofia, filosofia del linguaggio, epistemologia, ecc. • scienze PSICOLOGICHE: psicologia genetica, psicologia dell'apprendimento, psicologia sociale, ecc. • scienze dell‘EDUCAZIONE: pedagogia, didattica generale, didattiche speciali, docimologia, ecc. • scienze della COMUNICAZIONE: semiologia o semiotica, teorie matematiche dell'informazione, cibernetica, informatica, telematica, ecc.
L’interdisciplinarità della glottodidattica secondo Giovanni Freddi (2) • scienze del LINGUAGGIO nella triplice dimensione: teorica, storica e applicata; alla prima appartengono la linguistica generale, la semantica, la linguistica testuale e la linguistica pragmatica; la seconda comprende anche la glottologia, le filologie (romanza, germanica, ecc.), le storie della lingua e della grammatica, una per ogni lingua studiata, e alla dimensione storica si affianca anche quella geografica (geolinguistica e dialettologia); tra le linguistiche applicate rientrano la linguistica applicata all'insegnamento, la linguistica computazionale, la lessicologia e lessicografia, ecc. • le discipline di origine DIADICA: psicolinguistica, sociolinguistica, etnolinguistica, neurolinguistica, pragmalinguistica, psicopedagogia, psicodidattica, ecc. • (la categoria diadica è necessaria per la difficolta di inserire le discipline appartenenti in altre aree)
Caratteristiche dell’interdisciplinarità della glottodidattica • Come ogni scienza teorico-pratica anche la glottodidattica possiede due dimensioni o «facce», legate alla su interdisciplinarità. Una più interna e una più esterna. • Dimensione interna TEORICO-DESCRITTIVA Dimensione esterna APPLICATIVA • Studi sulle lingue in apprendimento - Approcci, metodi, tecniche • Interazioni nello spazio didattico - Curricolo, sillabo, unità didattica • (rapporto lingua-ambiente) - Abilità linguistiche • Studi sul bilinguismo e plurilinguismo -Valutazione delle competenze • Lingua-cultura GLOTTODIDATTICA
Alcuni chiarimenti sull’interdisciplinarità interna (1) • Acquisizione di una lingua. Fra gli strumenti teorici che permettono di appropriarsi di una lingua si possono citare: • Il LAD (Language Acquisition Device) chomskyano. Il linguista ipotizza la presenza di un meccanismo innato di apprendimento linguistico che permette di: • osservare (es. regolarità di parlare-mangiare-cantare o irregolarità di dire-fare-dare ); • ipotizzare (fare – io faro la spesa); • verificare (si dice io faccio!); • fissare (io faccio la spesa); • sistematizzare (parlo, mangio, dico, faccio). • Il LASS (Language AcquisitionSupport System) ipotizzato da Bruner. Secondo Bruner il LAD da solo sarebbe insufficiente senza un meccanismo di supporto sociale all’apprendimento di una lingua, di cui fanno parte soggetti esterni come gli insegnanti.
Alcuni chiarimenti sull’interdisciplinarità interna (2) • Ruolo dell’ambiente (contesto comunicativo) • Comprende aspetti di natura non solo linguistica ma anche extralinguistica. Oltre a una buona grammatica e a un buon lessico bisogna anche acquisire il valore della prossemica, del tono di voce, della gestualità, ecc. • Studi sul bilinguismo coordinato, composito, di diglossia e sul plurilinguismo • Studi sul binomio lingua-cultura, che implica: • Il ricorso alla sociolinguistica • Il ricorso all’antropologia culturale • Il ricorso all’etnolinguistica • (Il bilinguismo e il rapporto fra lingua e cultura saranno oggetto di approfondimento…)
Alcuni chiarimenti sull’interdisciplinarità esterna (1) • Il primo aspetto esterno della glottodidattica è rappresentato dagli approcci e dai metodi. Il nucleo dell’attività didattica rimane sempre l’apprendente, e gli approcci e i metodi forniscono all’insegnante validi strumenti operativi anch’essi interdisciplinari (psicologia, sociologia, ecc.) • Verifica e valutazione. La correzione dell’errore non deve essere fine a se stessa, ma deve essere riconosciuta come valida e formativa dal discente. Inoltre la fase della verifica e della valutazione può avere risvolti psico-affettivi importanti • I programmi e le Indicazioni Nazionali (MIUR): si intrecciano continuamente rimandi giuridici a esigenze psico-pedagogiche .
Scopi della glottodidattica moderna • Rispetto al passato, il focus della glottodidattica si è spostato dall’oggetto di apprendimento (una lingua) al soggetto (l’apprendente). Questo soggetto deve essere considerato non come un vaso da riempire, ma in base ai suoi bisogni, ai suoi stili di vita, ai suoi ritmi, alle sue motivazioni, ai suoi stili di apprendimento e alle sue esperienze di vita. • Scopo della glottodidattica è formare il discente al plurilinguismo e al multiculturalismo (o interculturalismo). Essere plurilingui non significa conoscere perfettamente più lingue, ma crearsi la possibilità di comunicare in più lingue, anche a livelli diversi e in contesti differenti: • «l’introduzione sistematica di più lingue straniere fin dalla scuola di base risponde, pertanto, a un’esigenza sociale, che oltrepassa la domanda odierna di mobilità e riguarda la crescita cognitiva della persona e la formazione di un atteggiamento consapevole di apertura al dialogo e alla scoperta dell’altro e dell’ignoto». (Mazzotta, 2011:215)
Proposte per il plurilinguismo (1) (Conoscere e usare più lingue è un fattore di ricchezza) (documento del 2013) "Dalla riflessione degli studiosi riuniti in occasione del Convegno Città d'Italia: ruolo e funzioni dei centri urbani nel processo postunitario di italianizzazione. Per i cinquant'anni della Storia linguistica dell'Italia unita di Tullio De Mauro presso L'Accademia della Crusca è emersa con forza la necessità di riaffermare alcuni principi fondamentali per una politica ed educazione linguistica efficace e democratica sulla base di principi che derivano dalle acquisizioni scientifiche di numerose discipline". Conoscere e usare più lingue è un fattore di ricchezza e un ausilio potente per la crescita cognitiva, intellettuale e sociale dell'individuo e dell'intera comunità. I dati provenienti dalle scienze del linguaggio da tempo concordano sul fatto che il plurilinguismo non solo è un dato fisiologico della specie umana, ma è anche un fattore di sviluppo e crescita. Le dinamiche che si instaurano tra le varie lingue, anzichè divenire motivo di separatezza, esclusione o conflitto sociale, possono essere guidate e indirizzate per ottenere risultati, prima di tutto educativi, che non solo permettano relazioni positive tra le culture di cui sono portatrici, ma garantiscano il pieno sviluppo linguistico e cognitivo individuale.
Proposte per il plurilinguismo (2) 3) Tutto ciò non può essere affidato all'improvvisazione né può gravare su una scuola lasciata a se stessa. Gli insegnanti, che pure hanno affrontato spesso positivamente la pluralità idiomatica nella loro attività quotidiani, devono essere sistematicamente formati all'adozione di una prospettiva didattica plurilingue e in secondo luogo nella pratica didattica attraverso risorse umane e materiali appropriate. 4) Perché ciò avvenga è necessaria una politica linguistica che incida sul piano nazionale e locale e favorisca sia la conoscenza e la diffusione delle lingue e delle diverse realtà idiomatiche sia la ricerca sulle molteplici entità linguistiche che ormai si intrecciano sul territorio. Anche sul piano internazionale è opportuno che le istituzioni favoriscano forme di promozione della lingua e della cultura italiana coerenti con la realtà plurilingue del nostro Paese. 5) Ciò deve in primo luogo coinvolgere le istituzioni preposte alla ricerca, che devono diventare luoghi provolegiati di elaborazione teorico-descrittiva e applicata di formazione su questi temi, e tutte le agenzie educative che, oltre a essere naturale luogo di contatto e integrazione tra le varie lingue e culture presenti nella società italiana, devono garantire un'adeguata formazione linguistica.
Proposte per il plurilinguismo (3) (Sette Tesi per la promozione di politiche linguistiche democratiche) (2013) Per una politica linguistica democratica è fondamentale riconoscere che ogni sistema linguistico ha uguale dignità sia per chi ne fa uso –come varietà nativa o no –sia per quanti abbiano responsabilità decisionali di carattere politico-amministrativo. Ciò vale per ogni „lingua storico-naturale‟ (espressione che comprende lingue, dialetti, lingue „segnate‟),indipendentemente dal numero dei locutori e dalla consistenza del suo patrimonio storico-testuale, scritto e orale. Ogni lingua storico-naturale va considerata in tutte le sue componenti di variazione e di variabilità, indipendentemente dalla presenza di una varietà standardizzata. Principio basilare dell’educazione linguistica è che per chi va apprendendo la sua lingua materna e attraverso questa va maturando le sue capacità di linguaggio (inclusa in ciò la capacità di apprendere poi lingue altre) non ha rilevanza immediata la collocazione di tale lingua negli usi e nelle dinamiche di società plurilingui. Essa è un patrimonio nativo che esige comunque rispetto nella società, nell’istruzione scolastica e nelle istituzioni.
Proposte per il plurilinguismo (4) (Sette Tesi per la promozione di politiche linguistiche democratiche) (2013) 4) La generalità dei paesi del mondo è caratterizzata sia dalla coesistenza di lingue diverse, dal multilinguismo, sia dal costituirsi di gerarchie tra le diverse lingue coesistenti, tra le quali in generale a una sono assegnate funzioni dominanti nell’uso scritto e negli usi pubblici e formali. È un diritto di ogni persona potere accedere a tali usi per averne piena padronanza. 5) Il plurilinguismo degli individui e il multilinguismo delle società e dei paesi è un valore da tutelare e promuovere in una prospettiva che voglia essere democratica: a esso dunque occorre ispirare analisi e proposte in materia di pratiche educative, politiche linguistiche implicite o esplicite e promozione di studi e ricerche, fatta salva l’opportunità storica e civile di assicurare e promuovere altresì, per quanti lo vogliano, la convergenza dei cittadini di uno stesso paese multilingue verso l’apprendimento e l’uso di una stessa lingua negli usi pubblici e ufficiali. 6) Una politica linguistica democratica trae ispirazione dai documenti internazionali che sanciscono il diritto all’uso parlato e scritto della propria lingua come un diritto umano. 7) Tale diritto e il valore del plurilinguismo e multilinguismo sono protetti e promossi dagli artt. 3 c. 2, 6, 9 e 21 della Costituzione della Repubblica italiana.