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LA COSTITUZIONE EUROPEA

LA COSTITUZIONE EUROPEA. Testo e Articoli Storico-Filosofici. IL TESTO COSTITUZIONALE. PRESENTAZIONE. A Roma, il 29 ottobre 2004, 25 Paesi europei hanno firmato il Trattato che adotta la Costituzione europea.

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LA COSTITUZIONE EUROPEA

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Presentation Transcript


  1. LA COSTITUZIONE EUROPEA Testo e Articoli Storico-Filosofici

  2. IL TESTO COSTITUZIONALE

  3. PRESENTAZIONE • A Roma, il 29 ottobre 2004, 25 Paesi europei hanno firmato il Trattato che adotta la Costituzione europea. • Durante il vertice di Bruxelles del 18 giugno 2004, i 25 Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea avevano già approvato la Costituzione per l'Europa. Un risultato storico che consente di gettare basi solide e importanti per l'Unione europea e dare uno nuovo slancio al cammino comunitario.Il testo del Trattato costituzionale europeo unifica in un documento organico tutti i precedenti trattati, da quelli più lontani di Roma del 1957 fino ai più recenti di Maastricht e Nizza. La Costituzione europea dovrà essere ratificata da tutti i 25 Paesi membri dell'Unione: alcuni Stati lo faranno per via parlamentare, altri con referendum popolari. La Costituzione, una volta ratificata da tutti gli Stati, entrerà in vigore il 1° novembre 2006. Fino a quel momento l'Unione europea continuerà a funzionare come oggi, con i Trattati in vigore.

  4. Il testo della Costituzione approvato lo scorso 18 giugno, prevede maggiori poteri per il Parlamento europeo rispetto al passato. Come avviene oggi, esso eserciterà, insieme al Consiglio europeo, la funzione legislativa e quella di bilancio, ma avrà l'ultima parola su tutte le spese dell'Unione. Elegge il presidente della Commissione europea e ratificherà la nomina del ministro degli Esteri e dei membri della Commissione. Mantiene il potere esclusivo di censura sulla Commissione, come avvenne 5 anni fa con la Commissione Santer. Una novità rispetto alla bozza presentata dalla Convenzione guidata da Valery Giscard d'Estaing, è che il Parlamento europeo potrà raggiungere al massimo 750 parlamentari - quando entreranno 3 nuovi Stati membri. Inoltre è stato fissato un numero mimino e massimo di deputati per ciascun Paese: 6 e 96.

  5. LE TAPPE CHE HANNO PORTATO ALL’ APPROVAZIONE DELLA COSTITUZIONE • Dicembre 2001 - Consiglio di Laenken • Viene approvata la "dichiarazione di Laenken" che istituisce la Convenzione incaricata di preparare una bozza di Costituzione europea. La Convenzione riunisce i principali soggetti interessati al dibattito sul futuro dell'Unione, tra cui i rappresentanti di tutti gli Stati membri e dei Paesi candidati all'adesione, nonché i 16 rappresentanti del Parlamento europeo. La Convenzione, presieduta da Valery Giscard d'Estaing, ha adottato lo stesso modus operandi che il Parlamento europeo aveva utilizzato per l'approvazione della Carta dei diritti fondamentali.

  6. 28 febbraio 2002 - inizio dei lavori della Convenzione • Nella sede del Parlamento europeo di Bruxelles si tiene la riunione costitutiva della Convenzione.

  7. 20-21 giugno 2003 - Consiglio europeo di Salonicco • Al vertice nella città greca, Valery Giscard d'Estaing presenta formalmente ai Capi di Stato e di Governo il testo delle prime due Parti del Progetto di Trattato costituzionale elaborato dalla Convenzione. Il Vertice europeo convoca la Conferenza Intergovernativa incaricata di mettere a punto il testo definitivo della Costituzione.

  8. 10 luglio 2003 - Chiusura dei lavori della Convenzione • La Convenzione conclude i suoi lavori e adotta per consenso il testo completo della Costituzione per l'Europa. • 18 luglio 2003 - Consegna del testo elaborato dalla Convenzione • Giscard d'Estaing consegna all'Italia, presidente di turno dell'Ue, il testo definitivo che dovrà essere discusso dalla CIG, la Conferenza Intergovernativa.

  9. 4 ottobre 2003 - Al via la CIG a Roma. • La prima riunione della Conferenza Intergovernativa si tiene a Roma, sotto la Presidenza italiana dell'Ue. Secondo il Parlamento europeo il testo finale da adottare si sarebbe dovuto discostare il meno possibile dal progetto adottato dalla Convenzione. I capi di Stato e di Governo adottano la Dichiarazione di Roma.

  10. 12-13 dicembre 2003 - Vertice europeo • I Capi di Stato e di Governo riuniti a Bruxelles, non raggiungono un accordo sulla Costituzione europea il cui Testo uscito dalla Convenzione è stato rivisto e corretto. Ci sono problemi soprattutto sulla formula del voto a maggioranza qualificata e sulla sua applicazione, ma anche sulla composizione della Commissione e su alcuni temi economici. Il testimone passa alla presidenza irlandese dell'Ue.

  11. 25-26 marzo 2004 - Vertice europeo • I leader dei paesi dell'Ue, riuniti a Bruxelles, si impegnano formalmente a ricercare un accordo per dare all'Unione una Costituzione entro giugno.

  12. 17-18 giugno - Vertice europeo • Dopo un primo accordo fra i Ministri degli Esteri dei 25, i Capi di Stato e di Governo dei 25 raggiungono un compromesso sui punti ancora aperti del testo della Costituzione europea. • Durante il vertice di Bruxelles del 18 giugno 2004, i 25 Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea, hanno approvato la Costituzione per l'Europa. • 29 ottobre 2004. Firmata a Roma la Costituzione Europea.

  13. IL PREAMBOLO INIZIALE ED I PRIMI DIECI ARTICOLI: • PREAMBOLO • SUA MAESTÀ IL RE DEI BELGI, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CECA, SUA MAESTÀ LA REGINA DI DANIMARCA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI ESTONIA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ELLENICA, SUA MAESTÀ IL RE DI SPAGNA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FRANCESE, LA PRESIDENTE DELL'IRLANDA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI CIPRO, LA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI LETTONIA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI LITUANIA, SUA ALTEZZA REALE IL GRANDUCA DEL LUSSEMBURGO, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI UNGHERIA, IL PRESIDENTE DI MALTA, SUA MAESTÀ LA REGINA DEI PAESI BASSI, IL PRESIDENTE FEDERALE DELLA REPUBBLICA D'AUSTRIA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI POLONIA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PORTOGHESE, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI SLOVENIA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SLOVACCA, LA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI FINLANDIA, IL GOVERNO DEL REGNO DI SVEZIA, SUA MAESTÀ LA REGINA DEL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD,

  14. ISPIRANDOSI alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell'Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, e dello Stato di diritto; CONVINTI che l'Europa, ormai riunificata dopo esperienze dolorose, intende avanzare sulla via della civiltà, del progresso e della prosperità per il bene di tutti i suoi abitanti, compresi i più deboli e bisognosi; che vuole restare un continente aperto alla cultura, al sapere e al progresso sociale; che desidera approfondire il carattere democratico e trasparente della vita pubblica e operare a favore della pace, della giustizia e della solidarietà nel mondo; PERSUASI che i popoli d'Europa, pur restando fieri della loro identità e della loro storia nazionale, sono decisi a superare le antiche divisioni e, uniti in modo sempre più stretto, a forgiare il loro comune destino;CERTI che, "Unita nella diversità", l'Europa offre ai suoi popoli le migliori possibilità di proseguire, nel rispetto dei diritti di ciascuno e nella consapevolezza delle loro responsabilità nei confronti delle generazioni future e della Terra, la grande avventura che fa di essa uno spazio privilegiato della speranza umana; RISOLUTI a proseguire l'opera compiuta nel quadro dei trattati che istituiscono le Comunità europee e del trattato sull'Unione europea, assicurando la continuità dell'acquis comunitario; RICONOSCENTI ai membri della Convenzione europea di aver elaborato il progetto della presente Costituzione a nome dei cittadini e degli Stati d'Europa,

  15. HANNO DESIGNATO COME PLENIPOTENZIARI: • SUA MAESTÁ IL RE DEI BELGI IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CECA SUA MAESTÁ LA REGINA DI DANIMARCA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI ESTONIA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ELLENICA SUA MAESTÁ IL RE DI SPAGNA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FRANCESE LA PRESIDENTE DELL'IRLANDA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI CIPRO LA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI LETTONIA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI LITUANIA SUA ALTEZZA REALE IL GRANDUCA DEL LUSSEMBURGO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI UNGHERIAIL PRESIDENTE DI MALTA SUA MAESTÁ LA REGINA DEI PAESI BASSI IL PRESIDENTE FEDERALE DELLA REPUBBLICA D'AUSTRIA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI POLONIA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PORTOGHESE IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI SLOVENIA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SLOVACCA LA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI FINLANDIA IL GOVERNO DEL REGNO DI SVEZIA SUA MAESTÁ LA REGINA DEL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD • I QUALI, dopo avere scambiato i loro pieni poteri, riconosciuti in buona e debita forma, hanno convenuto le disposizioni che seguono:

  16. PARTE I, TITOLO I DEFINIZIONE E OBIETTIVI DELL'UNIONE • ARTICOLO I-1 • Istituzione dell'Unione • 1. Ispirata dalla volontà dei cittadini e degli Stati d'Europa di costruire un futuro comune, la presente Costituzione istituisce l'Unione europea, alla quale gli Stati membri attribuiscono competenze per conseguire i loro obiettivi comuni. L'Unione coordina le politiche degli Stati membri dirette al conseguimento di tali obiettivi ed esercita sulla base del modello comunitario le competenze che essi le attribuiscono. • 2. L'Unione è aperta a tutti gli Stati europei che rispettano i suoi valori e si impegnano a promuoverli congiuntamente.

  17. ARTICOLO I-2 • Valori dell'Unione • L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a una minoranza. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.

  18. ARTICOLO I-3 • Obiettivi dell'Unione • 1. L'Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli. 2. L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne e un mercato interno nel quale la concorrenza è libera e non è falsata. 3. L'Unione si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore.Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri. Essa rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo. • 4. Nelle relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite. • 5. L'Unione persegue i suoi obiettivi con i mezzi appropriati, in ragione delle competenze che le sono attribuite nella Costituzione.

  19. ARTICOLO I-4 • Libertà fondamentali e non discriminazione • 1. La libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali e la libertà di stabilimento sono garantite dall'Unione ed al suo interno in conformità della Costituzione. • 2. Nel campo d'applicazione della Costituzione e fatte salve le disposizioni particolari da essa previste, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità.

  20. ARTICOLO I-5 • Relazioni tra l'Unione e gli Stati membri • 1. L'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti alla Costituzione e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell'integrità territoriale, di mantenimento dell'ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. • 2. Secondo il principio di leale cooperazione, l'Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti dalla Costituzione. Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dalla Costituzione o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione.Gli Stati membri facilitano all'Unione l'adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione.

  21. ARTICOLO I-6 • Diritto dell'Unione • La Costituzione e il diritto adottato dalle istituzioni dell'Unione nell'esercizio delle competenze a questa attribuite prevalgono sul diritto degli Stati membri. • ARTICOLO I-7 • Personalità giuridica • L'Unione ha personalità giuridica.

  22. ARTICOLO I-8 • I simboli dell'Unione • La bandiera dell'Unione rappresenta un cerchio di dodici stelle dorate su sfondo blu. • L'inno dell'Unione è tratto dall'"Inno alla gioia" della Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven. • Il motto dell'Unione è: "Unità nella diversità". • La moneta dell'Unione è l'euro. • La giornata dell'Europa è celebrata il 9 maggio in tutta l'Unione.

  23. TITOLO II DIRITTI FONDAMENTALI E CITTADINANZA DELL'UNIONE • ARTICOLO I-9 • Diritti fondamentali • 1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali che costituisce la parte II. • 2. L'Unione aderisce alla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nella Costituzione. • 3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali.

  24. ARTICOLO I-10 • Cittadinanza dell'Unione • 1. È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce. • 2. I cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nella Costituzione. Essi hanno: • a) il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri; • b) il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato; • c) il diritto di godere, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui hanno la cittadinanza non è rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato; • d) il diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo, di ricorrere al mediatore europeo, di rivolgersi alle istituzioni o agli organi consultivi dell'Unione in una delle lingue della Costituzione e di ricevere una risposta nella stessa lingua. • Tali diritti sono esercitati secondo le condizioni e i limiti definiti dalla Costituzione e dalle misure adottate in sua applicazione.

  25. ARTICOLI STORICO-FILOSOFICI

  26. Libertà di religione e Costituzione Europea • Il caso dell’Italia • Le seguenti considerazioni derivano dalla nostra esperienza di cittadini italiani: l’art. 7 della nostra Costituzione stabilisce che il Concordato con la Chiesa cattolica non può essere sciolto se non per accordo di entrambe le parti. La Repubblica italiana e la Chiesa cattolica sono quindi poste sullo stesso piano e ciò conferisce alla Chiesa cattolica un ruolo ufficiale che comporta una serie nefasta di conseguenze. • La prima di tali conseguenze è la violazione dell’art. 3 della Costituzione che stabilisce che tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge. In realtà non lo sono: i cittadini di religioni o comunità di fede diverse dalla cattolica e i cittadini senza appartenenza religiosa (atei, agnostici, liberi pensatori, persone che non hanno nessuna fede religiosa) sono de facto discriminati in molti ambiti quali l’insegnamento della religione nella scuola, l’esposizione di simboli religiosi in tutti gli edifici pubblici, il finanziamento pubblico di oratori, di istituti e di Ong a carattere religioso, la presenza di rappresentanti delle religioni a cerimonie pubbliche, il tempo dedicato dalla radio e dalla TV pubbliche al Papa le cui dichiarazioni sono spesso anteposte a quelle del Presidente della Repubblica, agli eventi religiosi, ai miracoli, alle madonne piangenti, ai preti esorcisti e così via. Il Concordato del 1984 e il Governo Berlusconi hanno accresciuto ulteriormente i privilegi della Chiesa cattolica.

  27. Il Ministro della pubblica istruzione ha nominato un cardinale come consulente del Ministero per le questioni attinenti all’etica. La presenza ufficiale nel processo di governo di un consulente religioso ottunde e mina le basi della democrazia, perché la legittimità di un Governo risiede esclusivamente nel mandato ricevuto dal popolo sovrano e il ricorso a una fonte di legittimità esterna ad esso rappresenta un suo inequivocabile indebolimento. Tanto più se la fonte esterna in questione è l’esponente di una religione che, in quanto tale, basa la propria etica su un messaggio trascendente che solo i suoi seguaci possono essere in grado di apprezzare. Inoltre, essendo la Chiesa cattolica una teocrazia la cui gerarchia non è eletta - né è responsabile dei propri atti - non dovrebbe essere considerata allo stesso livello di un governo democraticamente eletto. • È attualmente all’esame del Parlamento un disegno di legge sulla libertà religiosa che, per la prima volta, riconosce esplicitamente la libertà di non avere alcuna religione. Ci auguriamo che abbia come effetto di legittimare i non credenti e le loro associazioni presso le istituzione della Repubblica poiché, fino a ieri, ogni richiesta, da parte dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR), di essere sentiti su questioni quali l’insegnamento della religione nelle scuole è stata da esse ignorata o respinta perché…non siamo una religione! L’UAAR ha condotto una campagna di sensibilizzazione in questo senso che sembra avere dato qualche frutto.

  28. L’Europa e la libertà religiosa • L’Articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali assicura la libertà di religione e la libertà di cambiare religione ma non menziona la libertà di non avere religione alcuna. Ci sono due possibili interpretazioni di tale omissione: a) che questa libertà è ovvia e non necessita di essere esplicitata e, b) che ai cittadini senza religione tale libertà non si applica. Una simile omissione sarebbe inconcepibile nella Costituzione europea, sia per le ragioni esposte in precedenza, sia perché tutti gli stati membri hanno firmato e ratificato le Conclusioni dell’Incontro di Vienna del 1986 sulla sicurezza e la cooperazione in Europa1 la quale afferma che i governi si impegnano a favorire l’effettiva eguaglianza tra credenti e non credenti e a promuovere un clima di tolleranza e rispetto reciproci tra cittadini di differenti comunità religiose e tra credenti e non credenti.

  29. La maggioranza dei cittadini europei sono, tutt’al più, indifferenti alla religione e al credo religioso.2 Alcuni appartengono ad associazioni filosofiche e non confessionali, alcuni a comunità di pensiero o di fede, ma la grande maggioranza di essi non sentono il bisogno di associarsi su temi che ritengono essere di natura strettamente privata. Confidano che il loro parlamento e il loro governo raggiungeranno la migliore soluzione di compromesso, rispettosa di tutti, su temi etici che riguardano la cittadinanza nel suo complesso. Si tratta di un rapporto di fiducia giusto e prezioso, l’essenza della democrazia. Tuttavia se a una religione fosse permesso di fare pressione o di pronunciarsi ufficialmente su tematiche riguardanti il processo decisionale, ciò creerebbe un privilegio per i cittadini appartenenti a quella religione. Tale privilegio comporterebbe inevitabilmente la discriminazione dei non credenti e dei cittadini appartenenti a minoranze religiose, cioè della maggior parte della popolazione europea. • I nostri Paesi hanno sottoscritto il principio secondo il quale lo Stato è tenuto ad assicurare ai cittadini l’esercizio effettivo dei propri diritti; quindi essi sono tenuti ad attribuire lo stesso peso ai credenti e ai non credenti, ai cittadini singoli e a quelli associati. Pertanto, le associazioni religiose e le associazioni filosofiche non confessionali devono godere degli stessi benefici relativi alla libertà religiosa riconosciuti ed elargiti dallo Stato. La governance e la libertà di religione devono essere rigorosamente separate.

  30. La Costituzione europea • Una Costituzione non è un documento filosofico e perciò ogni riferimento alla storia - comunque soggetto a interpretazioni di parte - è superfluo. Inoltre, considerato che i futuri allargamenti dell’UE ci trasformeranno in una popolazione più ricca, variegata e differenziata di 480 milioni di abitanti, sarà necessario che la Costituzione ne tenga conto, evitando ogni privilegio e conseguente discriminazione. • La citazione nella Costituzione di un “patrimonio religioso”,3 accettabile per chi ritiene che il Diritto e la Legge ci vengano da una autorità o una ispirazione celeste, è estranea ai principi della democrazia parlamentare; va comunque ricordato che, fino alla prima metà del ventesimo secolo, la Chiesa cattolica si è opposta a molti dei grandi principi fondanti della nostra democrazia. In ogni caso, il dibattito attuale sulle “radici cristiane” d’Europa è mal impostato per due ragioni. La prima è che nessuno nega l’influsso del Cristianesimo, sebbene pochi ricordino che tale influsso è stato spesso assai deprecabile - come i troppo scarsi pentimenti del Papa testimoniano - e non è assolutamente unico, dal momento che è al Rinascimento e all’Illuminismo che dobbiamo la libertà di religione e i valori della nostra politica cui teniamo maggiormente. Inoltre, la storia ci insegna che l’intolleranza religiosa - e quindi le guerre di religione - sono un prodotto delle religioni monoteistiche che ancora oggi affermano di essere le uniche a detenere la verità. La dichiarazione Dominus Jesus della Congregazione vaticana per la diffusione della fede (agosto 2000)4 è illuminante in questo senso. Perciò il “carattere universale” dei valori cristiani deve essere fermamente respinto.

  31. La seconda ragione è che un riferimento alle radici cristiane dell’Europa equivarrebbe, all’atto pratico, al riconoscimento del ruolo ufficiale delle religioni nel processo pubblico europeo. Ciò non solo aprirebbe la via alle richieste da parte degli esponenti delle chiese di considerare come diritti acquisiti i loro attuali privilegi, ma consentirebbe loro di opporsi ad ogni misura considerata contraria alla dottrina, in particolare nell’ambito della libertà di coscienza, famiglia, educazione, vita sessuale (La Santa Sede ha condannato il Field Manual dell’Alta Commissariato per i Rifugiati dell’ONU utilizzato nei campi profughi perché raccomanda la contraccezione), ricerca scientifica, ecc. • L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti richiede la vostra piena attenzione sui temi sopra trattati. • Aprile 2002

  32. NOTE • 1. CONCLUSIONS de la réunion de Vienne 1986 des représentants des Etats qui ont participé à la Conférence sur la sécurité et la coopération en Europe, convoquée sur la base des dispositions de l’Acte final relatif aux suites de la Conférence. • [...] (16) Afin d’assurer la liberté des individus de professer et de pratiquer une religion ou une conviction, les Etats membres, entre autre: • (16.1) adopteront des mesures efficaces tendant à empêcher et éliminer toute discrimination basée sur la religion ou la conviction des individus et des communauté pour ce qui est de la reconnaissance, l’exercice et la jouissance des droits de l’homme et des libertés fondamentales dans tous les secteurs de la vie civile, politique, économique, sociale et culturelle et assureront l’égalité effective entre croyants et non croyants; • (16.2) favoriseront un climat de tolérance et de respect réciproque entre les croyants des différentes communautés ainsi qu’entre croyants et non-croyants; • (17)...Dans leurs lois et règlements et dans leur application (les Etats) assureront la mise en œuvre pleine et effective de la liberté de pensée, de conscience, de religion ou conviction; • 2. Dall’accordo del 1984 al disegno di legge sulla libertà religiosa, edito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma 2001: «Le identità, infatti, non possono che essere fuse nei calchi dei principi supremi di uguaglianza e libertà che la Costituzione ha predisposto, né possono, ove si dovesse “esaltare” qualsiasi tipo di diversità in quanto religiosa , creare spazi di privilegio per i “credenti” a scapito non di altri “credenti” (tutti in un sistema ottomano potrebbero ottenere il privilegio della specialità), ma di quei “non credenti” che - lo si voglia o non - sono in realtà la vera maggioranza dell’Europa occidentale del Duemila». • 3. Dall’ufficio stampa del Vaticano (da Internet) - 23 febbraio 2002 • Alle 11.50 di questa mattina nella Sala Clementina del Palazzo Vaticano, il santo Padre ha tenuto udienza per i partecipanti al Terzo Forum Internazionale per la democrazia, la pace e la cooperazione internazionale promosso dalla Fondazione Alcide de Gasperi. Durante la cerimonia, il Papa ha pronunciato il seguente discorso: • omessi punti 1. e 2.

  33. 3. La mia preoccupazione più grande per l'Europa è che essa conservi e faccia fruttificare la sua eredità cristiana. Non si può, infatti, negare che il continente affondi le proprie radici, oltre che nel patrimonio greco-romano, in quello giudaico-cristiano, che ha costituito per secoli la sua anima più profonda. Gran parte di quello che l'Europa ha prodotto in campo giuridico, artistico, letterario e filosofico ha un'impronta cristiana e difficilmente può essere compreso e valutato se non ci si pone in una prospettiva cristiana. Anche i modi di pensare e di sentire, di esprimersi e di comportarsi dei popoli europei hanno subito profondamente l'influsso cristiano.Purtroppo, alla metà dello scorso millennio ha avuto inizio, e dal Settecento in poi si è particolarmente sviluppato, un processo di secolarizzazione che ha preteso di escludere Dio e il cristianesimo da tutte le espressioni della vita umana.Il punto d’arrivo di tale processo è stato spesso il laicismo e il secolarismo agnostico e ateo, cioè l'esclusione assoluta e totale di Dio e della legge morale naturale da tutti gli ambiti della vita umana. Si è relegata così la religione cristiana entro i confini della vita privata di ciascuno. Non è significativo, da questo punto di vista, che dalla Carta d'Europa sia stato tolto ogni accenno esplicito alle religioni e, quindi, anche al cristianesimo? Ho espresso il mio rammarico per questo fatto, che ritengo antistorico e offensivo per i Padri della nuova Europa, tra i quali un posto preminente spetta ad Alcide De Gasperi, a cui è dedicata la Fondazione che voi qui rappresentate. • 4. Il «vecchio» continente ha bisogno di Gesù Cristo per non smarrire la sua anima e per non perdere ciò che l'ha reso grande nel passato e ancora oggi lo impone all'ammirazione degli altri popoli. E' infatti in virtù del messaggio cristiano che si sono affermati nelle coscienze i grandi valori umani della dignità e dell'inviolabilità della persona, della libertà di coscienza, della dignità del lavoro e del lavoratore, del diritto di ciascuno a una vita dignitosa e sicura e quindi alla partecipazione ai beni della terra, destinati da Dio al godimento di tutti gli uomini.Indubbiamente all'affermazione di questi valori hanno contribuito anche altre forze al di fuori della Chiesa, e talora gli stessi cattolici, frenati da situazioni storiche negative, sono stati lenti nel riconoscere valori che erano cristiani, anche se recisi, purtroppo, dalle loro radici religiose. Questi valori la Chiesa li ripropone oggi con rinnovato vigore all'Europa, che rischia di cadere nel relativismo ideologico e di cedere al nichilismo morale, dichiarando talora bene quello che è male e male quello che è bene. Il mio auspicio è che l'Unione Europea sappia attingere nuova linfa al patrimonio cristiano che le è proprio, offrendo risposte adeguate ai nuovi quesiti che si propongono soprattutto in campo etico.

  34. L'Europa pacifistatra Kant e Machiavellidi EUGENIO SCALFARI • Rispondo, perché direttamente chiamato in causa anche se non nominato con una "pudicizia" di cui mi sfugge il senso, all'articolo di Ernesto Galli Della Loggia pubblicato come fondo dal "Corriere della Sera" di domenica 23 febbraio con il titolo "Europa e America, il grande freddo". In esso il Della Loggia riassume molto bene un mio articolo di domenica 16 febbraio, all'indomani dei grandi cortei sulla pace svoltisi il giorno prima in tutta Europa e in molte altre parti del mondo e pone la seguente questione: il pacifismo europeo - che ha con sé la grande maggioranza dello spirito pubblico del continente - è nato dopo le due grandi guerre che sconvolsero i nostri territori e li insanguinarono con milioni e milioni di morti.Da allora gli europei bandirono la guerra e anche la politica (così sempre Della Loggia) dal proprio orizzonte mentale affidando le loro sorti alle forze socialdemocratiche e cattoliche, intrinsecamente pacifiste, e s'incamminarono verso la meta di un'Europa unita e pacifica. La quale - prosegue il Nostro - non riesce tuttavia a compiersi poiché, come ogni soggetto istituzionale e politico, non può fondarsi su un sentimento di pacifismo assoluto e antipolitico. E' quindi una favola quella di un popolo europeo che dal basso superi le riserve dei governi nazionali e imponga speditamente l'unità politica del continente.Questa unità, avendo come base un pacifismo ideologico e quindi antipolitico, è impensabile per definizione. "In senso profondo prefigurerebbe un vero e proprio rovesciamento della stessa storia europea: la rivincita di Kant su Machiavelli. Ma in un mondo che continuerebbe ad ispirarsi al grande fiorentino e a procedere per la sua strada infischiandosene di pace, di etica e di altri principi consimili".

  35. Conclusione: diverso sarebbe se una determinata guerra viene rifiutata con specifiche motivazioni sulle quali si può consentire e dissentire. Ma se il rifiuto comprende tutte le guerre e quindi il concetto stesso di guerra in quanto tale, ciò esclude l'esercizio della sovranità che fa tutt'uno con l'uso della forza. Il preteso popolo europeo pacifista ad oltranza è dunque una fanfaluca ideologica che si dimostrerà impotente a produrre alcunché di costruttivo e di duraturo. Fin qui la tesi del mio contraddittore che, come spesso gli accade, volendo dimostrare troppo finisce col dimostrare assai poco se non nulla affatto. • * * *E' vero: dal 1945 ad oggi e presumibilmente per molti e molti anni a venire lo spirito pubblico europeo ha rifiutato il concetto di mattatoio che aveva tristissimamente sperimentato sulle proprie carni e ha spinto in vari modi i propri governi nazionali a fare proprio il motto: [ab]mai più guerre tra di noi[bb]. Quel mattatoio - sia qui incidentalmente ricordato - non era cominciato nel 1914 e poi ripreso nel '39; aveva radici infinitamente più antiche ed aveva regalato all'Europa secoli e secoli di guerre, carestie, pestilenze e uno sterminato ossario di vittime, con insulse anche se non ideologiche motivazioni dinastiche e/o religiose. Non starò ad enumerare le tappe del mattatoio che presumo siano note a tutti e che finì poi per estendersi anche ad altre parti del mondo come proiezione della politica di potenza della Spagna, della Francia, delle Provincie Unite, dell'Inghilterra, dell'Austria, della Prussia, della Russia. La prima vera guerra ideologica fu quella della Francia repubblicana e poi napoleonica (altri milioni di morti) che cominciò come difensiva, si trasformò in strumento di diffusione della libertà e della democrazia contro i regimi assolutistici, per divenire infine guerra imperiale e imperialistica. Naufragò a Sant'Elena, ma il mattatoio, purtroppo, continuò su scala industriale, anzi tecnologica. Questa situazione è stata rovesciata - mi auguro per sempre - sessant'anni fa. Da chi? Lo dice anche il Della Loggia: dallo spirito pubblico europeo che decise di rifiutare la guerra. Quale guerra, questa, quella, quell'altra? No: ogni guerra che insanguinasse ancora il continente. E con quali mezzi quello spirito pubblico pervenne ad un così concreto risultato?Puntando sull'unità dell'Europa e intanto insediando nei governi degli Stati nazionali forze politiche che facevano della pace uno dei punti, anzi il punto essenziale della loro politica. Dunque l'obiettivo della pace può ben essere il fine e insieme lo strumento di una politica. Non è necessariamente una fanfaluca.

  36. * * *La Francia repubblicana dell'Ottantanove volle esportare la Repubblica e la democrazia nell'Europa ancora feudale, anzi assolutistica. Ci riuscì? Propongo la questione perché è quanto mai attuale alla vigilia d'una guerra "preventiva" che si propone obiettivi analoghi e altrettanto "filantropici" di liberazione di popoli oppressi. Ebbene sì, ci riuscì. Ma dove? Ci riuscì nei Paesi Bassi, nelle regioni economicamente evolute al di là del Reno, nell'Italia padana.Non ci riuscì in Brandeburgo, nell'Italia del Sud, nella Spagna sanfedista, in tutti i paesi che, al di là dell'Elba, non conoscevano né borghesia né capitalismo ma soltanto latifondo, burocrazia, "anime morte" e poteri per censo e diritto divino mescolati insieme. Se c'è da trarre una morale (con tutte le cautele del caso) è questa: un sistema politico si può esportare in paesi con condizioni sociali consimili a quelle del paese esportatore, altrimenti l'innesto non attecchisce. La Camera dei Comuni era impensabile nell'India castale e infatti gli inglesi non ci pensarono neppure. E così accadde dovunque nel periodo coloniale. Affinché l'innesto attecchisca bisogna non dico abolire ma mitigare la povertà e tutto quanto ne segue. Si vuol sapere perché si è contrari (chi lo è) all'imminente guerra irachena? Una ragione è questa: non si innesta la libertà politica in culture completamente diverse e dove il reddito è sotto il livello della sussistenza. Non ha funzionato neppure in Egitto, né in Siria, né in Giordania, né nella penisola arabica, né in Afghanistan, né in Pakistan.E neppure in Algeria e in Marocco, dove pure una borghesia c'è e il livello del reddito consentirebbe. Certo si può sempre tentare, ma mille volte meglio con la pace che con la guerra. Non so se mi sono spiegato.

  37. * **Personalmente sono da sempre un cultore del Machiavelli. Anche del Guicciardini. E sono assai devoto del pensiero kantiano (e non dell'hegeliano). Kant deriva per filo diretto dall'Illuminismo, anzi fu un grandissimo illuminista. Hegel nient'affatto. Kant laicizzò il divino, Hegel lo rimise in trono. "Decapitaro Immanuel Kant Iddio/Massimiliano Robespierre il Re": era un po' approssimativo il Carducci e ci andava giù di grosso ma spesso coglieva il punto. Che cosa vuol dire il Della Loggia quando si avventura su Kant e su Machiavelli? Che la politica, cioè il Potere, ignorano l'etica? Che il fine giustifica i mezzi? Che Platone è una testa di rapa? Che la colpa del mattatoio è dei giacobini e i giacobini essendo figli di Voltaire o meglio di Rousseau, spetta dunque al povero Rousseau la responsabilità del Gulag?Alcune di queste cose le ha scritte più volte, altre le ha sottintese; del resto non è stato il solo. Ma mi permetto di dire che sono baggianate. Machiavelli si era posto un problema e si era fatto una domanda: quali fossero i modi per rendere efficiente il Potere e per conquistarlo, e aveva risposto: commisurare i mezzi al fine, calcolare - diremmo noi oggi - i costi e i benefici.Lo stesso Machiavelli si pose, in altre stanze del suo pensiero, altre domande tra le quali anche domande sull'etica, cioè sul bene comune, cioè sui fini del Potere e non soltanto del Potere come fine. Infatti piaceva sia al De Sanctis che al Croce. Perché distingueva. Affrontava distintamente problemi distinti. Non si pose mai, il Machiavelli, la domanda sui rapporti tra l'etica e la politica. Analizzava, non cercava la sintesi. Kant, dal canto suo, studiò, anzi inventò la conoscenza e la logica trascendentali. Ogni persona dotata di buonsenso capisce che non si tratta di parteggiare per l'uno o per l'altro, che sarebbe poi l'ennesima baggianata. Si tratta invece di sapere che nella cultura moderna e in particolare nella cultura democratica moderna il Potere non può esimersi da un rapporto con l'etica.Questo, almeno questo, lo dobbiamo a Rousseau e a Diderot. Ed anche ad Adam Smith e alle sue considerazioni morali. Mi permetto di usare un esempio terra terra perché ho sempre il timore di non essere capito bene: Aznar ha oggi buone ragioni di temere che alle prossime elezioni i socialisti (pacifisti senza né "se" né "ma") di Zapatero riconquisteranno il governo del Paese. Anche Blair in casa propria qualche guaio ce l'ha. Berlusconi, da quel formidabile venditore di tappeti che è, questi pericoli li ha già avvistati per primo; infatti è preoccupatissimo e naviga a vista sperando almeno nell'"imprimatur" dell'Onu. Con questo non voglio identificare il pacifismo con l'etica ma una cosa è certa: con la guerra l'etica non ha proprio niente a che vedere.Il Dio degli Eserciti, caro Ernesto Della Loggia, con il mondo moderno non ha niente a che vedere, Cristo l'ha messo fuorigioco dalla prima mossa. Mi riesce difficile capire perché ti venga ancora in mente quella cosa lì.

  38. * * *Comunque: non mi sento un Gino Strada; tra l'altro lui fa una vita meritoria quanto impossibile; confesso che non sono un apostolo e quella vita non saprei né vorrei farla. Per dire: non credo alla fine della storia e quindi neppure al pacifismo integrale che sarebbe il paradiso in terra. Ma credo che anche le grandi utopie, oltre che i grandi interessi, muovano il corso della storia e il pacifismo integrale (o ideologico come sento dire con schifiltoso disprezzo) è una grande utopia che può muovere la storia e forse ha già cominciato a muoverla.E credo, per venire a noi, che questa guerra preventiva contro l'Iraq sia una grande imbecillità. Monsignor Tauran, segretario di Stato vaticano agli Esteri, ha detto l'altro ieri che questa guerra sarebbe un crimine. Lui se lo può permettere perché ha il Vicario di Cristo in casa. Io mi limito a dire che è un'imbecillità e che va evitata. Se permettete, senza "se" e senza "ma".

  39. UN PARADOSSO? UNA COSTITUZIONE EUROPEA SENZA RICHIAMI AL CRISTIANESIMO • Perché nella Costituzione Europea è assente il riferimento alle radici cristiane del continente? Perché non si fa neanche cenno al Cristianesimo nella futura costituzione Europea? • Forse in nome di quell'illuminismo che viene considerato come patrimonio di idee di una rinascita del pensiero e della ragione, come se prima essi non fossero stati presenti nella nostra storia? E' stato forse l'Illuminismo a fare l'Europa? • O forse perché si vuole sgomberare il campo a future incomprensioni con nazioni che vogliono entrare nella nuova Europa? • Eppure grandi uomini di pensiero hanno dato il loro contributo di idee per la nascita di una nuova comunità Europea che sappia costruire il futuro guardando al passato storico. Basti pensare a Goethe che così diceva: «La lingua materna dell'Europa è il cristianesimo». Oppure a Emmanuel Kant più esplicito sul collante che ha unito tanti popoli diversi in un unico grande sogno: «Il Vangelo è la fonte da cui è scaturita la nostra civiltà». • Cosa vogliamo fare? Per facilitare la strada alle altre nazioni, di religioni diverse, che ambiscono ad entrare nel Sogno Europeo, già da ora vogliamo mettere da parte le nostre radici? La nostra memoria storica? Quel "Pensare" al passato ed al suo patrimonio di cultura e tradizione religiosa senza il quale non esiste futuro? • Vogliamo scendere a compromesso per facilitare un certo amalgama tra etnie diverse, culture diverse e popoli diversi? Fino a che punto pensiamo di essere fedeli alle linee dei padri d'Europa: i De Gasperi, gli Shumann e gli Adenauer? • Ma siamo veramente convinti che sia giusto, in nome di un dialogo presente e futuro tra culture diverse e religioni diverse, rinnegare parte del nostro patrimonio cristiano? • Come può essere possibile non inserire il riferimento ai valori cristiani nella futura Costituzione Europea?

  40. Non dimentichiamo ciò che ha detto Papa Giovanni Paolo II ai partecipanti al convegno "Verso una Costituzione Europea", tenutosi dal 20 al 22 giugno 2002: • "...occorrerà perciò ispirarsi, con fedeltà creativa, a quelle radici cristiane che hanno segnato la storia europea. Lo esige la memoria storica, ma anche, e soprattutto, la missione dell'Europa, chiamata, ancora oggi, ad essere maestra di vero progresso, a promuovere una globalizzazione nella solidarietà e senza marginalizzazioni, a concorrere all'edificazione di una pace giusta e duratura al suo interno e nel mondo intero, ad intrecciare tradizioni culturali diverse per dar vita a un umanesimo in cui il rispetto dei diritti, la solidarietà, la creatività permettano ad ogni uomo di realizzare le sue più nobili aspirazioni". • Già un altro pontefice, prima di lui, aveva detto che l'Europa «nasce dalla croce, dal libro e dall'aratro».Anche il Patriarcato ortodosso di Mosca ha preso posizione per la difesa dei valori cristiani in Europa. Per la prima volta a fianco della Chiesa cattolica il patriarcato ha definito la bozza di Carta «deplorevolmente inaccurata dal punto di vista storico», criticando «i pregiudizi ideologici» di natura laicista e antropocentrica che ne sarebbero posti alla base, oltre che l’assenza di riferimenti espliciti alle radici cristiane del continente. «Escludendo le radici dell’eredità culturale, religiosa e umanistica dell'Europa, essa ignora completamente il periodo storico compreso tra il IV e il XVIII secolo, quando la Cristianità esercitò un influsso decisivo sullo sviluppo dei Paesi europei», così la nota del Patriarcato di Mosca, che aggiunge: «Questo significa riscrivere la storia sulla base di criteri ideologici. E la storia russa ci insegna fin troppo bene a cosa possa condurre l'imposizione di una singola dottrina filosofica». Lo stesso riferimento all'Illuminismo, inserito nella bozza, è una discutibile dimostrazione di «pregiudizio ideologico»".

  41. Non dimentichiamo ciò che affermò Martin Heidegger nella sua opera Sentieri interrotti: «Il tempo della notte del mondo è il tempo della povertà, perché il mondo diventa sempre più povero. È già diventato tanto povero da non poter riconoscere la mancanza di Dio come mancanza». • Possibile che sia vero ciò che Fëdor Michajlovic Dostoevskij con veemenza gridava: «L'Europa ha rinnegato Cristo. È per questo, è solo per questo che sta morendo».Da questo sito apolitico, dedicato a Gesù Cristo, non si può non riflettere su un'evidenza storica: il rappresentante del governo italiano Fini ed il Partito popolare europeo hanno presentato degli emendamenti volti a inserire nel preambolo della bozza della futura costituzione Ue un riferimento alle «radici giudaico-cristiane» dell’Europa. • "Un fattore qualificante dell'identità di questo continente - ha detto recentemente il Papa - è la Chiesa fondata da Gesù Cristo. "Non c'è dubbio che, nella complessa storia dell'Europa, il cristianesimo rappresenti un elemento centrale e qualificante, consolidato sul saldo fondamento dell'eredità classica e dei molteplici contributi arrecati dagli svariati flussi etnico-culturali che si sono succeduti nei secoli. La fede cristiana ha plasmato la cultura del continente e si è intrecciata in modo inestricabile con la sua storia, al punto che questa non sarebbe comprensibile se non si facesse riferimento alle vicende che hanno caratterizzato prima il grande periodo dell'evangelizzazione, e poi i lunghi secoli in cui il cristianesimo, pur nella dolorosa divisione fra Oriente ed Occidente, si è affermato come la religione degli Europei stessi" (Motu Proprio, Spes aedificandi, n. 1). In questo contesto non c'è dubbio che un chiaro riferimento a Dio e alla fede cristiana nella Costituzione europea in corso di elaborazione significa il riconoscimento di una realtà storica e culturale che opera nel presente e dalla quale gli europei traggono la propria identità"(DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II ALL’AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA PRESSO LA SANTA SEDE - Venerdì, 13 settembre 2002) • Un Cristianesimo senza l'Europa vive, perché è poggiato sulla ROCCIA che è Gesù Cristo. Un'Europa senza Cristianesimo è come una mela marcia su un albero sano, ed è destinata ad essere mangiata dai vermi della dissoluzione morale e sociale. Come sta già avvenendo. • Donato Calabrese

  42. La Pace Perpetua, in Europa, oggidi Antonella Succurro • È difficile accettare la realtà devastante e devastata che ogni giorno ci si mostra, rischiando a volte di tramutarsi in show, in televisione. Viene spontaneo chiedersi se sia veramente così difficile volere la pace, pretenderla tanto ardentemente da poterla realizzare. Nello scritto Nazionalismo e Federalismo, Mario Albertini (1919-1997) denunciava la mancanza in Europa (in tutto il mondo) di una «cultura della pace», una ``cultura'' (intesa come «orientamento delle società umane») che ponesse la pace come obiettivo supremo della politica, dal momento che ormai guerra significa autodistruzione del genere umano. Ebbene, il mondo odierno (in fondo il mondo di sempre, un poco più sviluppato) è caratterizzato invece dalla «cultura della guerra», che altro non è che la quotidiana «cultura del comportamento nazionale»: Albertini parlava di «mondo della guerra», formato da «Stati come società nazionali chiuse, esclusive, armate», e governato dalla ragion di stato, cioè con l'uso della forza.E qui sorge il problema del pacifismo di oggi: un pacifismo che, per quanto possa essere sentito, non si propone di distruggere - attraverso la rinuncia della propria sovranità (anche militare) auspicata da Luigi Einaudi (nell'articolo Chi vuole la pace?, del 1948) - il mondo della guerra, ma che pensa di poter contrastare questa cultura così radicata introducendo «un po' più di liberalismo, di democrazia o di socialismo nel proprio Stato nazionale». Lord Lothian direbbe che «il pacifismo non basta». O almeno non questo pacifismo ingenuo e utopistico, il pacifismo tradizionale definito da Albertini come privo di «nerbo metafisico o senso storico», che deriva proprio dalla denunciata mancanza di una cultura della pace.Ma nella tradizione c'è un pensiero che spicca, non unico ma sicuramente più alto e luminoso, ed è quello che ha analizzato con chiarezza la realtà alla base di una simile situazione del pensiero politico: Immanuel Kant (1724-1804) vedeva la pace come l'esito di un processo di trasformazione dello ``stato naturale'' in un ordine controllato dalla volontà dell'intero genere umano. Lontano da ogni ingenuità, Kant auspicava un futuro nel quale «la nostra civiltà avrà raggiunto il punto di perfezione, il solo di cui questa pace [la pace perpetua] potrebbe essere la conseguenza». Egli era anche consapevole che «al grado di civiltà cui il genere umano è pervenuto la guerra è un mezzo indispensabile per elevarsi», ma è necessario ricordare che con Kant siamo nel 1795. Oggi dobbiamo chiederci se non sia giunto il tempo di eliminare la guerra, per citare ancora Albertini, «come mezzo necessario per risolvere i problemi posti dallo sviluppo storico» ed assumere la pace come obiettivo prioritario.

  43. La filosofia della storia di Kant traccia proprio il quadro storico del mancato sviluppo di quella cultura della pace che, dopo una serie di tentativi imperfetti, avrebbe dovuto portare al superamento della ``libertà selvaggia'' degli Stati (lo stato di natura è uno stato di guerra, e quindi uno stato ingiusto) attraverso una ``federazione di popoli'' che prevede l'unione dei popoli sotto un pactum societatis e non sotto un pactum subiectionis, che equivale a istituire un superstato. La teoria kantiana della pace perpetua si costituisce di sei articoli preliminari, una sorta di pars destruens che denuncia l'assolutismo monarchico, il sistema dei rapporti internazionali regolati dalla ragion di stato e la natura precaria dei trattati di pace, che non sono in grado di eliminare possibili pretesti di guerre future; e di tre articoli definitivi, la pars construens in cui si pongono le condizioni per la pace perpetua.Il primo di questi tre articoli definitivi prevede che la Costituzione di tutti gli Stati sia repubblicana: per Kant infatti solo Stati tra loro omogenei possono riconoscersi nella pace, e lo Stato repubblicano è lo Stato giuridico che meglio di ogni altro garantisce la libertà all'interno e la pace all'esterno, in quanto solo al cittadino viene richiesto l'assenso per decidere se la guerra debba o non debba essere fatta. Infatti «che cosa è un monarca assoluto? È colui che quando comanda: ``la guerra deve essere'', la guerra segue. Cosa è invece un monarca limitato? Colui che chiede prima al popolo se la guerra debba esseri o meno, e se il popolo dice: ``la guerra non deve esserci'', essa non segue».Il passo successivo, descritto nel secondo articolo, è quindi la federazione dei popoli, di cui la repubblica è condizione necessaria, ma non sufficiente: il pacifismo politico di Kant confluisce qui nel pacifismo giuridico, che vede nella struttura giuridica degli Stati nazionali, gelosi della propria sovranità, la causa principale della guerra, eliminabile unicamente nel sistema federale. Il diritto internazionale deve quindi fondarsi su di una federazione di liberi Stati, che si distingue sia da un'associazione di Stati sotto un "superstato" sia, visto il proposito di porre fine a tutte le guerre e per sempre, da un puro e semplice trattato di pace.Nel terzo ed ultimo articolo Kant giunge, in una sorta di climax, alla dimensione individuale: il diritto cosmopolitico di universale ospitalità, che ricapitola nel soggetto singolo i rapporti tra gli Stati. Questo diritto, che spetta a tutti gli uomini in virtù del possesso comune originario di tutta la superficie della terra, pone nuova attenzione (anche critica nei confronti degli europei del XVIII secolo) sulla persona del cittadino, in quanto diretta ai rapporti tra uno Stato e i cittadini degli altri Stati, mentre il diritto internazionale regolava solamente i rapporti tra gli Stati.Dopo tutto ciò che è stato detto, è impossibile non accorgersi dell'incredibile attualità del pensiero kantiano.Tornando al tema del mancato sviluppo di una vera cultura della pace: nel considerare la situazione europea, Albertini insinuava il sospetto che in effetti l'odierna ``civiltà'' (cioè la cultura come valore sociale dell'uomo) fosse quasi giunta al grado di perfezione indicato dal filosofo di Königsberg, e che stesse «entrando nell'epoca storica nella quale la politica può proporsi il compito di sviluppare compiutamente il valore sociale di ogni uomo e di realizzare la pace perpetua». Può?Dovrebbe.Deve.

  44. L’ EUROPA DI MOTESQUIEU, VOLTAIRE E KANT • Europeismo o Nazionalismo Nell'Illuminismo Montesquieu e Voltaire insistono sull'identità e sulla centralità dell'Europa nell'epoca moderna sia sul piano economico sia su quello politico. La scoperta dell'America legò all'Europa l'Asia e l'Africa. L'America fornì all'Europa le merci necessarie per il commercio con le Indie orientali e i traffici marittimi con l'Africa furono indispensabili perché essa forniva uomini per il lavoro nelle miniere e nei campi dell'America. L'Europa divenne il centro dei commerci e raggiunse così un grado di potenza molto elevato superiore anche a quello dell'Asia. L'unica differenza tra Europa e Asia era che nella prima c'era la libertà mentre nella seconda c'era dispotismo. La radice dell'idea d'Europa come terra della libertà nacque nell'epoca greca perché l'Europa era sede di governi fondati sulle leggi a differenza dell'Asia, terra di dispotismo. Con l'epoca romana si introdusse anche il concetto d'uniformità politica, pur nella diversità e molteplicità dei popoli sottomessi a Roma, e questo concetto rimase anche dopo la fine dell'impero attraverso il diritto romano e l'idea di legalità ad esso legata. Con il Cristianesimo si aggiunse quello d'unità spirituale e l'Europa divenne la Cristianità. La spaccatura portata dalla Riforma protestante contribuì a sostituire alla unità religiosa quella culturale d'Europa: la particolarità dell'Europa è quella di essere un "corpus a sé" con proprie caratteristiche politiche, sociali, culturali e con una propria tradizione. 

  45. Intorno all'XVIII - XIX secolo queste diverse radici vennero riprese dagli studiosi grazie anche all'Illuminismo. Voltaire, uno di questi filosofi, riconosce che l'Europa costituisce anche un'unità politica, nel senso d'avere principi di diritto pubblico e di politica, sconosciuti nelle altre parti del mondo e fra questi il principio d'equilibrio fra gli Stati. Con l'idea illuminista di sovranità popolare e, dopo l'avvento di Napoleone, con l'esigenza di liberazione da un dominio straniero, si afferma il concetto di Nazione. Questo però accade solo nel primo '800 perché nella cultura dell'antico regime l'idea che lo Stato dovesse coincidere con una Nazione era sostanzialmente estranea. L'idea moderna di Nazione si rafforzò con Rousseau e con la sua concezione dello stato come espressione di un popolo capace di esprimere una volontà comune. Rousseau infatti era contrario all'europeismo e per questo si contrappone a Montesquieu e a Voltaire. Questa concezione venne diffusa grazie alla rivoluzione francese e alle guerre napoleoniche in tutta Europa. Con la diffusione dell'idea di nazione nacquero molti problemi legati alle due concezioni di Europa e di Nazione. In Italia erano presenti due studiosi come Carlo Cattaneo e Giuseppe Mazzini che avevano idee differenti sulle diverse concezioni, ma comuni nello spirito della libertà e del progresso. Cattaneo aveva una concezione federale di Europa perché era convinto che la libertà avvicinasse i popoli e li spingesse ad associarsi in una federazione europea di Stati. Mazzini invece, esaltava la patria, la nazione ponendola in connessione strettissima con l'umanità. Nell'appello Ai giovani in Italia del 1859 la nazione non era solamente fine a se stessa ma era anche mezzo per il compimento del fine supremo, vale a dire l'umanità. Quest'ultima si esprimeva nell'Europa per questo il pensiero di Mazzini era rivolto alla giovane Europa, all'Europa dei popoli. Mazzini dice anche che ogni popolo ha avuto da Dio una missione, "l'insieme di tutte quelle missioni compiute in bella armonia per il bene comune, rappresenterà un giorno la patria di tutti". 

  46. Lo "Sprito delle Leggi" (1748)La scoperta dell'America ha intensificato il commercio tra Europa Asia e Africa. L'Europa al centro del commercio mondiale. Il commercio interno favorisce quello estero. La religione cristiana si oppone all'assolutismo e contribuisce alla felicità terrena al contrario di quella maomettana. Secondo Montesquieu l'Europa sarebbe il fulcro del commercio internazionale; questo perché grazie alla scoperta dell'America l'Europa è riuscita ad emergere sugli altri mercati. Infatti l'America ha fornito all'Europa merce necessaria al suo commercio con l'Asia, come l'argento, materiale molto usato per gli scambi di mercato. Oltre all'America anche l'Africa ha contribuito molto al potenziamento dell'Europa, infatti dall'Africa arrivano gli schiavi da far lavorare nelle miniere e nelle piantagioni dell'America. Questa potenza dell'Europa si nota soprattutto dall'immensità delle spese (anche certe volte inutili) che venivano affrontate in questo arco della storia. Su questo fatto però non era d'accordo il padre Duhalde che affermava invece la supremazia dell'Asia sull'Europa. A questa provocazione Montesquieu risponde dicendo che questo fatto potrebbe essere anche vero solo se il commercio estero dell'Europa non facesse aumentare anche quello interno. Inoltre Montesquieu per concludere dice che l'Europa svolge anche il commercio ed i traffici marittimi delle altre tre parti del mondo. Con questo discorso Montesquieu fa affiorare notevolmente la potenza dell'Europa e soffoca così le inutili proteste fatte dal padre Duhalde. In questo brano inoltre Montesquieu parla anche della religione cristiana che secondo lui è molto lontana dal concetto di dispotismo, essendo una religione mite. Seguendo questa religione i principi sono più uniti al loro popolo e di conseguenza più uomini e disposti ad avvalersi delle leggi, a differenza di un principe maomettano che incute timore al proprio popolo. 

  47. Al contrario nella religione cristiana esistono principi che contano sul loro popolo e vengono ammirati e stimati da esso. Con questo discorso Montesquieu fa notare che la religione cristiana, preoccupandosi della felicità nell'altra vita, contribuisce a rendere migliore anche la vita terrena. "Spirito delle leggi" di Montesquieu (documento originale collegato) Il risultato della scoperta dell'America fu di legare all'Europa l'Asia e l'Africa. L'America fornì all'Europa la merce necessaria per il suo commercio con quella gran parte dell'Asia che si suole chiamare le Indie orientali. L'argento questo metallo così utile al commercio sotto forma di moneta, fu inoltre la base, come merce di scambio, del commercio più grande dell'universo. Infine i traffici marittimi con l'Africa divennero necessari, perché essa forniva uomini per il lavoro nelle miniere e nei campi dell'America. L'Europa ha raggiunto un grado così elevato di potenza da non trovar riscontro nella storia, se si considerano l'immensità delle spese, la grandezza degli impegni, il numero delle truppe e la continuità del loro mantenimento, anche quando sono del tutto inutili e non sono altro che oggetto di ostentazione. Il padre Duhalde afferma che il commercio interno della Cina è maggiore di quello di tutta l'Europa. Ciò potrebbe anche darsi se il nostro commercio estero non facesse aumentare il volume di quello interno. L'Europa svolge il commercio e i traffici marittimi delle altre tre parti del mondo, come la Francia, l'Inghilterra e l'Olanda svolgono quasi tutto il commercio e la navigazione dell'Europa. (Libro XXI, cap. XXI) La religione cristiana è ben lungi dal puro dispotismo poiché, essendo la mitezza totalmente raccomandata nel Vangelo, essa si oppone al furore dispotico con il quale il principe si farebbe giustizia ed eserciterebbe le sue crudeltà. Poiché questa religione proibisce la pluralità delle mogli, i principi sono meno chiusi, meno separati dai loro sudditi, e di conseguenza più uomini; sono più disposti a darsi delle leggi e più inclini ad accorgersi che non possono tutto. Mentre i principi maomettani danno continuamente la morte e la ricevono, la religione, presso i cristiani, rende i principi meno timorosi, e di conseguenza meno crudeli. Il principe conta sui suoi sudditi, ed i sudditi sul principe. Cosa ammirevole! La religione cristiana, che sembra non avere altro scopo che la felicità nell'altra vita, contribuisce a procurarcela anche in questa (libro XXIV, cap. III) 

  48. Le "Lettere Persiane" (1721)- Artificiosità e raffinatezza della vita di Parigi - Passione di arricchirsi da parte di tutti, a partire dagli artigiani sino ai signori - Dinamismo individuale, caratteristiche tipicamente europee - Un sovrano per essere potente deve provvedere non solo al necessario per la vita, ma anche a ogni sorta di superfluo. Parigi è una città dalla vita artificiosa. L'estensore della lettera la definisce la più sensuale del mondo, in quanto i piaceri sono i più raffinati, ma è anche la città in cui si conduce una vita più dura, perché un uomo per vivere deliziosamente ha bisogno che altri cento lavorino per lui senza tregua. Da questa situazione è sorto l’ardore da parte dell’uomo per il lavoro e per l’arricchimento.Questa mentalità domina non solo una persona, ma addirittura tutta la nazione. A Rhedi, l'altro corrispondente che accusa il popolo francese di essere effeminato, si risponde che l’accusa non è valida perché dovunque non si vede altro che lavoro e se una nazione non pensasse ad arricchirsi non sarebbe che la più miserabile del mondo e soprattutto la più vulnerabile agli attacchi del nemico. A conclusione della lettera Montesquieu afferma che il sovrano per essere potente deve sostenere il popolo procurando non solo ciò che serve alla vita, ma “ogni sorta di superfluo” per il suo benessere. 

  49. Dalle "Lettere persiane" (1721)(testo originale collegato) […] Parigi è forse la città del mondo più sensuale e dove i piaceri sono più raffinati; ma è forse quella in cui si conduce una vita più dura. Perché un uomo possa vivere deliziosamente, bisogna che cento altri lavorino senza tregua […] Quest'ardore per il lavoro, questa passione di arricchirsi passa di condizione in condizione, dagli artigiani ai signori. Nessuno ama esser più povero di colui che ha visto immediatamente dietro di sé. Voi vedete a Parigi un uomo che ha da vivere fino al giorno del giudizio, lavorare senza posa e correr rischio di abbreviarsi la vita per ammassare, dice lui, di che vivere. Il medesimo spirito domina la nazione: noi non vediamo che lavoro e industria; dove è dunque questo popolo effeminato del quale mi parli tanto? Immaginiamo, Rhedi, che in uno Stato siano tollerate solamente quelle arti, e sono numerose, che sono necessarie alla coltivazione delle terre e che si escludano quelle che servono solamente ai godimenti e alla fantasia; ebbene, questo Stato sarebbe il più miserabile del mondo. Quando gli abitanti avessero tanto coraggio da fare a meno di tante cose necessarie ai loro bisogni, il popolo deperirebbe ogni giorno di più e lo Stato diventerebbe così debole, che non vi sarebbe piccola potenza incapace di conquistarlo. […] Onde bisogna concludere, o Rhedi, che un sovrano per essere potente deve procurare che i suoi sudditi vivano nelle delizie; bisogna ch'egli si adoperi affinché non manchi loro non solamente ciò che è necessario alla vita, ma anche ogni sorta di superfluo. (lettera CVII) Fonte: Montesquieu, Lettere persiane, versione di Gildo Passini, Roma, A. F. Formiggini Editore, 1922. 

  50. "Il secolo di Luigi XIV", di VoltaireL’Europa cristiana viene vista come una specie di grande repubblica divisa in più Stati, tutti pressappoco simili - Questi Stati hanno tutti gli stessi principi di diritto pubblico e di politica sconosciuti nelle altre parti del mondo. - In base a questi princìpi abbiamo la garanzia che i prigionieri non sono fatti schiavi, gli ambasciatori nemici sono rispettati - Gli stati europei praticano una sola politica per mantenere un eguale equilibrio di potere fra loro attraverso continue negoziazioni e ambascerie (la diplomazia), ma anche attraverso spie che possono dare l’allarme a tutta Europa nel caso di invasione. "Il secolo di Luigi XIV" (1738-51)(documento originale collegato). L’Europa supera in ogni campo le altre parti del mondo […]. [Si può] vedere l’Europa cristiana (ad eccezione della Russia) come una specie di grande repubblica divisa in più Stati, gli uni monarchici, gli altri misti, alcuni aristocratici, altri popolari: ma tutti press’a poco simili, avendo tutti uno stesso fondo di religione, sebbene diviso in più sètte; e tutti hanno gli stessi princìpi di diritto pubblico e di politica, sconosciuti nelle altre parti del mondo. È in base a questi princìpi che le nazioni europee non fanno schiavi i loro prigionieri, e rispettano gli ambasciatori dei loro nemici, e riconoscono la supremazia e i diritti di certi principi, come dell’imperatore, dei re e degli altri meno potenti, e soprattutto si accordano, nella saggia politica di mantenere tra loro, nel limite del possibile, un eguale equilibrio di potere, impiegando continuamente le negoziazioni, anche nel mezzo di una guerra, e mantenendo gli uni presso gli altri ambasciatori o, meno onorevolmente, spie, che possono tutti sovvertire il corso dei piani di uno solo, dare contemporaneamente l’allarme a tutta Europa e garantire i più deboli nel caso di invasioni che il più forte è sempre pronto a intraprendere. (Prefazione) […] Si è visto che una repubblica letteraria si era insensibilmente stabilita in Europa, nonostante le guerre, e nonostante le diversità di religione. Tutte le scienze, tutte le arti hanno così goduto di scambievoli aiuti; le accademie han creato tale repubblica. La letteratura ha unito l’Italia colla Russia; gl’inglesi, i tedeschi, i francesi andavano a studiare a Leida. Il celebre medico Bourhave veniva consultato a un tempo e dal papa e dallo zar. I suoi migliori allievi attiravano allo stesso modo gli stranieri, e son diventati in certa guisa i medici delle nazioni: i veri scienziati, in ogni ramo del sapere, hanno stretto i legami di quella grande società degli spiriti, dappertutto diffusa, e dappertutto indipendente. Tale carteggio dura ancora, ed è una delle consolazioni dei mali che l’ambizione e la politica procurano all’umanità. [...] Siam debitori di tali progressi a un piccol numero di saggi e di genî apparsi in alcune regioni d’Europa, quasi tutti per lungo tempo oscuri, e spesso perseguitati; essi hanno rischiarato e consolato la terra mentre le guerre la desolavano. In altre opere si posson trovare gli elenchi di tutti coloro che hanno illustrato la Germania, l’Inghilterra, l’Italia. Uno straniero sarebbe forse poco adatto per apprezzare il merito di quegli uomini illustri; basti qui d’aver mostrato che, nel secolo scorso, gli uomini, da un capo all’altro d’Europa, hanno acquistato più lumi che in tutte le età precedenti.(cap. XXXIV) Fonte: Voltaire, Il secolo di Luigi XIV, traduzione di Umberto Morra, Torino, Einaudi, 1951 (ora nei Tascabili). 

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