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Il reddito d’impresa

Il reddito d’impresa. F. Crovato Ottobre 2013. Il sistema delle imprese ai fini del diritto tributario.

janina
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Presentation Transcript


  1. Il redditod’impresa F. Crovato Ottobre 2013

  2. Il sistema delle imprese ai fini del diritto tributario • Nel diritto dei privati ci si preoccupa di individuare l’impresa ai fini dei rapporti con i terzi, della formazione dei contratti, dei rapporti di lavoro, e simili. Ai fini tributari, invece, si tratta di determinare l’entità di adempimenti amministrativi, diretti alla misurazione di capacità economica.

  3. Sotto questo aspetto l’impresa è fondamentale in materia tributaria, perché è il luogo dove si produce la maggior parte della capacità economica. • L’impresa è tendenzialmente un’entità in cui la capacità economica reddituale è destinata a formarsi, per affluire sotto forma di salari, interessi, rendite immobiliari e profitti, verso coloro che apportano i relativi fattori della produzione, siano essi lavoro, capitali, beni immobili o attività organizzativa.

  4. Il reddito viene prodotto, infatti, nelle attività produttive, in quelle che vengono chiamate dagli aziendalisti “aziende di produzione”, ed affluisce, sotto forma di salari, interessi, profitti, canoni di locazione ed altre remunerazioni, verso le aziende di erogazione, come lo stato e le famiglie, che lo spendono per consumi e investimenti privati.

  5. Solo marginalmente un “reddito individuale” si produce “saltando” le imprese, con un fornitore che non è un “operatore economico”. • Si pensi ad esempio: • al lavoro domestico (lo stipendio del portiere, a carico del condominio, o quello di Colf o badanti, a carico delle famiglie), • alle locazioni ad uso abitativo da privati a privati, • ai servizi professionali a privati (ad esempio medici o legali, costituenti fiscalmente redditi di lavoro autonomo); • pensiamo infine alle plusvalenze conseguite da privati verso privati, che vedremo a proposito dei redditi diversi. • Si tratta di tante ipotesi di “redditi individuali” erogati da soggetti estranei al circuito della produzione imprenditoriale. Resta il fatto, però, che si tratta di casi relativamente rari e dai quali, soprattutto, le condizioni dell’economia ed il PIL non dipendono più di tanto.

  6. Perchè la studiamo in questocorso .....èdecisiva per comprendere la fiscalitàmoderna .....e ancheiltemadell’evasionechevedremonellaseconda parte del corso

  7. In Italia abbiamo una platea enorme di titolari di “reddito d’impresa” ai fini tributari e di soggetti imprenditori ai fini IVA, tenendo presente che tendenzialmente chi è imprenditore ai fini di uno di tali tributi lo è anche ai fini dell’altro. Il legislatore del 1973 decise, in modo eccessivamente semplicistico, di considerare fiscalmente imprenditori anche persone fisiche non caratterizzate da una organizzazione, le quali producono capacità economica derivante sostanzialmente dal lavoro personale. Furono infatti considerati imprenditori .....

  8. ATTRIBUZIONE REDDITO D’IMPRESA L’attribuzione di reddito d’impresadipende: 1. dallaqualificazioneformale del soggetto(es. societàcommerciali di persone e società di capitali); 2. o dallecaratteristichedell'attivitàsvolta.

  9. 1. Attribuzione di reddito d’impresa in base a criteri formali Alle società commerciali di persone e alle società di capitali l’ordinamento attribuisce, in base alla loro sola veste formale, sempre e comunque reddito d'impresa

  10. 2. Attribuzione di reddito d’impresa in base a criteri sostanziali Per stabilire la titolarità di reddito d’impresa in capo a: • persone fisiche; • "enti diversi dalle società” occorre esaminare l'attività svolta o comunque caratteristiche specifiche del contribuente, che vanno al di là della sua forma giuridica (es. statuto).

  11. Caratteristiche dell’attività • attività abituale; • attività rientrante in quelle previste dall’art.2195 C.C..

  12. Attività abituale • Per attività ABITUALE si intende un’attività svolta con continuità e non occasionalmente. L’abitualità implica la stabilità, la regolarità dell’iniziativa, il protrarsi nel tempo anche se non necessariamente con continuità (es. attività stagionale). Non è necessaria neanche la ripetitività dei comportamenti, anche un unico affare può dar vita ad un esercizio abituale quando presenti una notevole rilevanza economica e comporti una molteplicità di operazioni (diverse) per la sua realizzazione.

  13. Restano quindi fuori dal reddito d’impresa: • i comportamenti “non abituali”, cioè privi di una certa continuità temporale, e quindi effettuati occasionalmente; i proventi di tali comportamenti danno luogo a “redditi diversi”

  14. Le attività previste nell’art.2195 C.C. Rientrano tra le attività elencate nell’art.2195 C.C.: le attività industriali di produzione di beni o servizi; quelle intermediarie nella circolazione dei beni; le attività bancarie o assicurative; quelle di trasporto e quelle "ausiliarie delle precedenti".

  15. Irrilevanza del requisito dell’organizzazione Taliattivitàsono legislativamente inserite nella categoria del reddito d’impresa anche se sprovviste di una "organizzazione in forma d'impresa" (art.55 TUIR).

  16. Attività non rientranti nell’art.2195 C.C. Le prestazioni di servizi non riconducibili all’art.2195 C.C., in quanto prive di contenuto materiale danno, invece, luogo a reddito d’impresa se “organizzate in forma d’impresa” (es. attività di mediatore immobiliare, investigatore privato, consulente finanziario non inquadrabile come agente, al disbrigo di pratiche amministrative, fisioterapia).

  17. Esclusione delle professioni intellettuali Le professioni intellettuali (medico, avvocato, notaio, ingegnere, commercialista, etc.) sono estranee all'articolo 2195 e anche quando intensamente organizzate esse sono considerate produttive di reddito di lavoro autonomo, e non di reddito d'impresa. - L’organizzazione è considerata un mero strumento per espletare l’attività intellettuale del professionista.

  18. Enti pubblici e privati diversi dalle società Se l’attivitàrisultantedallostatuto o quella difattosvoltaècommerciale (allalucedeicriteri in precedenzaillustrati) l’entepotràessereconsideratointegralmentecommerciale e come tale assoggettatoalleregoledettate per le società di capitali

  19. Enti non commerciali Quando l'attività commerciale manca o non è prevalente, ad esempio perché accessoria o comunque "collaterale" ad attività non commerciali, gli eventuali redditi seguiranno le disposizioni delle rispettive categorie (redditi fondiari, di capitale etc.). Le disposizioni sul reddito d'impresa saranno applicate solo alla eventuale attività commerciale a carattere secondario.

  20. Enti non commerciali- segue Esempi: associazione ricreativa che gestisce uno spaccio, un'associazione ecologista che pubblica libri e riviste vendute a non soci o si finanzia anche con la commercializzazione di "prodotti ecologici".

  21. L’ampiezza del concetto fiscale d’impresa • Rientrano, così, nella categoria del reddito d’impresa un gran numero di attività prive di una struttura organizzativa, cioé di beni strumentali, merci o collaboratori salariati. • La categoria del reddito d’impresa comprende quindi molti proventi derivanti essenzialmente da lavoro (artigiani, venditori ambulanti, rappresentanti di commercio). • Qualsiasi attività materiale (cioé "meccanica", magari caratterizzata da notevoli "abilità tecniche", ma "non intellettuale") e priva di vincolo di subordinazione tende perciò a diventare di impresa, con notevole estensione di questa categoria a scapito di quella del lavoro autonomo.

  22. Si crea così una grande eterogeneità del reddito d'impresa, dove le (poche) grandi istituzioni d’impresa coesistono con milioni di artigiani e piccoli commercianti al dettaglio. Questa eterogeneità provoca grandi intralci nell’elaborazione di modelli esplicativi della fiscalità d’impresa, nonché costanti equivoci

  23. il concetto di “piccola impresa”, diffuso presso gli economisti e gli altri cultori delle scienze sociali è infatti quello delle “piccole industrie” , magari con alcune centinaia di dipendenti; ai piccoli commercianti e artigiani si fa in genere riferimento, in queste stesse sedi di analisi dell’economia e della società, come a “lavoratori autonomi” (mentre fiscalmente, ripetiamo, sono imprese).

  24. La diversità dei problemi fiscali tra grandi e piccole imprese In questo modo, la categoria dell’impresa accomuna le poche grandi strutture erogatrici di redditi alla gran parte di dipendenti, professionisti e risparmiatori, con i piccoli artigiani e commercianti che riescono ad occultare gran parte dei propri incassi, quando operano con consumatori finali.

  25. La diversità dei problemi fiscali tra grandi e piccole imprese- segue Sono quindi accomunati pochi grandi soggetti con sofisticati problemi di regimi giuridici per circostanze dichiarate e innumerevoli piccoli commercianti e artigiani nei cui confronti il principale problema è quello della mancata dichiarazione (Evasione fiscale).

  26. La diversità dei problemi fiscali tra grandi e piccole imprese - segue • L’inserimento nel reddito d’impresa di alcuni milioni di attività oggettivamente basate solo sul lavoro del titolare non è un caso: èinvece un riflesso dell’illusione legislativa di poter applicare la tassazione ragionieristico-contabile a piccole attività in cui per definizione manca una affidabile struttura amministrativa, separata dalla persona del titolare • Si ricorda che l'ampiezza del concetto fiscale d'imprenditore ha finito per ricomprendere l'enorme massa di piccoli commercianti al dettaglio e artigiani, (falegnami, idraulici, elettricisti, etc.), che — messi insieme — sono circa tre milioni.

  27. Piccole imprese • Per le imprese minori, il regime sostanziale di determinazione di quanto dichiarato al fisco è tendenzialmente lo stesso applicabile alla generalità delle imprese anche se, come ripetiamo, tutte le questioni di diritto che esamineremo relative al reddito d’impresa avranno in concreto, viste le piccole dimensioni, ben scarsa importanza. Dopotutto, l’immagine della partita doppia del fruttivendolo, degli ammortamenti del parrucchiere o dell’inventario fisico del pasticcere, danno l’idea di quanto sia assurdo applicare a queste attività la matrice “ragionieristico-contabile” della grande impresa. • Le uniche semplificazioni per le piccole imprese sono legate alla tenuta della contabilità “c.d. semplificata” basata solo sui registri IVA. Questa semplificazione è consentita se il fatturato (giro d’affari) è inferiore a certe cifre.

  28. Reddito d’impresa,contabilità e bilancio • La titolarità di un reddito d’impresa ai fini fiscali obbliga alla tenuta di scritture contabili. • Ed alla conservazione della documentazione contabile sottostante (fatture, ordini corrispondenza ecc.). • Ma quale attitudine probatoria intrinseca hanno questi documenti?

  29. Documentazione d’impresa • Quando la dimensione organizzativa d’impresa • Travalica la persona del titolare, • Le scritture contabili non rappresentano solo un obbligo tributario • Ma costituiscono un indispensabile supporto gestionale per conoscere l’andamento dell’attività.

  30. Distinzione tra scritture contabili e documenti giustificativi • Le scritture contabili come struttura priva di valore probatorio intrinseco, ma • Costituente una modalità per individuare e conservare • I documenti giustificativi (ad esempio clienti, fornitori ecc.) da cui risultano i termini dei rapporti contrattuali con le controparti

  31. L’unicità civilistica e fiscale delle scritture contabili • Unicità concettuale, civilistica e fiscale, delle scritture contabili. • Intese come l’insieme dei registri contabili e della documentazione giustificativa (fatture, note, cedolini paga). • Possibilità concettuale di una determinazione del reddito parzialmente divergente, a fini civili e fiscali.

  32. Possibilità concettuale di due distinti bilanci, ai fini civili e fiscali • Sarebbe concettualmente ipotizzabile la redazione di due distinti prospetti di bilancio • Uno civilistico e l’altro fiscale • La scelta legislativa attuale è però di determinare il reddito d’impresa partendo dall’utile o dalla perdita del conto economico civilistico (art. 83 del TUIR), da redigere e riassumere nella dichiarazione fiscale

  33. Rapporti bilancio civile - reddito imponibile • La determinazione del reddito d’impresa prende le mosse dal bilancio civile • Tuttavia il risultato civilistico (utile o perdita) è oggetto di una serie di aggiustamenti che incidono sulla base imponibile • Tali aggiustamenti prendono il nome di “variazioni” in aumento o in diminuzione dell’imponibile rispetto al risultato di bilancio

  34. Variazioni in aumento o in diminuzione (concetto) • Variazioni in aumento • Costi imputati a conto economico, ma non deducibili • Ricavi non imputati a conto economico, ma imponibili • Variazioni in diminuzione • Costi non imputati a conto economico (ma deducibili fiscalmente) • Ricavi imputati a conto economico, ma non imponibili fiscalmente

  35. Variazioni in aumento o in diminuzione (Le valutazioni di bilancio) • Elementi congetturali e convenzionali • Estranei all’ordinaria rilevazione dei rapporti con i terzi • Vanno sotto il nome di valutazioni di bilancio: • rimanenze, imputazione all’esercizio di costi pluriennali, ammortamenti, accantonamenti, ecc.

  36. Valutazioni di bilancio: ambito applicativo • Alcuni elementi reddituali riguardano solo l’anno in cui si verificano. • Altri, come i beni strumentali, le rimanenze finali, i costi relativi a più esercizi (pubblicità, manutenzione ecc.), le perdite su crediti, ecc. • Vengono distribuiti tra più esercizi tramite le c.d.“valutazioni di bilancio”.

  37. Valutazioni di bilancio: aspetti civili • Divieto civilistico di effettuare le valutazioni in funzione del risultato di bilancio più gradito (divieto di “politiche di bilancio”). • Fermo restando questo divieto, tendenza a valutazioni caso per caso in cui contemperare; • Precisione, efficienza, prudenza, forma giuridica e sostanza economica (c.d. discrezionalità nelle valutazioni di bilancio).

  38. Valutazioni di bilancio:aspetti fiscali • Preferenza della normativa fiscale per limiti più rigidi alle valutazioni. • Limiti minimi e massimi sostanzialmente insindacabili al loro interno. • Lo scopo è limitare gli elementi controversi di stima e valutazione nei difficili rapporti contribuente - fisco.

  39. segue: La necessità di aggiustamenti fiscali al risultato civilistico • Diversità di ottica con cui le norme fiscali guardano alle valutazioni di bilancio • Esigenza di stabilità e di margini certi • Frequenza delle variazioni dell’imponibile rispetto al risultato civilistico • Da apportare in dichiarazione dei redditi (variazioni in aumento e diminuzione).

  40. Intrecci tra normativa fiscale e bilancio civilistico • La deducibilità fiscale dei costi è subordinata alla loro imputazione al conto economico civilistico (art. 109 TUIR). • Può trattarsi del conto economico del periodo in cui si intende effettuare la deduzione. • Oppure di quello di un precedente periodo, per il quale era prescritto o consentito il rinvio della deduzione fiscale.

  41. Intrecci tra normativa fiscale e bilancio civilistico (2) • Non sono consentite svalutazioni di attivo (eccezione solo per rimanenze). • Le rivalutazioni del magazzino effettuate in bilancio valgono anche ai fini fiscali. • Le altre rivalutazioni c.d. “plusvalenze iscritte” non valgono ai fini fiscali.

  42. Onnicomprensività del reddito d’impresa • Ogni ricavo, o altra entrata, e ogni costo, spesa o perdita, riconducibile alla sfera giuridica dell’impresa (vedi inerenza), è in linea di principio rilevante per determinare il reddito. • La sfera giuridica dell’impresa è un elemento unificante di redditi altrimenti tassati per proprio conto (ad esempio come redditi di capitale, fondiari ecc.)

  43. Onnicomprensività reddito d’impresa: esempi • Concorrono a formare il reddito d’impresa anche elementi reddituali irrilevanti in altre categorie reddituali • Ad esempio interessi non derivanti da impiego di capitale • Plusvalenze ultraquinquennali su beni immobili e plusvalenze su beni mobili

  44. Non applicabilità all’impresa di regimi sostitutivi su proventi finanziari • Tutti i regimi sostitutivi sui proventi finanziari • Obbligazioni, depositi bancari, plusvalenze su partecipazioni • Sono inapplicabili per le imprese • Nei cui confronti questi elementi positivi e negativi di reddito sono considerati secondo le regole ordinarie

  45. Individuazione dei beni d’impresa • L’identificazione dei beni d’impresa avviene in base ai criteri seguenti • Sono automaticamente“relativi all’impresa” tutti i beni appartenenti a società commerciali • Per le imprese individuali, la massa dei beni “relativi all’impresa” si distingue dal resto dei beni “personali” dell’imprenditore

  46. Individuazione dei beni d’impresa I beni relativi all’impresa individuale si distinguono dal “patrimonio privato” dell’imprenditore secondo criteri basati in parte sulla natura del bene ed in parte sulla volontà dell’imprenditore; le materie prime, le merci e i beni strumentali diversi dagli immobili si considerano comunque relativi, indipendentemente dalla volontà dell’imprenditore; gli immobili dell’imprenditore individuale invece, persino se direttamente utilizzati per l’esercizio dell’impresa, possono essere esclusi da tale regime semplicemente non indicandoli nell’inventario. L’imprenditore può comunque optare per l’inclusione di tali beni tra quelli relativi all’impresa, indicandoli con questa qualifica nell’inventario

  47. Le società senza impresa • I principi del regime dei beni d’impresa sono applicabili anche ai beni intestati alle società che non svolgono in concreto alcuna attività (c.d. “società di mero godimento”) • Si tratta di meri “contenitori patrimoniali” aventi la funzione extrafiscale di spersonalizzare la ricchezza, intestandola a società piuttosto che direttamente a persone fisiche

  48. segue: Le società senza impresa • Ai vantaggi tributari, collaterali alla titolarità di reddito d’impresa (deduzione degli interessi passivi necessari all’acquisto del cespite, spese di ristrutturazione ecc.) si accompagnano inconvenienti al momento della vendita dei beni; • Una persona fisica, ad esempio, avrebbe realizzato plusvalenze non imponibili (immobili posseduti da oltre 5 anni) rispetto a immobiliari “di famiglia”, intestatarie di terreni, appartamenti, ecc.

  49. I valori fiscalmente riconosciuti • La rilevanza impositiva di ogni provento o costo riconducibile all’impresa rende importante l’attribuzione di un valore fiscale agli elementi patrimoniali dell’impresa • Tale valore di riferimento viene in genere determinato in base ai costi sostenuti per l’acquisto • Il costo è quindi la soglia oltre la quale si iniziano ad avere redditi imponibili.

  50. Importanza dei valori di riferimento del patrimonio (valori fiscalmente riconosciuti) • Quando l’impresa cede beni o servizi, la differenza tra il prezzo conseguito e costo di produzione concorre comunque a formare il reddito. • Per determinare i costi di produzione, ovvero le plus-minus valenze relative a beni strumentali • È importante che i beni dell’impresa abbiano valori fiscali di riferimento

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