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Strumenti interni per la CSR

FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIALI E DELLA COMUNICAZIONE A.A. 2013-2014 RELAZIONI ISTITUZIONALI E RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA GLI STRUMENTI INTERNI PER LA CSR. RESPONSABILITÀ E RENDICONTAZIONE SOCIALE. Gli strumenti interni per la CSR sono uno dei «rami» della responsabilità sociale.

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Strumenti interni per la CSR

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Presentation Transcript


  1. FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIALI E DELLA COMUNICAZIONEA.A. 2013-2014RELAZIONI ISTITUZIONALI E RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA GLI STRUMENTI INTERNI PER LA CSR

  2. RESPONSABILITÀ E RENDICONTAZIONE SOCIALE Gli strumenti interni per la CSR sono uno dei «rami» della responsabilità sociale. Strumenti interni per la CSR

  3. Gli strumenti interni per la CSR • Sono quelli che l’impresa adotta al suo interno su sua iniziativa precisa; • fanno parte di un processo aziendale di orientamento alla RSI tutto interno; • trovano la loro spiegazione sempre in esigenze che nascono dal rapporto tra azienda e contesto di riferimento; • sono tali che l’azienda li può adottare di propria iniziativa sempre nello spirito della volontarietà; • rappresentano di fatto l’offerta di RSI.

  4. Gli strumenti interni per la CSR: elenco • 1) gli strumenti di rendicontazione etico-sociale (bilancio sociale, ambientale, di sostenibilità, di genere, di mandato); • 2) il manifesto o carta dei valori; • 3) il codice etico; • 4) il comitato etico; • 5) la formazione etica (ethical training); • 6) l’ethical (o social) internal auditing; • 7) il CSR manager; • 8) la Onlus aziendale • 9) il benessere organizzativo.

  5. I valori • I valori costituiscono il livello intermedio di una cultura organizzativa, situato tra il livello esterno e completamente visibile degli artefatti e quello interno e profondamente radicato degli assunti impliciti (Schein, 1985). • nelle org.ni si sviluppano ideologie e discorsi che indicano i valori cui ispirare le proprie azioni e gli obiettivi da raggiungere; • vi sono inoltre racconti ricorrenti, miti ed eroi . • L’ideologia è un sistema di discorsi con cui si cerca di attribuire determinati significati all’agire sociale. • I miti sono convinzioni socialmente approvate, cui si fa spesso riferimento, ma che non risultano suffragate da prove empiriche. • Gli eroi sono individui cui vengono attribuite imprese eccezionali e sono tali perché esempi di totale dedizione ai valori dell’org.ne

  6. Il “mission statement” • Siamo nella sfera dei discorsi manifesti ed accettati, che vengono spesso sviluppati e fatti circolare dalla leadership per suscitare adesione a idee e programmi, creare senso di appartenenza e di solidarietà, individuare pericoli e nemici, cementare alleanze, chiarire e legittimare scelte, azioni e decisioni e creare consenso. • Poiché i valori rappresentano un livello consapevole della cultura organizzativa, si prestano ad azioni di esplicitazione tramite appositi strumenti di carattere formale. • Il primo di questi strumenti è un documento denominato mission statement, che consiste in una esplicitazione della missione aziendale e chiarisce a tutti gli stakeholder come l’org.ne intende perseguire il proprio scopo e tenendo presenti quali valori.

  7. Il manifesto o carta dei valori • Il secondo è il manifesto o carta dei valori, che idealmente permette di far convergere la visione del personale interno e degli stakeholder esterni su come si intende fare azienda, e sui valori e i principi che ispirano la gestione, al di là dei risultati ottenuti e degli obiettivi che di volta in volta si perseguono. • il processo di identificazione, sintesi e formalizzazione dei valori di un’azienda è un processo complesso, che richiede più voci e riflessioni, e può seguire un approccio bottom upo top down. • In un approccio bottom upsi giunge ad una sintesi dei valori attraverso indagini condotte con gli strumenti e le tecniche della ricerca sociale, sull’universo dei managere del personale dipendente, e su quello delle principali categorie di stakeholder.

  8. Il manifesto o carta dei valori • In un approccio top down è l’alta direzione che decide quali debbano essere i valori sui quali la struttura si aggrega e quali debbano essere quelli da comunicare perché siano letti dagli stakeholder esterni. • Perché un tale processo possa essere efficace: • è necessario che la leadership faccia leva sulla formazione del personale per comunicare questi valori all’interno della struttura e farli condividere il più possibile • In seguito deve promuovere azioni che portino a declinare tali valori in comportamenti del personale a tutti i livelli, avviando processi di sviluppo organizzativo appositamente orientati.

  9. Il manifesto o carta dei valori • una volta approvato e fatto proprio dalla leadership: • diviene un elemento importante del contratto sociale che l’impresa sottoscrive con i suoi stakeholder interni ed esterni; • rappresenta una dichiarazione pubblica d’impegno a perseguire tali valori nel compimento della missione aziendale; • diviene un intangibile asset, ovvero una raccolta durevole dei comandamenti aziendali, come tale parte integrante del mission statement ed elemento importante dell’identità aziendale. • Per raggiungere gli stakeholdere ipubblicidell’organizzazione, va comunicato attraverso canali diversi: documenti ufficiali dell’azienda, corsi di formazione al personale, sito web aziendale, newsletter, pubblicità dei prodotti e del brand.

  10. Peculiarità delle organizzazioni no profit • I valori assumono una fondamentale importanza come fattore di aggregazione e di richiamo di volontari; • vanno presentati alla stregua di principi fondamentali, che costituiscono un elemento distintivo a livello di: • a)messaggio di fondo, • b) motivazioni ideali, • c) priorità e modalità di intervento • proprio di ciascuna specifica organizzazione rispetto alle numerose altre che operano nel medesimo settore. • Esempio: il nuovo statuto della Croce Rossa Italiana (2005): i 7 principi del Movimento Internazionale: umanità, imparzialità, neutralità, indipendenza, volontarietà, unità, universalità.

  11. Peculiarità delle organizzazioni pubbliche • le finalità di istituzioni, organi e uffici sono definite in modo più o meno stringente dalla legge; • ciò nonostante, il ricorso al mission statement, con una esplicitazione dei valori da parte di amministrazioni e strutture dedicate è divenuta una prassi sempre più frequente. • In conclusione: • i valori sono i criteri di base che animano l’azienda e la gestione; • è importante codificarli e scriverli perché i soggetti interni possano farli propri e interiorizzarli e i soggetti esterni possano assumerli quali elementi sui quali giudicare la consapevolezza dell’azienda e l’orientamento alla responsabilità sociale e verificarne nel tempo la coerenza e il rispetto (Hinna, 2005)

  12. Il Codice Etico • è un documento redatto volontariamente dall’org.ne; • viene esteso dal top management, da un gruppo di lavoro o da un comitato etico appositamente costituito; • consegue legittimazione solo attraverso l’approvazione da parte del consiglio di amministrazione: • in tal modo impegna l’alta direzione e tutti i dipendenti; • una volta approvato, deve essere diramato a tutte le direzioni dell’azienda, al fine di: • 1) favorirne la conoscenza e l’attuazione da parte del personale nelle attività lavorative quotidiane; • 2) costituire un solido punto di riferimento nelle riunioni periodiche di miglioramento continuo; • 3) coinvolgere nella sua implementazione la leadership e gli operatori a tutti i livelli.

  13. Il Codice Etico • esprime il contratto sociale ideale dell’impresa; • contiene principi e nome volti ad orientare il comportamento dell’impresa e dei suoi operatori; • svolge l’importantissima funzione di tradurre i principi e i valori etici posti a fondamento della cultura organizzativa in norme operative e criteri di condotta, in modo da bilanciare le aspettative e gli interessi dei diversi pubblici di riferimento (Sacconi, 2000). • è uno strumento di governo delle relazioni, che estende le regole della corporate governance a tutti gli stakeholdere nel quale l’impresa definisce l’insieme dei doveri fiduciari che si impegna, anche sotto un profilo formale, a rispettare nei loro confronti (Invernizzi, 2006).

  14. Il Codice Etico (Kenneth Arrow, 1973) • Ha il fine di migliorare: • a) l’affidabilità • b) la reputazione • c) la fiducia • svolge altresì una funzione di legittimazione morale, dato che: • elenca i diritti, i doveri e le responsabilità che l’impresa riconosce di avere nei confronti dei suoi stakeholder e si impegna pubblicamente a rispettare; • offre in cambio a questi ultimi l’opportunità di verificare se le proprie aspettative vengono equamente soddisfatte; • si propone loro altresì come incentivo a prendere una parte attiva nello sviluppo e nel miglioramento dell’impresa.

  15. Codice etico e bilancio sociale • Il Codice Etico è l’altra faccia del Bilancio Sociale; • dalla missione aziendale, come declinata in Mission Statement e Carta dei Valori, hanno origine due diversi ordini di attività: • a) uno più generale, rivolto al controllo delle politiche d’impresa e alla corporate governance (di cui si dà conto attraverso il Bilancio Sociale); • c) uno più specifico, rivolto al controllo dei comportamenti individuali (regolamentati attraverso il Codice Etico); • può definirsi come la “Carta Costituzionale” dell’impresa, una carta dei diritti e doveri morali che definisce la responsabilità etico-sociale di ogni partecipante all’organizzazione. • È il principale strumento di implementazione dell’etica all’interno dell’organizzazione.

  16. Le funzioni del Codice Etico • 1) è un mezzo efficace a disposizione del management per prevenire comportamenti irresponsabili o illeciti da parte di chi opera in nome e per conto dell’azienda; • 2) introduce una definizione chiara ed esplicita delle responsabilità etiche e sociali dei propri dirigenti, quadri, dipendenti e spesso anche fornitori verso i diversi gruppi di stakeholder; • 3) garantisce la gestione equa ed efficace delle transazioni e delle relazioni umane; • 4) sostiene la reputazione dell’organizzazione, in modo da creare fiducia verso l’esterno.

  17. I Codici etici negli USA • Negli USA la redazione dei Codici Etici ha avuto una diffusione straordinaria; • circa l’85% delle imprese del Paese con più di 500 dipendenti ha adottato tale strumento. • L’impulso è stato dato a partire dal 1991 quando il Governo degli Stati Uniti ha emanato delle norme specifiche (Federal Sentencing Commission Guidelines for Organizations) in materia di azioni criminali da parte delle imprese. • L’aver realizzato un Codice Etico consente di provare la buona fede dell’azienda, nei casi di contestazione, ottenendo una riduzione delle sanzioni.

  18. I Codici etici in Italia • In Italia i Codici Etici hanno ancora una diffusione limitata. • Alcuni esempi: Comit, Coop Adriatica (grande distribuzione), ENI, FIAT, Glaxo Welcome (farmaceutica), RAI e il Gruppo Mediaset hanno Codici Etici approvati dai rispettivi C.d.A. • I principi e le disposizioni dei Codici Etici delle aziende italiane: • 1) dettano obblighi generali di correttezza e lealtà; • 2) qualificano il corretto adempimento delle prestazioni lavorative a norma del Codice Civile e il comportamento nell’ambiente di lavoro del personale, per cui la violazione di precetti contenuti nel Codice Etico può essere perseguita sia con sanzioni pecuniarie, che con il licenziamento; • 3) vincolano gli amministratori, le persone legate da rapporto di lavoro subordinato, e tutti coloro che operano in nome e per conto delle aziende, anche in forza di rapporti temporanei.

  19. La struttura del Codice etico • La struttura del Codice Etico può variare da impresa ad impresa, ma generalmente viene sviluppato su quattro livelli: 1) I principi etici generali che raccolgono la missione aziendale ed il modo più corretto di realizzarla; 2) Le norme etiche per le relazioni dell’impresa con i vari stakeholder: • consumatori, • fornitori, • dipendenti, • comunità locale, ecc.

  20. La struttura del Codice Etico • 3) Gli standard etici di comportamento :     - Principio di legittimità morale      - Equità ed eguaglianza      - Tutela della persona      - Diligenza      - Trasparenza      - Onestà      - Riservatezza      - Imparzialita'      - Tutela ambientale      - Protezione della salute • 4) Le sanzioni interne per la violazione delle norme del Codice Etico e dei principi etici (pecuniarie, licenziamento, ecc.).

  21. La metodologia di realizzazione del Codice Etico • Prevede in linea di massima le seguenti fasi: 1) analisi della struttura aziendale per l’individuazione della mission e dei gruppi di stakeholder di riferimento. 2) discussione interna per l’individuazione dei principi etici generali da perseguire, le norme etiche per la relazioni dell’impresa con i vari stakeholder, gli standard etici di comportamento. 3) consultazione degli stakeholder per la condivisione dei principi etici generali e particolari per ogni gruppo.

  22. La metodologia di realizzazione del Codice Etico • 4) adeguamento dell’organizzazione aziendale, delle procedure, delle politiche imprenditoriali con riferimento ai principi etici del Codice. • In particolare rivestono una notevole importanza: • a) l’attività di formazione etica finalizzata a mettere a conoscenza tutti i soggetti dell’impresa dell’esistenza del Codice Etico e di assimilarne i contenuti; • B) l’internal ethical auditing, vale a dire le procedure di controllo interno sull’effettiva implementazione del Codice. • Il dialogo e la partecipazione sono indispensabili per far condividere a tutto il personale i valori presenti nel Codice Etico.

  23. Il Comitato Etico • È un organo accessorio della gestione della CSR; • è dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; • verifica la sussistenza delle presunte violazioni del codice etico; • propone l’adozione di comportamenti e provvedimenti atti a rimuovere situazioni di ostacolo e in contrasto con i principi e i valori etici assunti dall’azienda con l’adozione del manifesto dei valori, della carta dei valori e del codice etico; • può essere chiamato a partecipare: • A) alla progettazione ed estensione del codice etico; • B) alla predisposizione del bilancio sociale; • i risultati delle sue attività dovranno trovare posto nel BS.

  24. Il Comitato Etico: funzioni • 1) provvedere alla diffusione della conoscenza del manifesto o carta dei valori e del codice etico all’interno dell’organizzazione e, con le RI, anche all’esterno; • 2) promuovere il manifesto o carta dei valori e il codice etico tra i dipendenti etra gli altri stakeholder coinvolti nel processo di creazione del valore economico e sociale dell’organizzazione; • 3) svolgere periodiche azioni di monitoraggio sulla condotta del personale, al fine di verificare il grado di applicazione di carta dei valori e codice etico nell’organizzazione e di evidenziare eventuali aree comportamentali critiche; • 4) svolgere l’istruttoria sulle situazioni di violazione riscontrate, con altre figure come il CSR Manager e il social internal auditor, e riferire agli organi competenti di azioni con eventuali risvolti di responsabilità civile e penale.

  25. Il Comitato Etico: funzioni • 5) promuovere misure per la raccolta di segnalazioni di violazioni del codice etico, con la messa a punto di idonei strumenti (linee telefoniche dedicate, numeri verdi, ecc.); • 6) effettuare una relazione annuale al C.d.A. sulle performance etiche dell’organizzazione e riferire allo stesso in merito alle istruttorie per le violazioni eventualmente condotte; • 7) creare, con altre figure (funzione delle RI, CSR manager) dei canali di incontro con gli stakeholder per raccogliere osservazioni e suggerimenti per migliorare l’applicazione di carta dei valorie del codice eticoed il loro controllo.

  26. Il Comitato Etico: compiti ulteriori • farsi carico di coinvolgere, attraverso un apposito sistema di reporting, i vertici della struttura, per promuovere le iniziative più idonee, affinché certi episodi eticamente censurabili non vengano più a ripetersi in futuro; • proporre sulla base delle esperienze maturate, modifiche allo stesso codice etico, in modo tale che sia costantemente aggiornato rispetto alle esigenze operative dell’organizzazione; • lavorare in ogni altra circostanza a stretto contatto con eventuali auditor sociali, sia interni che esterni, con il CSR manager, con le funzioni delle RI e delle Risorse Umane, con ilControllo, sia Strategico, che di Gestione.

  27. Il Comitato Etico: composizione • spesso è formato da persone di grande immagine, scelte più come testimonial delle intenzioni etiche dell’azienda, che non come veri operatori; • nel regolamento che ne disciplina il funzionamento vengono in tutto o in parte definiti i profili dei componenti, con la previsione della presenza di : • un rappresentante del Consiglio di Amministrazione; • rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali; • rappresentanti di associazioni ambientaliste o di consumatori; • membri indipendenti, come professionisti, docenti universitari ed esperti di CSR.

  28. La Formazione Etica (Ethical Training) • L’orientamento di una organizzazione alla CSR consiste in una filosofia gestionale che comporta un’attenzione alle ricadute sociali e ambientali delle attività di business, un interessamento per gli stakeholder ed una ricerca di un dialogo non solo con il mercato, ma con tutta la società civile; • per essere efficace deve necessariamente coinvolgere la struttura aziendale nella sua interezza; • L’obiettivo della Formazione Etica è quello di sensibilizzare tutto il popolo di una determinata org.ne, interno ed esterno, per condividere i principi, sintetizzati nel manifesto dei valori o carta dei valori e nel codice etico, che costituiscono il fondamento del contratto sociale tra azienda e stakeholder, tra dipendenti e azienda e tra stakeholder interni e stakeholder esterni.

  29. La Formazione Etica (Ethical Training) • ha a che vedere con una concezione dell’organizzazione che pone al centro le risorse umane intese come persone, che con il loro impegno, la loro esperienza e la loro conoscenza rappresentano la vera ricchezza dell’impresa; • la capacità di innovare, sviluppare nuovi servizi e raggiungere una qualità sempre maggiore dipende non più solo dagli investimenti materiali, finanziari e tecnologici, ma sempre più dalla qualità e dalla pertinenza degliinvestimenti immateriali, e cioè nelle persone, nel sistema di relazioni e nella cultura organizzativa. • In una tale ottica, una primaria importanza è assunta dalla formazione, in quanto il concetto chiave dell’investimento immateriale è l’apprendimento (Crozier, 1990).

  30. La formazione etica(Dizionario di Business Ethics, 1997) • consiste nel “fornire istruzioni sulle abilità cognitive e operative che sono necessarie per formulare un giudizio morale su pratiche e comportamenti del mondo degli affari”. • È diretta a sviluppare e adeguare nel tempo le capacità delle persone di riconoscere, analizzare e risolvere i dilemmi etici che si presentano sia a livello organizzativo, sia a livello gestionale. • Si realizza con workshop, convegni, convention e seminari su visione etica dell’impresa e valori e principi del codice etico; • Quella rivolta ai manager, li prepara ad applicare i principi etici nelle decisioni strategiche; • Quella rivolta al personaleè diretta a individuare e gestire le fonti dei dilemmi etici che possono scaturire da rapporti critici con gli stakeholder.

  31. La Formazione Etica: tempi e modi • al momento dell’assunzione, “quando si spiega il codice etico”; • in apertura “a tutti i corsi di formazione tecnica”; • in occasione “di convention e meeting”; • predisponendo supporti video, cd-rom e presentazioni; • con messaggi attraverso la newsletter, l’house organ, il sito internet aziendale; • realizzando pubblicazioni ad hoc; • organizzando simulazioni e focus group, ovefar interagire su problematiche/dilemmi etici personale di uffici o reparti diversi. • organizzando family group ove far interagire sulle stesse questioni personale di un medesimo ufficio o reparto.

  32. La Formazione Etica: i compiti • La FE dovrebbe consentire al personale a ogni livello: • 1) di comprendere, interiorizzare e contribuire con il proprio lavoro all’impegno etico e sociale dell’azienda; • 2) di percepire la consapevolezza di uno scopo comune; • 3) di padroneggiare gli strumenti del ragionamento morale necessari a discutere e ad affrontare i problemi etici legati all’organizzazione; • 4) di disporre degli strumenti e delle conoscenze necessarie per rimanere al passo con i cambiamenti imposti dal mercato e per rafforzare spirito imprenditoriale e senso di appartenenza all’organizzazione; • 5) di alimentare il continuo apprendimento, rendendolo parte integrante della cultura aziendale; • 6) di stimolare e incoraggiare lo sviluppo individuale.

  33. Ethical Internal Auditing • Nel tempo la funzione di controllo interno ha ampliato il suo focus, passando da semplice internal auditing finanziario (financial) a un’auditdell’assetto procedurale e organizzativo generale (operational), fino a giungere a quello strategico-direzionale (management). • L’ Ethical (o Social) Internal Auditing, che ha come obiettivo la verifica dell’affidabilità del processo di orientamento dell’organizzazione alla responsabilità sociale; • si colloca per il suo contenuto tra le categorie dell’ operational e del managementinternal auditing ; • si differenzia dalla normale attività di audit per l’oggetto, che è la verifica dell’orientamentodi tutta la struttura organizzativa alla responsabilità sociale.

  34. Ethical Internal Auditing • un’impresa per definirsi socialmente responsabile, deve attivare delle procedure dicontrollo interno che possano confermare l’effettivo impegno; • L’E.I.A è appunto un controllo interno basato su procedure di audit del comportamento etico, con lo scopo di: • 1) verificarel’orientamento dell’impresa alla CSR ; • 2) assicurare la conformità del suo operato, delle sue politiche e delle sue strategie conl’ispezione, il monitoraggio e il controllo. • Il responsabile di questo controllo è l’ ethicalinternal auditor, figura indipendente che svolge un’attività di controllo finalizzata a migliorare l’efficacia e l’efficienza dell’impresa nel complesso delle sue attività di CSR e deve conoscere i diversi standard etico-sociali applicati dall’organizzazione (ISO 14000, SA 8000, ecc.).

  35. Ethical Internal Auditing: i presupposti • Per poter svolgere un EIA sono necessari due presupposti: • A) la codifica dei principi di riferimento, vale a dire la codifica dei comportamenti che un’organizzazione deve tenere (standard procedures), che devono comprendere gli atteggiamenti etici e sociali da tenere in una gestione orientata alla CSR; • B) la codifica delle procedure di controllo, che devono essere conformi a standard riconosciuti (audit standard) che consentano una verifica da parte dei soggetti chiamati a questa funzione in maniera oggettiva e meno personalizzata possibile, eliminando gli atteggiamenti troppo discrezionali o autoreferenti.

  36. L’ Ethical Internal Auditor • La sua funzione comprende i seguenti ambiti: • 1) l’analisi dei rischi etici in cui l’organizzazione potrebbe incorrere; • 2) la rilevazione delle performance etiche dell’impresa, che ha luogo tramite la verifica dell’integrità dei comportamenti etici dell’organizzazione; • 3) il controllo dei sistemi messi in atto per assicurare la corretta implementazione di politiche, piani, procedure e regolamenti posti in essere sulla base del codice etico; • 4) la stesura del rapporto annuale di ethical auditing; • 5) le attività preparatorie all’intervento del certificatore esterno, qualora siano previste delle certificazioni etiche.

  37. Altre modalità di attuazione dei controlli interni di Ethical Internal Auditing • A)il sistema di segnalazioni, talora attraverso una linea telefonica dedicata, che offre la possibilità a qualunque dipendente di “rivolgere quesiti”, nonché di riferire ai responsabili della CSR qualunque comportamento potenzialmente non conforme al codice etico o ai valori etici dell’organizzazione; • B) il sistema di incentivi e di sanzioni, che ha luogo attraverso l’inserimento nel sistema di valutazione delle performance dei dipendenti dell’organizzazione di voci relative alla conformità dei comportamenti individuali ai valori e ai principi del codice etico

  38. Il CSR Manager • è una figura che svolge un ruolo di consulente per i problemi e gli strumenti di CSR a supporto di tutte le altre funzioni aziendali • la figura del CSR manager può anche coincidere con quella del social internal auditor”, ma le due funzioni restano distinte: • Il CSR Manager assicura l’introduzione e il funzionamento a regime dei nuovi strumenti di CSR e delle relative procedure, ivi compreso il campo degli strumenti esterni (standard), interni (codice etico) e di rendicontazione sociale (bilancio sociale); • L’ Ethical Internal Auditor garantisce il rispetto degli stessi da parte di tutta la struttura organizzativa con idonee procedure di controllo. • Entrambe rendono al meglio se previste come figure di diretta collaborazione con il vertice dell’organizzazione

  39. Il CSR Manager • A) assiste l’alta direzione : • nella stesura delle procedure interne aziendali ispirate alla CSR, assolvendo in tal modo una funzione di operational internal auditing; • nella definizione delle policy in materia di RSI, assolvendo una funzione di management internal auditing; • B) assiste le altre funzioni aziendali (es. marketing, acquisti, vendite, risorse umane) e le consiglia su come adeguare alle esigenze degli strumenti di CSR e agli standard eventualmente implementati le loro attività. • Deve avere: • una particolare sensibilità per la materia, competenza, capacità di coordinamento e una leadership riconosciuta all’interno della struttura; • il supporto politico dei massimi vertici aziendali perché la funzione venga letta dalla struttura come una posizione forte.

  40. La ONLUS aziendale • È uno strumento operativo di relazione, a scopo non lucrativo, costituito ad hoc o promosso da un’impresa profitper gestire e farvi convergere le proprie iniziative di beneficenza, solidarietà e promozione sociale e/o quelle dei propri soci e/o dipendenti. • Con l'acronimo ONLUS(D.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460) si intende una categoria tributaria cui possono appartenere enti di diritto privato, dotati o meno di personalità giuridica, con i requisiti previsti dalla legge e la possibilità di godere di agevolazioni fiscali. • E’ riconducibile alla volontà dell’impresa di creare una struttura autonoma per esprimere il proprio impegno per la comunità. • Le risorse con cui opera consistono in: • donazioni (corporate giving) dell’impresa; • quote versate da soci e/o da dipendenti dell’impresa; • prestazioni volontarie e gratuite di soci e/o dipendenti.

  41. La ONLUS aziendale: gli ambiti di intervento • raccolta fondi per fondazioni di ricerca; • adozione a distanza di bambini del terzo mondo; • assistenza sociale e socio-sanitaria; • educazione e formazione; • cultura (restauro di beni architettonici, ecc.) • sport (organizzazioni di gare di beneficenza, ecc.) • Le forme organizzative possono essere differenti: • fondazioni (es. Fondazione CARISBO); • CRAL aziendali; • cooperative sociali; • associazioni con finalità di solidarietà sociale.

  42. La ONLUS aziendale: i vantaggi per l’azienda • ottenere uno strumento per migliorare il clima aziendale; • incorporare i valori dell’associazionismo tra quelli aziendali; • aumentare il senso di appartenenza dei propri dipendenti; • associare il proprio nome ad attività di carattere benefico e umanitario connotate da forte desiderabilità sociale; • mettere in campo un’iniziativa di responsabilità sociale di grande ricaduta, spendendo risorse relativamente esigue, • ottenere l’impegno e la dedizione ulteriore rispetto alla prestazione lavorativa dai propri dipendenti; • creare una struttura ed i presupposti per organizzare campagne di marketing sociale e un partner no profit per attività di CRM; • può aggregare altri soggetti pubblici e privati per ottenere fondi in progetti che comunque portano il nome dell’azienda; • accreditarsi sul mercato come azienda socialmente responsabile.

  43. La ONLUS aziendale: i vantaggi per i dipendenti • possibilità di partecipare ad un progetto importante, facendolo con altri colleghi con i quali si è già in sintonia; • possibilità di fare volontariato in modo indipendente da istituzioni religiose e politiche; • certezza che si tratta di un’iniziativa seria, in quanto promossa e in qualche misura garantita dalla stessa azienda; • nella possibilità di ottenere elasticità sugli orari ed eventualmente permessi in quanto le finalità della iniziativa è condivisa dall’impresa e dagli stakeholder; • nella soddisfazione di un sentimento intimo e personale di solidarietà sociale .

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