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Forme del discorso riportato. Usi e abusi nel giornalismo

Forme del discorso riportato. Usi e abusi nel giornalismo. È necessario prestare attenzione al contesto citante, al “ discorso riportante ” in cui si inserisce il discorso riportato.

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Forme del discorso riportato. Usi e abusi nel giornalismo

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  1. Forme del discorso riportato.Usi e abusi nel giornalismo

  2. È necessario prestare attenzione al contesto citante, al “discorso riportante” in cui si inserisce il discorso riportato. • «Coloro che per primi analizzarono le forme del discorso riportato commisero l’errore fondamentale di separare praticamente il discorso riportato dal contesto che lo riportava. Ciò spiega perché il loro modo di trattare queste forme è così statico e inerte (una descrizione applicabile all’intero campo dello studio sintattico in generale). Invece il vero oggetto di indagine dovrebbe essere precisamente l’interdipendenza dinamica di questi due fattori, il discorso che viene riportato (il discorso dell’altra persona) e il discorso che lo riporta (il discorso dell’autore). In definitiva i due discorsi esistono realmente, funzionano e prendono forma soltanto nella loro interrelazione, e non per conto proprio, l’uno separato dall’altro. Il discorso riportato e il contesto che lo riporta non sono che termini di una interdipendenza dinamica.» (Vološinov, Marxismo e filosofia del linguaggio (1929), Dedalo, 1976:205)

  3. In generale l’espressione “discorso riportato” individua lo studio dell’insieme del discorso riportante e del discorso riportato. Ma Calaresu (p. 109) propone di adottare questa espressione solo come iperonimo di DI, DD, DIL, DDL e di distinguerlo dal discorso riportante e citante, per utilizzare infine l’espressione rappresentazione o riproduzione di discorsi per indicare il loro insieme. • La riproduzione della parola altrui è un fenomeno del discorso che riguarda la messa in relazione di due diversi contesti e due diversi scopi (quelli del discorso citante e del discorso citato) (Calaresu:107) • Proverbio Wolof citato da Tannen (1989:101): “Everything can be moved from one place to another without being changed, except speech”. Riferire un discorso significa correlarlo alla prospettiva del ricevente.

  4. Condizioni del DR secondo Mortara Garavelli (La parola d’altri, 1985): • Metareferenzialità: quando cioè una enunciazione viene assunta come oggetto di un’altra enunciazione • Rappresentatività: è necessario che venga rappresentato l’oggetto o argomento del DR (Calaresu preferisce parlare di “rappresentazione, riassuntiva, del tema del discorso: operazione affine alla assegnazione di un titolo) • Non-performatività: il verbo dire che funziona da introduttore non deve svolgere funzione performativa (valido per le autocitazioni) • Calaresu adotta la prospettiva di Mortara Garavelli, modificando però la prima condizione attraverso la condizione della multiplanarietà, preferendo assumere la parte riportata solo come oggetto di citazione (non dunque necessariamente identificata con il tema del discorso e dunque non sempre esplicita). • La multiplanarietà enunciativa comporta la moltiplicazione interna alla enunciazione dei piani enunciativi, cioè uno sfasamento di piani enunciativi. Tale sfasamento può essere riprodotto tramite la presenza di almeno due centri deittici (DD), oppure solo raccontato e descritto, come nelle forme di citazione indiretta.

  5. Criteri di distinzione tra le forme di DR • Forme dirette vs forme indirette • Forme legate vs forme libere (cioè prive di elementi introduttori) Le forme di DIL sono ibridazioni di vario tipo tra DD e DI “Libero” va inteso soprattutto nel senso di “libero dalle restrizioni tipiche delle forme puramente diegetiche (come nel DI classico). • Considerazioni morfo-sintattiche (subordinatori, cornici esplicite) (trattamento tradizionale e scolastico del discorso riportato) • Considerazioni pragmatiche: resa rappresentativa e imitativa (dimensione polifonica) vs descrittiva (azione discorsiva tra parlanti, in determinati contesti, e che condividono determinate conoscenze) Si tratta di criteri spesso discordanti (Calaresu 2004:34), il primo dipendente da una prospettiva centrata sulla lingua scritta e letteraria, il secondo da una prospettiva centrata sul parlato.

  6. Introduttori • Segnalatori espliciti di discorso o clausole citanti (terminologia strutturale-sintattica), cioè porzioni discorsive che esplicitamente introducono la riproduzione della parola d’altri. • La cornice discorsiva può trovarsi prima, dopo o in mezzo alla parte citata • Varietà di forme: • X ha detto • X sostiene, osserva…. • Secondo X • A parere di X • Con le parole di X CdS, 10.5.2011: • Definisce • Smentisce • Conclude • attacca • Ecc. • In forma parentetica [… (secondo X)…] segnalano una presa di distanza maggiore del reporter rispetto al discorso riportato • I due punti danno un tono più incisivo al discorso riportato che segue

  7. Modalità degli introduttori La modalità riguarda le forme linguistiche utili a segnalare il proprio atteggiamento e la propria adesione nei confronti del discorso riportato. Gli introduttori sono strumenti di variazione della modalità epistemica (soggettiva oppure oggettiva) (Venier 1991) Calaresu (p. 36) (con Reyes 1994) preferisce utilizzare l’espressione “modalità evidenziale di tipo citativo”, più ampia rispetto alla precedente, che esprime credenza, opinione o inferenza del reporter. Evidenziali: espressioni o segnali che indicano a che tipo di fonte si appoggia il parlante nell’asserire qualcosa; mezzi linguistici che indicano in che modo il parlante ha ottenuto l’informazione su cui si basa un’asserzione Chafe (1986) distingue anche tra fonte di conoscenza (evidenza diretta, linguaggio, ipotesi) e modo di conoscenza (credenza, induzione, deduzione, doxa) Willett (1988) distingue tra tipi diretti di evidenza (visiva, uditiva, percettiva in generale) e tipi indiretti (riportata: di seconda mano, di terza mano, di senso comune; inferita).

  8. Questioni • Sottostima quantitativa delle possibilità a disposizione del parlante per riportare la parola d’altri • Sottostima qualitativa degli aspetti funzionali legati alle diverse forme del DR Il DD è una delle forme di rappresentazione del D originario (discorso primo); resta un discorso secondo anche quando (caso raro) riproduce esattamente la forma del discorso originario.

  9. Funzioni del DD Nel racconto: • Contestualizzazione del climax di una narrazione (messa in evidenza dei punti cruciali) • Intensificazione della dimensione emotiva (riproduzione di scambi di botta e risposta: esemplificazione delle situazioni di conflitto) • Distanziamento dalla voce del locutore riportato Nella argomentazione • Rafforzamento di una tesi attraverso una strategia di autenticazione: caso estremo in cui il locutore citato fa da portavoce al locutore citante. Altre possibili funzioni verranno attivate di volta in volta dal contesto del DR

  10. Nel giornalismo: apparente centralità della funzione di verità del DD Problema • Quando si riportano le parole, ci si conforma a quanto realmente detto? • Ricerche di Tannen, Mizzau, Sakita

  11. La posizione di D.Tannen D. Tannen, Talking Voices, Cambridge University Press, 1989 • Nei quotidiani il DD sembra la forma di distanziamento più frequente, soppiantando altre forme con funzione analoga, quali l’uso di forme discorsive del tipo “forse”, “probabilmente”, “il cosiddetto”, “il presunto”; verbi modalizzatori o al condizionale. • Il ricorso al DD nei titoli sembra conferire loro “neutralità”, introducendo una forza illocutiva globale di tipo espositivo.

  12. Ma un esame condotto sui titoli di giornali quotidiani conferma che le frasi tra virgolette contenute nei titoli non rispettano in alcun modo la letteralità del discorso altrui. Le trasformazioni sembrano essere suggerite dallo scopo di fornire una informazione rapida costruendo al contempo un effetto di immediatezza. Quindi massima sinteticità che coincide con la ipersemplificazione. • Anche disinteresse per la fedeltà al contenuto, a vantaggio della massima messa in rilievo di aspetti marginali ma suggestivi. Drammatizzazione. • Il DD riguarda dunque non la riproduzione di enunciati ma l’evocazione di situazioni enunciative.

  13. Il DD non assolve una funzione meramente riproduttiva. Più che riportare le parole effettivamente usate il DD sembra aggiungere vivacità alla narrazione, fornire la possibilità di diverse prospettive e dare l’impressione di un’autentica ripetizione dell’evento, senza però esserlo davvero. Serveanche ad evitare l’operazione cognitivamente più complessa di una trasposizione in discorso indiretto o di una sintesi riassuntiva.

  14. La posizione di Sakita Cfr. Sakita T., Reporting Discourse, Tense and Cognition, Amsterdam, Elsevier, 2002: fattori contestuali, intertestuali e pragmatici influenzano la scelta tra diversi stili: • Un testo lungo e complesso porta preferibilmente a una ripresa nella forma del DD (e tuttavia, per Tannen, proprio questo tipo di discorso difficilmente può essere riportato in modo diretto) • Ma la scelta è dettata anche da finalità comunicative: • Affidabilità del parlante • Drammatizzazione • Rapporto primo piano/sfondo

  15. Elementi in primo piano: discorso diretto Informazioni contestuali, sfondo: discorso indiretto Sfondo e primo piano

  16. La posizione di Mizzau La finzione del discorso riportato, in Orletti (a cura di), Fra conversazione e discorso, Carocci, 1994 Riepiloga quanto già sottolineato da Tannen. La funzione del DD è • fornire una informazione rapida • costruire un effetto di immediatezza e massima sinteticità • Ipersemplificazione • messa in rilievo di aspetti marginali ma suggestivi • da parte del lettore, si può assumere una accettazione della convenzione di autenticità sulla base della condivisione tacita della operazione di finzione (p. 254). A queste funzioni, Calaresu aggiunge quella della tipizzazione: connotare il parlante citato attraverso le parole che il parlante citante gli attribuisce. E Santulli aggiunge: il principio di autorità, che consente di mettere in risalto e dare risonanza al discorso di un personaggio.

  17. Stipulazione di autenticità • Mentre le definizioni tradizionali del DD includono il tratto della fedeltà al discorso primo, le analisi condotte su forme di DR nella forma diretta mettono in evidenza una diffusa infedeltà • L’infedeltà nel riportare discorsi riguarda primariamente il passaggio da una forma parlata ad una seconda forma parlata, ma anche da una forma parlata a una forma scritta • E da una forma scritta a una forma scritta (vedi studio di Santulli)

  18. Livelli di fedeltà Secondo Short (1988) la fedeltà del DD riguarda tre diversi livelli: • La forza illocutiva, cioè la funzione comunicativa del discorso primo • Il contenuto proposizionale del discorso primo • Il lessico e le strutture del discorso primo

  19. Tipi di infedeltà nel DD Sulla base di Short, Calaresu individua 4 tipi di infedeltà: • Di forma rispetto al lessico e alla struttura del discorso primo • Pragmatica rispetto alla forza illocutiva ma anche agli aspetti contestuali del discorso primo • Esistenziale (esistenza stessa del discorso primo) • Sia formale che pragmatica L’infedeltà formale e pragmatica produce l’infedeltà (involontaria) di contenuto o proposizionale

  20. Infedeltà di forma (la più diffusa): • Il DD è una parafrasi riassuntiva del discorso primo, più o meno elaborata o semplificata. • Infedeltà contestuale o pragmatica (riguarda anche il DI) • Relativa al mancato rispetto della forza illocutiva: ironia, ordine, esclamazione ecc. • Combinazione della infedeltà formale e pragmatica • Modifica del contesto di inserimento degli enunciati proferiti • Modifica del tono emotivo Ma modificare il grado di assertività, la modalità, l’impegno, il lessico (non esistono sinonimi assoluti) incide sul significato delle parole riportate.

  21. Infedeltà esistenziale • Quando il discorso primo non è mai esistito (è solo immaginato o evocato). Funzione di drammatizzazione che guida la decodifica e l’interpretazione dell’interlocutore. Secondo Calaresu in questo caso si ha un inversione del ruolo di portavoce: nel DD il parlante citante fa da portavoce al parlante citato, nel DD fittivo il parlante (inventato) citato fa da portavoce al parlante citante, che generalmente gli fa esprimere una propria valutazione (vedi Percontatio) • Modalità tipica della narrazione artistica (letteraria o cinematografica) oppure del parlato ordinario (anticipazione di discorsi che potrebbero avvenire o richiamo a discorsi che avrebbero potuto realizzarsi). • L’infedeltà esistenziale è molto grave in contesti giudiziari, giornalistici, politici, scientifici.

  22. La valutazione delle conseguenze della infedeltà varia sui tre assi (diastratico, diamesico e diafasico), da una maggiore tolleranza nei contesti familiari ad una minore accettabilità nei contesti ufficiali e scritti. Nel discorso ordinario la richiesta di fedeltà riguarda quasi esclusivamente i contenuti, nei discorsi formali e ufficiali riguarda anche la forma.

  23. Percontatio(esempio di infedeltà esistenziale) Finzione di uno scambio di domande e risposte tra l’oratore e l’avversario e tra l’oratore e il pubblico, tipica degli articoli di fondo: “Poi stupisce l’altra reazione: «Lo sapevamo». Ma che cosa sapevamo? Sospettavamo, questo sì […]. Allo stesso modo, stupisce un’altra reazione, che è corollario della precedente: «Finalmente». Finalmente cosa? Finalmente che si indaga […]? Finalmente che qualcosa si viene a sapere […]? O finalmente che Belzebù è stato preso per la coda […]?” (La Stampa, 29.3.93, in Mortara Garavelli 1999:398) «Rottamazione? Ma anche no. Silvio Sircana ha fatto una battuta cult: «Mi metterò una t-shirt per rispondere a Renzi: Ave Matteo, rottamaturi te salutant» Vedi anche esempio in Calaresu: 56.

  24. Massimo Giannini, RE 26.4.2011 «Manovre, congiure, complotti? Sciocchezze. Qui si lavora, come sempre…». Nonostante i veleni che l’hanno preceduta, Giulio Tremonti racconta di aver passato una Pasqua «assolutamente tranquilla». Una Pasqua di «ordinario lavoro», appunto: «business, as usual», come diceva Churchill agli inglesi ai tempi delle grandi guerre.

  25. Locutore / enunciatore Locutore = soggetto della enunciazione (chi parla) Enunciatore = responsabile dell’atto illocutivo, punto di vista dell’enunciazione Angelo Acquaro, RE, 3.5.2011 Che sapore ha la vendetta? Wayne Hobbin non avrebbe immaginato di inginocchiarsi davanti a Ground Zero […]. Renzo Guolo, RE, 3.5.2011 Che ne sarà di Al Qaeda dopo la morte di Bin Laden? L’organizzazione che, contando sugli ingenti mezzi e contatti del suo fondatore ha segnato un passaggio epocale […]. Le domande poste dalla prima parte dei due enunciati introducono un enunciatore (il lettore, che sembra voler sapere qualcosa dal giornalista): forma non esplicitata di discorso riportato. Forma eco, che rientra tra i fenomeni di riproduzione del discorso altrui (il fenomeno eco è una forma di ripetizione), è anche una modalità di distanziamento (vedi sopra Percontatio)

  26. Cause della infedeltà • Riferire un discorso significa sempre • correlarlo alla prospettiva del ricevente • Adattarlo a un diverso contesto • Collocarlo in un diverso genere testuale • Adattarlo a un diverso mezzo (problema diamesico: passaggio dal parlato al parlato; dal parlato allo scritto, dallo scritto al parlato, dallo scritto allo scritto) La riproduzione della parola d’altri è cioè sempre orientata (Sternberg parla di fattori costituzionalmente anti-riproduttivi) • Implicazioni diamesiche e diafasiche • La resa fedele non è la principale funzione del DD nel caso del parlato e non lo è sempre nel caso dello scritto.

  27. DD e ricontestualizzazione Considerato che ogni DD deve essere ricontestualizzato in rapporto al lettore e perciò introdurre delle modifiche rispetto al discorso primo, la questione sarà quella di stabilire la misura di tali modifiche (cfr. Short 1994, in Calaresu:61)

  28. DD e focalizzazione La focalizzazione nella produzione ma anche nella ricezione del testo spiega il ricorso al DD nonostante l’impossibilità di riprodurre il discorso originale

  29. Sul piano della produzione: limiti di memoria, vincoli di spazio grafico e di pregnanza impediscono la riproduzione fedele di un discorso La scarsa fedeltà del DD è una conseguenza del ruolo del giornalista, che • non è un registratore passivo ma un interprete attivo • Ha vincoli spaziali • Vincoli di significatività e di pregnanza

  30. Sul piano della ricezione la forma del DD risulta più congeniale alla focalizzazione, perché • cattura meglio l’attenzione • Induce il lettore ad accostarsi all’articolo come ad una riproduzione fedele • Risulta più immediatamente comprensibile

  31. È più espressivo, riduce la distanza tra scritto e parlato • Il DD ha qui funzioni affini a quelle che ha nel parlato (cui in generale la scrittura giornalistica tende sempre più ad avvicinarsi) • Ha un forte potere indicale (deitticità, propria delle enunciazioni dirette) • Economizza e semplifica • Drammatizza il racconto e ha un effetto di presa diretta: chi legge ricava inconsapevolmente un’impressione di simultaneità fra l’avvenimento e la sua ricezione.

  32. Intervista Eco, Sulla stampa, 1997: i giornali traboccano di interviste Cause: • Settimanalizzazione, spettacolarizzazione, teledipendenza (Murialdi 2002) • Influenza del linguaggio politico sempre più immediato e spontaneo Effetti • Aumento della polifonia, che diviene sempre più complessa

  33. La diffusione del DD è comune a tutte le tradizioni giornalistiche? • No: è decisamente caratteristica del giornalismo italiano • Ancora una questione di contratto di lettura: cosa significano le virgolette per il lettore anglofono e cosa significano per il lettore italiano?

  34. Giornalismo italiano e giornalismo anglofono • Il patto tra giornalista e lettore nei paesi anglofoni include l’esattezza (e dunque la fedeltà) delle citazioni (criterio di veridicità verbale) • Quello tra giornalisti e lettori italiani ammette la modifica dei discorsi tra virgolette, sia per esigenze di sintesi, sia per evitare la frammentazione del parlato (criterio di veridicità sostanziale) • Problema del rapporto tra fatti e interpretazioni

  35. Funzioni del DD nel giornalismo anglofono • Segnalare le parole effettive del personaggio (cioè un fatto) • Distanziarsi da quanto dichiarato dal personaggio (deresponsabilizzazione del giornalista) • Aggiungere alla narrazione lo stato d’animo, il tono emotivo del personaggio In generale il DD è un’eccezione, non la regola nella scrittura giornalistica. La resa attraverso il DI consente di focalizzare meglio il racconto (A. Bell, The Language of News Media, 1991). Anche Scollon (Mediated Discouse as Social Interaction. A study of News Discourse, 1998) sottolinea il maggiore controllo sul racconto consentito dal DI

  36. Caratteristiche della tradizione italiana • Ruolo dell’interpretazione, in quanto lettura autorevole dei fatti (onestà vs oggettività); influenza della prospettiva filosofica ermeneutica • Scarsa considerazione del ruolo della lingua e in generale dell’organizzazione verbale del testo (modalità, scelte lessicali ecc.) • Eccessiva fiducia nelle proprie capacità di resa del contenuto sostanziale Vedi considerazioni di Papuzzi, riportate anche in Calaresu: 65.

  37. La questione può essere messa in relazione con una importante riflessione di Vološinov (1976:205-7): «In quale direzione può muoversi il dinamismo della interdipendenza tra il discorso riportato e quello dell’autore? Noi lo vediamo muoversi in due direzioni fondamentali. In primo luogo, la tendenza fondamentale nel reagire al discorso riportato può essere di mantenere la sua autenticità e la sua integrità; una lingua può sforzarsi di creare confini rigidi per il disorso riportato. Questa è la prima direzione. All’interno del suo campo dobbiamo definire rigorosamente in quale misura una comunità linguistica data differenzia la ricezione sociale del discorso da riportare e in quale misura l’espressività, le qualità stilistiche del discorso, la sua colorazione lessicale, e così via, sono sentiti come valori distinti e socialmente importanti. Può darsi che il discorso di un altro sia ricevuto come un blocco intero di comportamento sociale, come posizione concettuale, indivisibile, del parlante – nel qual caso viene ricevuto soltanto il «che cosa» del discorso e il «come» viene lasciato fuori dalla ricezione.[…].Possiamo chiamare questa prima direzione in cui si muove il dinamismo dell’inter-orientamento tra discorso riportato e discorso che riporta stile lineare di riportare il discorso.

  38. «I processi che osserviamo nella seconda direzione in cui si muove il dinamismo dell’inter-orientamento tra discorso riportato e discorso riportante sono di natura esattamente opposta. La lingua escogita mezzi per far penetrare nel discorso riportato la replica e il commento dell’autore in modo agile e sottile. Il contesto che riporta si sforza di demolire la compattezza autonoma del discorso riportato, di scomporla, di cancellarne i confini. Posso chiamare pittorico questo stile di riportare il discorso. La sua tendenza è quella di cancellare i contorni esterni, precisi, del discorso riportato; allo stesso tempo, il discorso riportato viene individualizzato in misura molto maggiore – la tangibilità delle varie sfaccettature di un’espressione può essere sottilmente differenziata. Questa volta la ricezione include non soltanto il significato referenziale dell’espressione, l’affermazione che essa fa, ma anche tutte le peculiarità linguistiche della sua realizzazione verbale.

  39. Questione in gioco • C’è una correlazione tra diversi tipi di testate e uso del DD? Una ricerca di Santulli ha mostrato che il DD compare più frequentemente nei quotidiani politicamente schierati, mentre il ricorso al DI è più frequente nei quotidiani istituzione. E’ sempre così? • C’è una correlazione tra sezioni del quotidiano e DD? • La fedeltà del discorso è una questione etica oppure una questione linguistica? Posizione di Papuzzi vs posizione di Calaresu

  40. Polifonia patologica: discorso indiretto libero Bally (1912) introduce nell’analisi del discorso riportato lo “stile indiretto libero” Il DIL sussiste ogni volta che il centro discorsivo (locutore) di una enunciazione (E) funziona come tale soltanto per il sistema personale e non anche per gli altri aspetti della deissi e per gli elementi orientativi in genere. Tutti gli altri elementi che abbiano un qualche grado di indessicalità (deittici di luogo e di tempo, dimostrativi, forme esclamative, interiezioni ecc.) sono regolati invece come se il centro discorsivo fosse costituito dal primo locutore, e ciò conformemente a quanto accade nel DD. (Mortara Garavelli 1985:113)

  41. Ibridazioni • Mortara Garavelli (Strutture testuali e retoriche, in Sobrero (a cura di), Introduzione all’italiano contemporaneo. Le strutture, 1999:398-9) si chiede: “Che cosa è cambiato oggi nel costume citatorio?” e osserva che “i cambiamenti dipendono da fatti di struttura: e questi consistono essenzialmente nella possibilità, per la lingua italiana, di attenuare o addirittura di eliminare, nelle procedure narrative, i confini tra contesto citante, discorso indiretto subordinato e non subordinato e stile indiretto libero, oltre che di alternare, con un procedimento di antica tradizione, forme citazionali dirette e indirette. Sono strategie letterarie, praticate con successo nella narrativa dalla metà dell’Ottocento in poi, ma anticipate, con intenti imitativi del parlato, già da autori del Seicento, e reperibili ancor prima, sia pure saltuariamente, in testi trecenteschi, in conseguenza dell’allentarsi dei rigidi legami subordinativi del periodare latineggiante.”.

  42. DI: L’imputato dichiarò di essere innocente • L’enunciazione riportata è formalmente dipendente dalla enunciazione riportante. Presenza di un unico centro discorsivo • DD: L’imputato dichiarò: “sono innocente” • L’enunciazione riportata è formalmente indipendente dalla enunciazione riportante. Presenza di due centri discorsivi • DIL: L’imputato fu interrogato. Era sempre stato amico della vittima, era innocente • sfasatura enunciativa o paradosso enunciativo; assenza di coerenza tra indicatori di persona e altri indici di orientamento (spaziale e temporale) scelte lessicali connotate sull’asse diastratico e diafasico e marcate dal punto di vista espressivo forma più ambigua: la seconda parte dell’enunciato in questo caso può essere infatti sia affermazione dell’imputato sia constatazione oggettiva; funzione primaria: nascondimento del narratore; messa in scena (mimesi) della parola dei personaggi; drammatizzazione; punto di vista del personaggio

  43. DIL: esempi • Si ostinava a dire che il viaggio le avrebbe fatto certo più male. Oh, buon Dio, se non sapeva più neppure come fossero fatte le strade!..per carità, per carità, la lasciassero in pace! (Pirandello) • E se ne stizzì tanto che improvvisamente si interruppe per ordinare che, perdio, quel figliolo se ne poteva andare a piangere di là. Aria! Aria! Un po’ d’aria intorno al letto (Pirandello, Superior stabat lupus)

  44. Modo e Voce(Genette) Discours du récit, 1972) • Modo: punto di vista di chi orienta la prospettiva narrativa (chi vede?, focalizzazione) • Voce: narratore (chi parla) • Eterodiegetico (assente dalla storia) • Autodiegetico (protagonista della storia) • Allodiegetico (narratore testimone della storia)

  45. Focalizzazione • Focalizzazione zero (assenza di focalizzazione) • Focalizzazione interna: la scena è vista dalla prospettiva di un personaggio • Focalizzazione esterna: nessun accesso alla prospettiva dei personaggi

  46. Voce e modo nel DIL Il DIL mescola voce e modo. Cfr. Loporcaro, p. 111: «L’uso di deittici orientati su un personaggio L1 (caratteristica a) induce il lettore a vedere la scena dalla prospettiva di quest’ultimo ma rende nel contempo il modo in cui il personaggio stesso, a partire dal proprio centro discorsivo, ne parlerebbe. L’uso di parole o espressioni attribuibili alla varietà di lingua di L1 (caratteristica b) converge a questo stesso effetto di focalizzazione facendo sentire una voce particolare, quella del personaggio L1, che si sovrappone a quella del narratore».

  47. Strategie di focalizzazione interna, esempi • Quattordicenne folgorato a Milano mentre dipinge le pareti esterne di un convoglio del metrò: “Più fai metro e più spacchi, è il gergo dei writers” (Tg1, h 20.00, 17.6.2002) • Paolo Pari era appena salito sulla sua Bmw nera quando l’hanno giustiziato (Tg1, h 13,30, 28.12.2001) • Il verbo giustiziare è entrato nell’uso corrente dei mass media dal gergo dei terroristi • Uccisi due barboni a Prato: “Forse un giustiziere” (Tg1, h 20.00, 21.9.2002

  48. Analogo discorso per il sostantivo esecuzione: • Servizio sulla missionaria Annalena Tonelli in Somalia: “Un’esecuzione ancora senza un perché” (Tg1, h 20.00, 6.10.2003) • Assassinio a Bologna del prof. Marco Biagi: Ed è stata pare una vera e propria esecuzione. Questo ha rivelato l’autopsia” (Tg1, h.20.00. 21.3.2002)

  49. Altre espressioni gergali ricorrenti: • …hanno sparato “anche se il taxi sul quale viaggiavano era ‘pulito’” • “la soffiata arriva da Angelo Siino, il boss di Cosa Nostra che collabora con la giustizia” • “Sei ragazzi decidono di passare una serata diversa..Doveva essere una serata da sballo” • “Droga e alcol: una miscela pericolosa che continua a far vittime fra i giovani in cerca di sballo” • “Qui il supermarket dello spaccio non conosce sosta: si lavora a pieno ritmo anche a Natale”

  50. Le parole della mafia • “Uccisi due coniugi a Corleone”. Il cronista commenta: “Forse avevano visto qualcosa che non dovevano vedere” (forse testimoni di un delitto) • Un giovane di Modugno “freddato con un colpo al petto” • “da più di dieci anni pagava il pizzo” (era soggetto ad estorsione) • “due imprenditori denunciano di essere stati costretti a pagare il pizzo” • “qui a Caccamo il rispetto per Nino (Giuffrè) è ancora grande. • “quando l’hanno arrestato gli hanno trovato addosso una saccata di bigliettini. I pizzini, come li chiamano in Sicilia • “lo si vede poco anche nelle campagne di R., dove è tornato ad abitare e dove con Brusca fece le prove dell’attentatuni”

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