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Universit La Sapienza di Roma Facolt di Scienze della Comunicazione Corso di laurea in Scienze della Comunicazione P

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Universit La Sapienza di Roma Facolt di Scienze della Comunicazione Corso di laurea in Scienze della Comunicazione P

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Presentation Transcript


    1. Le istituzioni politiche nell’era dell’ascrittivitŕ. La Grecia, Roma e l’Alto Medioevo. Dott. Stefano Scarcella Prandstraller Lezione II – “Le istituzioni politiche dell’antica Grecia” Universitŕ “La Sapienza” di Roma Facoltŕ di Scienze della Comunicazione Corso di laurea in Scienze della Comunicazione Pubblica ed Organizzativa Anno Accademico 2008-09 Corso di Storia delle Istituzioni Politiche SPS/03

    2. Le civiltŕ ascrittive piů antiche Si tratta di civiltŕ anche molto estese ed avanzate, ma: la titolaritŕ del potere, la suddivisione degli uomini in caste e gli ordinamenti sociali appaiono come dati una volta per tutte e assolutamente immutabili, come gli altri elementi dell’ordine naturale delle cose; vige un ordine sacrale e trascendente che permea con le sue certezze indiscusse ogni aspetto della vita collettiva; il monarca dispone di un potere assoluto, in quanto riconosciuto egli stesso come “fenomeno di natura divina”. Il Faraone egiziano č l’incarnazione del dio-falco Horus. Lo Shah-an-Shah persiano č manifestazione visibile agli uomini della Hvarena, la “solaritŕ” di Ahura Mazda.

    3. Le prime comunitŕ dell’antica Grecia La vita comunitaria gravita intorno ad una struttura sociale elementare: l’oikos, “casa”, “famiglia” o “comunitŕ domestica” che comprende il nucleo familiare allargato e gli schiavi, in cui l’ordine sociale č dato per scontato come quello naturale. Come piů tardi la familia romana, l’oikos č “unitŕ di parentela e unitŕ produttiva elementare”, e “spazio fisico e simbolico in cui si svolgono la vita, la riproduzione sociale ed economica, le attivitŕ di governo della comunitŕ”. (Crespi, 2007) L’ oikos č una “comunitŕ primaria” in cui tutte le funzioni risultano unificate, retta dalla “forma piů antica di potere tradizionale”, il patriarcalismo, in cui l’autoritŕ č del patriarca. La giustizia č amministrata dal patriarca con la sanzione diretta verso gli interni o la vendetta privata contro gli esterni. Quando piů oikoi si uniscono per fondare una tribů o un villaggio, il potere passa dal singolo patriarca alla gerontocrazia, basata sull’autoritŕ degli anziani.

    4. Dall’oikos alla polis Con il tempo le comunitŕ di piů oikoi si specializzano in un modello produttivo e si stratificano al loro interno. Le prime cittŕ-stato dell’antica Grecia, le poleis, si formano intorno al VI secolo a.C. attraverso un processo di aggregazione di piů comunitŕ diversamente specializzate e dagli interessi di massima tra loro compatibili. Si tratta di “nuove unitŕ sociali diverse da quelle di tipo ancestrale”, rese possibili dallo sviluppo della navigazione e degli scambi commerciali, il cui tipo di organizzazione comunitaria č fondato su “vincoli di solidarietŕ ed interesse” tra individui appartenenti alla stessa cittŕ, “che trascendono gli antichi legami di natura familiare e tribale” (Crespi, 2007) L’ordine sociale comincia per la prima volta ad apparire quale “suscettibile di trasformazione, in quanto direttamente dipendente dalle capacitŕ conoscitive e dalle qualitŕ morali dei cittadini stessi”. (Crespi, 2007)

    5. I caratteri della polis (Crespi, 2007) L’ascrittivitŕ nella polis resta il paradigma dominante, in quanto “l’individuo continua ad essere visto come parte di un tutto nel quale non sorge contrapposizione tra libertŕ individuale ed interesse pubblico”. Tuttavia, per la prima volta nella storia, “nella polis le forme politiche specifiche di governo e le leggi che regolano la convivenza diventano passibili di critica e di riforma in base a criteri razionali”. Pur conservando in parte “le proprie tradizioni tribali, i propri culti e le proprie credenze, gli individui che vivono nella polis devono riformulare in termini diversi la loro appartenenza alla nuova unitŕ sociale, che si č venuta a formare”. Nasce cosě la questione della “politica”, tŕ politikŕ, “le cose che riguardano la polis”, ovvero quella di “trovare nuove forme di legittimazione” rispetto a quelle piů propriamente sacrali e tradizionali, “per coloro che devono esercitare le funzioni di governo”, nonché di “definire nuove regole che siano osservate da tutti i cittadini della polis”.

    6. Polis e politica (Crespi, 2007) La politica si viene “costituendo come ambito specifico del sapere e delle pratiche che sono volte al governo della cosa pubblica: leggi che regolano la convivenza civile, istituzioni che fissano le funzioni e i limiti volti a garantire l’esercizio legittimo del potere”, con ciň “abilitando coloro cui viene attribuito il potere a compiere le scelte che interessano la vita della collettivitŕ nel suo insieme”. Tali “scelte” riguardano le “funzioni di difesa del territorio, di impiego e distribuzione delle risorse, di regolazione dei conflitti interni, di controllo dei comportamenti devianti, di educazione ed informazione”. Diverso da politikŕ č il termine politeia, che sta a significare “l’insieme delle norme fondamentali che regolano la vita della cittŕ”, con particolare riferimento ai rapporti tra le sue diverse istituzioni politiche.

    7. I caratteri della polis Nella polis greca “politica era sinonimo di democrazia diretta, dell’atto cioč di trovarsi a decidere della cosa pubblica da parte del piccolo gruppo di cittadini che ne avevano diritto, una situazione in realtŕ simile a un’autogestione, vista l’interconnessione evidente fra la sfera pubblica e privata dei pochi che detenevano il potere”. (Mongardini, 2001) Una distinzione tra istituzioni pubbliche e private, politiche e religiose, militari e diplomatiche, tipica dello stato moderno, non č proponibile per il mondo greco, in cui pubblico e privato hanno confini diversi, e il pubblico sopravanza il privato, politica e religione sono profondamente commiste, e non esistono spazi autonomi destinati all'amministrazione, alla diplomazia, all'organizzazione militare. (Poma, 2003)

    8. La politeia di Sparta La popolazione della polis č rigidamente divisa in tre classi, cui si appartiene per nascita e tra le quali non era prevista alcuna possibilitŕ di mobilitŕ sociale: gli spartiati, i perieci e gli iloti, delle quali solo la prima ha la totalitŕ dei diritti politici. La particolare struttura sociale della polis e la fondazione delle sue istituzioni politiche vengono ascritte al mitico legislatore Licurgo, sulla base di una rhetra, ossia un oracolo, ricevuto a Delfi; la sacralitŕ dell'immutabile ordinamento spartano viene cosě ricondotta direttamente alla volontŕ del dio Apollo. Licurgo avrebbe ripartito il territorio cittadino tra gli spartiati e quello delle campagne circostanti tra i perieci. A ciascuno spartiata č assegnato in usufrutto un lotto di terreno inalienabile, che rimane di proprietŕ della polis, e viene coltivato da un certo numero di iloti.

    9. Gli spartiati Ogni spartiata ha cosě una garanzia di indipendenza economica, che costituisce il fondamento per il godimento dei diritti politici ed il riconoscimento di uguaglianza rispetto agli altri. Gli spartiati si definiscono gli homňioi, “gli eguali”. Le altre terre e beni potevano essere liberamente oggetto di commercio, per cui tra gli spartiati c’erano differenze anche notevoli di condizione economica. Per essere spartiati occorreva che entrambi i genitori appartenessero a famiglie spartiati. I maschi si dedicavano esclusivamente, dai sette anni di etŕ, agli esercizi militari, in un regime di vita comunitario; a diciannove anni divenivano opliti; a trenta acquisivano il diritto di voto nell’assemblea, detta apella, e potevano sposarsi, pur mantenendo l’obbligo di continuare l’addestramento militare fino ai sessant’anni. Sparta č cosě in grado di disporre di un esercito di mestiere.

    10. I perieci e gli iloti I perieci, letteralmente “quelli che abitano intorno”, sono gli abitanti delle comunitŕ presenti nei territori che circondano la cittŕ, come la zona costiera; pur sotto il dominio politico di Sparta, vivono in uno stato di relativa libertŕ ed autonomia; sono dediti a lavori commerciali e artigianali ed tutte attivitŕ necessarie alla sopravvivenza della polis, ma che gli spartiati non possono praticare; i perieci sono comunque obbligati sia a pagare tributi a Sparta, che a combattere come fanterie leggere nell’esercito cittadino, senza perň godere in cambio di alcun diritto politico. Gli iloti non hanno invece alcun diritto in assoluto. Sono considerati schiavi pubblici, in quanto lavorano terre della polis, assegnate in usufrutto agli spartiati, i quali, come non possono vendere i propri appezzamenti di terreno, cosě non possono né affrancare, né vendere gli iloti che li coltivano.

    11. Le istituzioni politiche di Sparta La politeia di Sparta č interamente di origini mitico-tradizionali e si mantiene inalterata per piů di cinque secoli. La polis č organizzata in tribů (filŕi) e villaggi (obŕi). Il potere risiede in tre istituzioni politiche principali: i re, la gerusia e l’apella. La monarchia era stata la forma di governo usuale nella Grecia arcaica, ma solo a Sparta essa si conserva fino all’epoca classica, nella forma particolare della diarchia. I due re appartengono l’uno alla famiglia degli Agiadi e l’altro a quella degli Euripontidi e si crede che entrambe le dinastie discendano direttamente dal dio Eracle. Le competenze dei re sono in epoca classica ormai solo militari e religiose: ai re spetta il comando dell’esercito e la mediazione tra l’umano e il divino. Essi rappresentano la comunitŕ presso gli dči e interpretano la loro volontŕ a beneficio dell’intera polis. I re costituiscono la sommitŕ delle individualitŕ ascendenti di riferimento per la polis e infatti quasi tutti gli eroi spartani di cui si conserva il ricordo sono re, come Agesilao o Leonida.

    12. Le istituzioni politiche di Sparta La gerusia, ossia il consiglio degli anziani, č composto da trenta membri compresi i due re, ed ha poteri sia politici, che giudiziari nei processi capitali. Alla gerusia spetta la formulazione e l’esame preliminare delle proposte da sottoporre all’apella, che puň solo approvarle o respingerle, senza avere né potere di iniziativa, né possibilitŕ di modificarle o discuterle senza il preventivo consenso dei re e della stessa gerusia. L’apella, l’assemblea, costituita da tutti gli spartiati che hanno compiuto i trenta anni, approva le leggi. La sua volontŕ non viene appurata contando i voti, ma per acclamazione, ossia con la forza delle grida. L’appartenenza alla gerusia non č un diritto ereditario: i suoi membri, detti geronti, sono eletti dall’apella tra tutti gli spartiati di almeno sessanta anni di etŕ e restano in carica a vita. All’elezione si procede con la forza delle grida.

    13. Le istituzioni politiche di Sparta Tra gli spartiati, tra loro giuridicamente uguali, non esiste un’aristocrazia, con istituzioni politiche riservate ai suoi appartenenti, con la sola eccezione delle due dinastie reali. Alle tre istituzioni principali si aggiunge quella del consiglio dei cinque efori, letteralmente gli éphoroi, i “sorveglianti”, la cui origine č attribuita a Licurgo, ma non ad Apollo. Gli efori sono eletti dall’apella tra tutti gli spartiati, restano in carica un solo anno e non sono rieleggibili. Sono un collegio perfetto, che deve deliberare all’unanimitŕ. Tengono la giurisdizione, ricevono gli ambasciatori, firmano i trattati, presiedono l’apella, ordinano la mobilitazione dell'esercito e in generale controllano che le altre istituzioni, re inclusi, esercitino i loro poteri nei limiti stabiliti dalla tradizione. Uno degli efori, chiamato eforo eponimo, dŕ il nome all’anno in corso e ai documenti ufficiali. Una volta scaduto il loro mandato, l’operato degli efori č valutato dai loro successori e, se il caso, sanzionato con pene fino all’esilio o alla morte.

    14. La politeia di Atene La popolazione era suddivisa in quattro tribů gentilizie:gli Opleti, gli Argadei, i Geleonti e gli Egicorei. Il potere sociale e politico era saldamente in mano agli esponenti delle stirpi aristocratiche, detti eupatridi, che governavano attraverso tre principali istituzioni politiche: Gli arconti erano i magistrati supremi, carica appannaggio di poche famiglie scelte, che venivano eletti annualmente per sorteggio, in numero di nove: un eponimo, che dava il nome all'anno, un polemarco, capo militare, uno re o basileus, al quale erano assegnate le competenze in materia religiosa, e sei tesmoteti, che avevano il compito di far rispettare le leggi. Il consiglio dell‘Aeropago, supremo organo consultivo, costituito da coloro che avevano ricoperto la carica di arconte, e che ne rimanevano membri a vita. La boulč, principale organo legislativo, costituita da cento membri per ogni tribů gentilizia.

    15. La riforma di Solone Solone č eletto arconte con poteri straordinari, nel 594 a.C. La sua č nota come riforma timocratica o censitaria. Solone divide la popolazione in quattro classi censitarie: i pentacosiomedimni, con un reddito annuale di almeno 500 medimni di grano o equivalente; gli ippčis o cavalieri, con un reddito annuale di almeno 300 medimni di grano o in grado di mantenere un cavallo, che in guerra formavano con i primi la cavalleria; gli zeugiti, con un reddito annuale di almeno 200 medimni o erano in grado di mantenere una coppia di buoi da aratro, che in guerra formavano le falangi degli opliti; I teti, costituita da coloro che producevano meno di 200 medimni, compresi i nullatenenti, che in guerra contribuivano formando le fanterie leggere.

    16. La riforma di Solone Solo ai pentacosiomedimni č concesso il diritto di farsi eleggere alla carica piů importante, quella degli arconti. A tutti i cittadini che fossero pentacosiomedimni o cavalieri č concesso il diritto di essere eletti alla maggioranza delle altre cariche, come i tamiai. La boulč diviene accessibile alle prime tre classi. I teti non possono essere eletti ad alcuna carica, ma viene garantito loro il diritto di partecipare all'ecclesia, l’assemblea generale della polis, che diviene pubblica, e ai tribunali. Contiene una prima importante apertura alla mobilitŕ sociale: il criterio di distinzione tra una classe e l'altra non č piů la discendenza, che solo la nascita puň dare e non si puň mutare, ma il reddito. Crea un rapporto visibile tra il censo e il contributo atteso dai cittadini all’istituzione militare della cittŕ.

    17. La stratificazione sociale ad Atene La polis si forma attraverso la progressiva aggregazione di tre distinte comunitŕ, produttivamente specializzate: a) i pediakoi in pianura, che occupano le terre coltivabili e costruiscono l’acropoli, i templi e le botteghe e sono proprietari terrieri, coltivatori, attori, artigiani e manovali; b) i paralioi sulla costa, che costruiscono il porto e le sue infrastrutture e sono mercanti, armatori, costruttori navali, magazzinieri, carpentieri, tavernieri, pescatori, marinai; c) i diakrioi in montagna, che occupano i terreni rimasti liberi, quelli meno adatti all’agricoltura, nell’entroterra intorno alla cittŕ, e sono pastori e piccoli agricoltori. Ciascuna comunitŕ si compone di uomini di strati sociali differenti, ma che vivono tra loro in modo integrato.

    18. La riforma di Clistene L’obiettivo di Clistene (508-507 a.C.), : unire tre comunitŕ, i pediakoi in pianura, i paralioi sulla costa e i diakrioi in montagna, socialmente stratificate ciascuna secondo un proprio criterio, eliminando divisioni e contrapposizioni, che negli anni precedenti avevano dato luogo ad aspre lotte civili ed alla tirannia di Pisistrato e di Ippia. La cittŕ č suddivisa in dieci tribů territoriali, allo scopo di eliminare i vecchi gruppi di potere e “al fine di mescolare la popolazione” (Aristotele). Le quattro tribů iniziali rimasero soltanto per fini religiosi e sacrali. Ciascuna tribů viene divisa in tre grandi distretti, suddivisi a loro volta in dieci unitŕ territoriali chiamate trittie, composte da demi raggruppati a prescindere dalla contiguitŕ territoriale, in maniera tale da rappresentare le tre regioni dell’Attica, ovvero l'entroterra, la costa e la cittŕ.

    19. La riforma di Clistene La tribů era concepita come un grande distretto elettorale, sulla cui base si eleggevano sia i magistrati, che i membri della boulé, ed il modo in cui era costituita realizzava lo scopo precisato da Aristotele di “mescolare la popolazione”. In ogni tribů erano inseriti insieme gli abitanti delle montagne, quelli della costa e quelli della fascia mediana o mesogea, spezzando la coesione delle fazioni legate al territorio.in modo da esprimere, negli intenti di Clistene, l’interesse generale, piuttosto che non i fini particolaristici delle fazioni. A ciascuna delle dieci nuove tribů fu affidata la responsabilitŕ di fornire uno squadrone di cavalleria, una falange di opliti, ed un contingente di fanteria leggera. Ciascuna tribů costituiva altresě la base elettorale per la scelta di uno dei dieci strateghi, posti ai vertici dell’istituzione militare, e di uno dei dieci membri del collegio degli arconti, nonché degli altri magistrati minori.

    20. La riforma di Clistene La boulé dei quattrocento dei tempi di Solone diviene dei cinquecento, ora composta da dieci pritanie, una per ogni tribů, ciascuna formata da cinquanta membri e con a capo un epistŕtes. Ogni elezione aveva luogo con la tecnica del sorteggio, con l’eccezione di arconti e strateghi. Per gli arconti č previsto un doppio passaggio: le dieci tribů propongono una lista di candidati estratti a sorte e tra questi l’ecclesia sceglie gli arconti, sempre uno per tribů. I dieci strateghi vengono eletti dall‘ecclesia, in maniera tale che entri ogni anno in carica uno stratego per tribů. L’ecclesia occupa un ruolo preminente. Si riunisce in seduta ordinaria quattro volte al mese e con pieni poteri legislativi, limitati solo dal principio che niente potesse essere discusso che prima non fosse stato presentato dalla boulé.

    21. La riforma di Clistene Il procedimento di approvazione di nuove leggi prevede che la boulé presenti un progetto di legge all’ecclesia, che ha il potere di accoglierlo, modificarlo o rigettarlo del tutto; in caso di modifiche, il testo torna alla boulé. L’ecclesia elegge gli arconti tra le liste dei sorteggiati e gli strateghi; cura il sorteggio sia degli altri magistrati, che dei membri della boulé e gestisce il tesoro attraverso i tamiai; vota i trattati e le dichiarazioni di guerra. La boulé č un organo eletto per sorteggio di cinquecento membri; dŕ inizio ai procedimenti di formazione delle leggi, controlla le azioni dei magistrati, li chiama a rendere conto e in generale cura gli affari quotidiani della polis. Il consiglio dell'Areopago, costituito dagli arconti usciti di carica, ha compiti di controllo sull'operato di tutte le altre istituzioni politiche, piů competenze di carattere giudiziario. E’ introdotta la procedura dell’ostracismo, in base alla quale l’ecclesia, in almeno 6000, vota sull’esilio decennale di uno dei suoi membri, su proposta di un altro cittadino.

    22. Il pensiero politico di Platone La politica si viene costituendo nell’antica Grecia come “ambito specifico del sapere e delle pratiche che sono volte al governo della cosa pubblica” e cioč da una parte “le leggi che regolano la convivenza civile”, e dall’altra le istituzioni politiche, le quali ”fissano le funzioni e i limiti volti a garantire l’esercizio legittimo del potere” (Crespi, 2007). Il punto di vista di Platone deriva dall’esperienza delle poleis dell’antica Grecia e in particolare da quella di Atene, ove né la realtŕ della tirannide, e cioč il potere nelle mani di un solo individuo, né quella dell’oligarchia, e cioč nelle mani di pochi, né tanto meno quella della democrazia, e cioč di molti, avevano incontrato la sua approvazione. Platone sostiene che esistono un certo numero di “veritŕ morali assolute” cui l’uomo dovrebbe aspirare e che la societŕ perfetta, che puň derivare esclusivamente dall’applicazione di simili veritŕ, potrŕ esistere soltanto quando il potere sarŕ nelle mani di re-filosofi, che saranno in grado di comprendere queste veritŕ.

    23. Il pensiero politico di Aristotele Aristotele considera il governo di un singolo, di pochi e di molti, e mostra la forma ideale e quella distorta di ciascuno: a) la monarchia č la forma ideale di governo di un solo individuo, mentre la tirannide č la sua forma distorta; b) l’aristocrazia č la forma ideale del governo di pochi, e l’oligarchia la sua perversione; c) il governo della polis da parte di cittadini responsabili č l’ideale del governo dei molti, mentre la democrazia, intesa quale governo del dčmos, e cioč del popolo inteso nel senso deteriore di “folla”, č la sua degenerazione. La democrazia č stata connotata e valutata negativamente nel pensiero politico degli antichi e positivamente in quello dei moderni (Finley). Le tradizioni e le finalitŕ prestabilite della communitas possono meglio essere note ad una ristretta cerchia di “re-filosofi”, piuttosto che non al demos. Né Platone, né Aristotele si discostano mai dalla dimensione della polis come “ambito ideale di esercizio del potere” per immaginare una communitas piů vasta.

    24. Democrazia degli antichi e dei moderni (Bobbio, 1987) Mentre nella democrazia degli antichi “l’elezione era considerata una necessaria ed utile correzione del potere diretto del popolo”, nelle democrazie moderne “l’elezione costituisce una vera e propria alternativa rispetto alla partecipazione diretta, salvo l’introduzione, in casi specifici espressamente dichiarati, del referendum popolare”. “Nelle due forme di democrazia il rapporto di partecipazione ed elezione č invertito. Mentre oggi l’elezione č la regola e la partecipazione diretta l’eccezione, un tempo la regola era la partecipazione, l’elezione l’eccezione. Si potrebbe anche dire cosě: la democrazia di oggi č una democrazia rappresentativa talora integrata da forme di partecipazione popolare diretta; quella degli antichi era una democrazia diretta talora corretta dall’elezione di alcune magistrature”.

    25. Democrazia degli antichi e dei moderni Se si sposta l’analisi in una prospettiva strutturalista, le differenze tra democrazia degli antichi e dei moderni emerge come assai piů profonda: Le societŕ degli antichi, che praticavano forme di “democrazia diretta”, lo facevano in un’ottica di tipo ascrittivo, tanto di riferimento alla polis come comunitŕ naturale, in un regime di condivisione necessaria, quanto in una concezione del bene comune e delle finalitŕ della vita sociale ampiamente condivise a priori. Le societŕ dei moderni, al contrario, sono fondate sulla soggettivitŕ, in cui la regola č l’autoreferenza dell’individuo, ed in cui non solo le finalitŕ del gruppo, ma la stessa vita sociale č posta come problematica, per cui le regole e le azioni comuni devono essere continuamente negoziate. La la politica deve attuare una funzione di sintesi tra interessi particolaristici e le “ideologie”, le “associazioni di sintesi” come i partiti e la “democrazia rappresentativa” la assistono in una certa misura in tale compito.

    26. Democrazia ateniese e modernitŕ (Ober, Democracy and Knowledge, 2007) Ober analizza la democrazia ateniese del VI e V secolo a.C. dal punto di vista del reperimento e dell’uso della conoscenza dispersa nella popolazione in funzione di un’adeguata realizzazione dell’azione pubblica. Legge le vicende storiche in base alle teorie contemporanee sull’azione collettiva e della scelta razionale. Un regime politico democratico, secondo Ober, si fonda sulla libertŕ, e richiede che il popolo abbia una conoscenza generale dei problemi rilevanti per la vita sociale e la decisione politica . Il problema teorico centrale della scienza politica č quindi quello di come consentire l’uso ottimale di questa conoscenza, distribuita in modo disomogeneo nei vari livelli della cittadinanza.

    27. Democrazia ateniese e modernitŕ (Ober, Democracy and Knowledge, 2007) Nel periodo temporale preso in esame dall’autore, dal 508 al 322 a.C., Atene riesce ad essere sempre la cittŕ stato greca piů importante e florida, nonostante un “ambiente ecologico competitivo” e alterne vicende politiche e militari. I risultati piů rilevanti furono conseguiti nella competizione avverso altre forme statuali con sistemi politici autoritari, come l’Impero persiano, o comunque caratterizzati dalla concentrazione del potere nelle mani di un’élite, come Sparta. Ober definisce la democrazia come un sistema sociopolitico caratterizzato da forme di persuasione culturale relativamente soft, in grado di offrire agli individui una vasta gamma di scelte ed un’informazione sociale relativamente piena, in cui il potere non č monopolizzato da un individuo o da una élite, né si esercita solo all’interno di istituzioni politiche formali.

    28. Democrazia ateniese e modernitŕ (Ober, Democracy and Knowledge, 2007) La realizzazione dell’azione pubblica nella democrazia richiede un processo particolare: l’integrazione della conoscenza tecnica latente e dispersa con la conoscenza sociale e i valori condivisi, in modo da trasformare i “dati grezzi” in “conoscenza politicamente valida”, in grado cioč di orientare efficacemente i processi decisionali. Il sistema politico ateniese avrebbe affrontato e risolto i problemi connessi all’azione collettiva mediante tre processi epistemologici, parimenti necessari: 1. l’ aggregazione: intesa come esigenza di raccolta delle informazioni disperse nell’organizzazione e da rendere disponibili al momento giusto nel posto giusto; le istituzioni politiche ateniesi avrebbero stabilito sistemi a rete tra le varie comunitŕ mediante legami deboli e forti per la condivisione della conoscenza, ciň soprattutto tramite la boulč dei cinquecento e le specifiche modalitŕ di rotazione dei magistrati, realizzando un’alta aggregazione della popolazione, pur epistemologicamente diversa al suo interno;

    29. Democrazia ateniese e modernitŕ (Ober, Democracy and Knowledge, 2007) 2.l’ allineamento: intesa come necessitŕ di coordinare le azioni di singoli individui, che hanno in comune determinate preferenze, per raggiungere i risultati desiderati, che si raggiunge mediante una conoscenza comune ed impegni credibili, assunti e realizzati mediante un’ampia partecipazione a occasioni pubbliche; le istituzioni politiche ateniesi, grazie alla loro natura e forme rituali, sarebbero riuscite a realizzare l’allineamento dei cittadini, al fine di realizzarne gli scopi comuni; 3. la codificazione: intesa come necessitŕ di ridurre gli alti costi di transazione che limitano il numero ed il valore degli scambi, che si raggiunge mediante la riduzione dell’ineguaglianza informativa; Atene avrebbe avuto una codificazione chiara ed efficace, un conio affidabile, ed un sistema legale aperto alla tutela, stabile ed equo.

    30. La “ferrea legge dell’oligarchia” (Michels, 1911) Fondata su ricerche empiriche sui partiti politici, afferma che “l’organizzazione č l’inevitabile conseguenza della portata e della complessitŕ delle attivitŕ umane”, per cui l’apparente democrazia nelle organizzazioni si risolve inevitabilmente nel “dominio autoperpetuantesi di poche persone” e quindi che “chi dice organizzazione, dice oligarchia”. Secondo Ober, attraverso il successo nei tre processi epistemologici, il sistema della democrazia ateniese avrebbe superato la “legge” di Michels sull’oligarchia, secondo cui una democrazia inevitabilmente evolve in un’oligarchia per la necessitŕ di una tecnostruttura che possa gestire in modo professionale la societŕ e l’economia. Le vicende concrete della democrazia ateniese inducono l’autore a ritenere non solo la democrazia come una delle principali ragioni del progresso sperimentato dalla cittŕ, ma che le vicende di allora dimostrino come sia possibile sfuggire alla “legge” di Michels.

    31. Democrazia ateniese e modernitŕ (Ober, Democracy and Knowledge, 2007) Ciň in quanto nella democrazia ateniese non vigeva una “egemonia degli esperti”, ma anzi questi si rivolgevano costantemente all’assemblea per ottenerne l’approvazione mediante la diretta comunicazione alla cittadinanza, e quindi vi era “l’egemonia ideologica dei cittadini ordinari”. Ober conclude che la democrazia ateniese sia ancora rilevante come modello concreto per le democrazie attuali e potrebbe ancora oggi costituire un utile esempio di efficace partecipazione della cittadinanza alle politiche pubbliche. L’unico ostacolo che egli intravede all’estensione al mondo moderno del modello ateniese č la concreta realtŕ, anche dimensionale, degli odierni stati democratici, la quale “non lo renderebbe praticabile su scala nazionale”. Per questo che si limita ad affermare che “esso potrebbe offrire un valido complemento alle forme esistenti di governo rappresentativo, specie a livello locale”.

    32. Democrazia ateniese e modernitŕ (Ober, Democracy and Knowledge, 2007) L’aspetto che Ober non prende in considerazione č quello della struttura sottesa al mondo dell’antica Grecia, e cioč l’ascrittivitŕ, per cui la pňlis č percepita non solo come comune riferimento dei suoi cittadini, la convivenza al cui interno č condizione di condivisione necessaria, ma anche come mondo sociale dai fini in gran parte prestabiliti, in quanto derivati da un ragionamento logico-deduttivo condiviso a priori e dato in buona parte per scontato, rispetto ai quali la decisione politica costituisce unicamente un percorso di ricerca della migliore modalitŕ di attuazione. La diversitŕ epistemica riscontrabile all’interno del dčmos, cui pur accenna l’autore, non č infatti assolutamente comparabile con la pluralitŕ di soggettivitŕ autoreferenti che caratterizza le moderne societŕ acquisitive, in cui la decisione politica si configura quindi come processo di decisione sui fini ultimi e di mediazione e tentativo di sintesi tra interessi particolaristici e diverse visioni del mondo.

    33. Democrazia ateniese e modernitŕ (Ober, Democracy and Knowledge, 2007) Stante questa fondamentale differenza, il fabbisogno cognitivo necessario al cittadino ordinario nei due tipi di societŕ per partecipare efficacemente al processo democratico č a sua volta assolutamente incommensurabile. Non č un caso se la struttura dell’ascrittivitŕ si salda con le societŕ orali e con il contatto interpersonale diretto come mezzo di trasmissione della conoscenza, attraverso lo sviluppo della retorica e dell’oratoria tipico del mondo greco e romano, mentre la soggettivitŕ, per poter operare come forma di autocostruzione dell’uomo, richiede non solo un’alfabetizzazione generalizzata, ma anche la diffusione del medium tipografico, dotato di un potenziale varie volte maggiore come strumento di accumulazione, immagazzinamento e trasmissione della conoscenza.

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