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I sistemi previdenziali: caratteristiche, analisi e il caso italiano

I sistemi previdenziali: caratteristiche, analisi e il caso italiano. Michele Raitano “ Sapienza ” Universit à di Roma michele.raitano@uniroma1.it. I sistemi previdenziali: la teoria, i “modelli paese” e il caso italiano. Motivazioni e obiettivi di un sistema pensionistico.

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I sistemi previdenziali: caratteristiche, analisi e il caso italiano

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Presentation Transcript


  1. I sistemi previdenziali: caratteristiche, analisi e il caso italiano Michele Raitano “Sapienza” Università di Roma michele.raitano@uniroma1.it

  2. I sistemi previdenziali: la teoria, i “modelli paese” e il caso italiano • Motivazioni e obiettivi di un sistema pensionistico. • Le caratteristiche dei sistemi previdenziali. • Le categorie di valutazione dei sistemi previdenziali. • Il sistema previdenziale italiano: le riforme, gli schemi pubblici e privati. • La politica previdenziale comunitaria.

  3. Gli obiettivi della previdenza • Protezione dal rischio “vecchiaia”. • Sostegno contro la povertà. • Mantenimento del tenore di vita. • Income smoothing. • Equità assistenziale, previdenziale, attuariale. • Previdenza e assistenza.

  4. Le motivazioni dell’intervento pubblico • La miopia: obbligatorietà dell’assicurazione. • La scomparsa della famiglia patriarcale. • Le cause di intervento pubblico: • Il rischio di inflazione inattesa (fallimento assicurativo): evento incerto e common shock. • La selezione avversa nell’offerta di vitalizi (problema di selezione avversa). • La complessità del bene previdenza e delle informazioni a lungo termine (informazione incompleta). • L’instabilità dei mercati finanziari. • La possibilità dell’offerta privata.

  5. Le caratteristiche dei sistemi previdenziali • Il metodo di finanziamento della spesa. • Il metodo di calcolo delle prestazioni. • L’organizzazione che gestisce l’offerta. • Ogni caratteristica ulteriormente declinabile (Che formula specifica? Che tipo di privato? Che diversificazione finanziaria?). • Tranne ripartizione privata, ogni combinazione appare possibile (e nei fatti la si può riscontrare). • Ogni caratteristica ha suoi specifici effetti micro e macro.

  6. Il metodo di finanziamento della spesa Ripartizione e capitalizzazione • Il legame intergenerazionale. • “Regalo” alla prima generazione vs accumulo di risparmio? • Semplice sistema di finanziamento o effetti micro e macroeconomici?

  7. Il funzionamento del sistema a ripartizione

  8. Il metodo di calcolo: benefici vs contributi definiti • Le recenti tendenze di riforma: verso il DC. • Vari tipi di formule all’interno della dicotomia: DB: flat, earnings related, con rendimento prefissato. DC: basate su rendimenti di mercato o nozionali (contributivo). • L’età pensionabile. • Il grado di equità attuariale fra contributi e prestazioni. • L’indicizzazione delle prestazioni in pagamento: prezzi o salari? • Gli aspetti distributivi: • il legame con la dinamica salariale; • i vari tipi di equità; • lo spazio lasciato al privato. • Contributi come tasse o risparmio forzoso? • Rischi su sponsor e/o lavoratori. • Gli indicatori: tasso di rendimento interni e TdS.

  9. Retributivo e contributivo a confronto • Nel retributivo: P=c*AC*E(W) • c è un coefficiente (2% in genere, ma diseguale per categoria). • AC è l’anzianità (effettiva o figurativa). • E(W) la retribuzione pensionabile. • Nel contributivo: P=M*CT • M dipende da quanto contribuisco – salari, aliquota, durata carriera –e dalla crescita del PIL. • CT dipende da quando vado in pensione (i.e. dall’aspettativa di vita ad ogni data età) e dall’evoluzione demografica.

  10. Chi gestisce l’offerta? Sistemi pubblico o privati? • Scelta non “discreta”. • Vari tipi di schemi privati legati a: • Il ruolo della regolamentazione pubblica (su partecipazione degli individui, contribuzione, vincoli agli investimenti dei FP). • Spazio agli incentivi fiscali al privato. • Spazio dipendente dall’entità e dalle caratteristiche della copertura pubblica. • Le tipologie di fondi pensione: occupazionali e personali. • Differenze in termini di: • Governance. • Libertà di scelta dei lavoratori e grado di concorrenza fra fondi. • I costi amministrativi. • I rendimenti di scala.

  11. … una molteplicità di caratteristiche • Numerose caratteristiche che si combinano tra loro quasi in ogni modo possibile; quindi una molteplicità di possibili sistemi previdenziali. • Modelli teorici e modelli paese: il modello latinoamericano, anglosassone, nordeuropeo, i sistemi “tradizionali”, la “contribuzione definita nozionale”, l’“opting out”, il “multipillar”, il mantra degli anni ’90. • Si va verso un’armonizzazione dei sistemi previdenziali dei vari paesi? Il “coordinamento aperto” comunitario. • Ma esiste un sistema previdenziale “ottimo”? Ma come valutarli?

  12. Le categorie di valutazione dei sistemi previdenziali • Quale sistema consente di pagare pensioni più elevate? L’analisi dei rendimenti. • Quale sistema consente di ottenere pensioni più certe e che “assicurano” di più? L’analisi dei rischi. • Quale sistema consente di ottenere una “torta” da distribuire maggiore? L’analisi degli effetti della previdenza sul sistema economico. Ogni caratteristica ha effetti differenziati su queste 3 categorie.

  13. I rendimenti (1) Il confronto dei rendimenti di ripartizione e capitalizzazione • Rendimenti di mercato vs crescita del PIL, al netto dei rischi. • Ma che periodo storico considero? • Non media dei rendimenti, ma rendimento medio in tutti i sotto-periodi! • Vale l’efficienza dinamica? La differenza sostanziale può essere data dalla “dimensione della torta”. Ma in primo luogo vanno considerati rendimenti al netto di costi di transizione ed amministrativi.

  14. I rendimenti (2) Ma se devo sostituire uno schema payg? • I costi di transizione: ripagare il “regalo”. • Rendere esplicito il debito implicito. • La non ottimalità paretiana della sostituzione: • Finanziamento con emissione di titoli. • Finanziamento con maggiore tassazione corrente. Quale generazione ripaga il “regalo”? L’astrazione dell’ultima generazione.

  15. I rendimenti (3): i costi amministrativi • Tre fasi in cui compaiono costi amministrativi: • Accumulazione. • Alterazione. • Conversione in rendita. • Capitalizzazione pubblica, privata e tipo di concorrenza fra fondi. • Conta di più la libertà di scelta dei lavoratori o l’emergere di economie di scala in presenza di informazione imperfetta? • Non neutralità distributiva dei costi amministrativi.

  16. I rischi • Il rischio finanziario • Il rischio economico: individuale e sistemico • Il rischio demografico • Il rischio politico • Shocks individuali e sistemici (per definizione non assicurabili nei mercati privati). • Ogni caratteristica genera un tipo di rischio. • Redistribuzione e assicurazione sociale. • Verso sistemi previdenziali misti?

  17. Il rischio finanziario • Volatilità dei corsi e inflazione. • Rischi finanziari sistemici e individuali. • Varie forme di iniquità orizzontale (fra chi si ritira nello stesso momento e fra ritirati in periodi successivi; Burtless). • Emergono in capitalizzazione, ma l’esposizione individuale e il grado di condivisione dei rischi dipendono dalla regola di calcolo. • Non media dei rendimenti, ma rendimento medio nei vari sotto-periodi!

  18. Le oscillazioni dei rendimenti in Italia

  19. L’accumulazione dei montanti

  20. L’accumulazione dei montanti prima della crisi

  21. La variabilità delle prestazioni attese

  22. Una simulazione sui montanti potenziali

  23. Il rischio economico/individuale • L’incertezza della carriera. • In quale misura il sistema previdenziale assicura contro eventi avversi nella vita individuale? • Rischi non sistemici. • Conta la regola di calcolo ed il suo grado di equità attuariale. • Sistemi incentivanti possono però essere completamente neutrali dal punto di vista distributivo e quindi non assicurare contro eventi avversi. • Mero specchio del mercato del lavoro? • Quanto sono “eque” le differenze sul mercato del lavoro? • Ma equità attuariale davvero neutrale? O iniquità orizzontali legate alla distribuzione individuale dei tassi di mortalità? • Rischi sistemici: variazione del PIL e della mortalità.

  24. Un esempio di rischio economico (1)

  25. Un esempio di rischio economico (2)

  26. Un esempio di rischio economico (3)

  27. Rischi economici sistemici

  28. Il rischio demografico • Nella ripartizione in equilibrio finanziario deve valere: twL=pN  t=p/w*N/L • N e L influenzabili con la policy, non variabili demografiche “fisse”. • In realtà conta quanto si produce, non quanti producono! • Legame intergenerazionale esplicito in payg; in FF ognuno pensa per sé? • Trasferimento fra generazioni diretto ad opera dello Stato o mediato dai mercati finanziari; ma da cosa dipendono D e S in FF? • Vale solo per il payg l’astrazione dell’ultima generazione? • In realtà non è un sistema chiuso, ma diversificazione internazionale può incrementare i rischi finanziari. • L’aspetto cruciale è sempre la “dimensione della torta”!

  29. Il rischio politico • Riforme legate anche ad esigenze di bilancio pubblico in senso lato? • Nei fatti continue modifiche delle regole che alterano sostanzialmente le prestazioni (decise per “interessi pubblici”, malgoverno, problemi del sistema previdenziale). • Paragonabili ai rischi finanziari? • In democrazia “dittatura della maggioranza”; sono realizzabili improvvise riduzioni delle prestazioni (e/o incrementi di età pensionabile)? • Diritti acquisiti e tempi di transizione delle riforme. • Quanto è anziano l’elettore mediano? • Ma la politica non può modificare anche gli schemi a capitalizzazione privata (mediante regolamentazione e tassazione)?

  30. Verso sistemi misti? • Ogni caratteristica espone differentemente a diversi tipi di rischio. • Sistemi previdenziali misti come meccanismo di diversificazione del rischio? • O dimensioni dei rischi intrinsecamente differenti? • E’ misurabile con certezza la diversa dimensione/correlazione dei rischi?

  31. Gli effetti sul sistema economico • Gli effetti sul mercato del lavoro: • Gli incentivi all’offerta di lavoro: contributi come risparmio obbligatorio o imposte? • Ma trade-off fra efficienza e equità. • L’incentivo al pensionamento anticipato: la tassa implicita. • Gli effetti sul tasso di risparmio: • L’introduzione di un sistema: c’è spiazzamento? • La sostituzione del payg: come la finanzio? • Gli effetti sui mercati finanziari.

  32. Gli effetti sul mercato del lavoro • Analizzare lato della domanda (incentivi alla Ls) e dell’offerta (costo del lavoro). • Incentivi a Ls in assoluto e ad anticipo del pensionamento. • Conta la regola di calcolo: il legame attuariale fra C e B. • La tassa implicita: come varia la ricchezza pensionistica attesa al posticipo del pensionamento? • Se si riduce, tassa implicita che riduce l’utilità del salario al prosieguo dell’attività se non c’è piena compensazione attuariale.

  33. Gli effetti sul tasso di risparmio (1) • Confronto fra FF e payg. • L’introduzione di payg ridurrebbe il risparmio aggregato e, tramite minori investimenti, influenzerebbe livello e tasso di crescita del reddito nazionale. • Distinzione fra scelte di introduzione e di sostituzione del payg.

  34. Gli effetti sul tasso di risparmio (2) La creazione del sistema previdenziale • Il “regalo” alla prima generazione incrementa la ricchezza pensionistica attesa riducendo la necessità di risparmio (modello del ciclo vitale). • Nessun effetto depressivo in FF. • Per le generazioni successive alla prima sostituzione di risparmi volontari (se c’è perfetta informazione e non vincoli di liquidità) con contributi obbligatori. • L’analisi empirica non conferma l’ipotesi di spiazzamento completo dei risparmi dopo l’introduzione di payg.

  35. Gli effetti sul tasso di risparmio (3) La transizione verso la capitalizzazione • Valutazione dell’effetto su risparmio pubblico e privato. • Sicuro incremento del risparmio privato, l’effetto su quello pubblico dipende dalla modalità di finanziamento dei CT: • Con DP, nessun effetto su S aggregato. • Con maggiori imposte (“doppio carico”) aumenta S ma a causa di pol. fiscale restrittiva non della riforma previdenziale!

  36. Gli effetti sui mercati finanziari • Conta il ruolo che i PS attribuiscono ai MK (e alla competizione). • Ipotesi: i fondi pensione migliorano l’efficienza dei MK; una maggior efficienza di MK è di stimolo alla crescita. Thick market externalities. • Gli investitori istituzionali dovrebbero aumentare grado di stabilità, liquidità, efficienza (scelte di I a lungo termine, anche perché non c’è rischio di “corsa agli sportelli”), riduzione di costi di transazione. • Questo dovrebbe favorire riduzioni “i a lungo termine” e aumento investimenti. • Ma sono effetti incontrovertibili? Possibili caveat: • Conflitti di interesse fra grandi investitori e società in cui investono. • Strategie di breve periodo in settori con ampia competizione e libertà di scelta e imperfetta informazione della “clientela”. • Una riflessione sul ruolo di TFR e FP nel sistema finanziario italiano.

  37. Il sistema previdenziale italiano: il sistema pubblico Oltre un decennio di riforme: 1992, 1995, 1997, 2004, 2007, 2009, 2011 • Dal retributivo al contributivo: equità attuariale e coefficienti di trasformazione. • Il confronto fra i due schemi: formule di calcolo, incentivi e direzioni della redistribuzione. • L’innalzamento dell’età pensionabile (vecchiaia e anzianità). • L’indicizzazione delle prestazioni. • La lunga transizione: retributivo, prorata95, prorata2012, contributivo. • La distinzione fra previdenza e assistenza. • Gli interventi del luglio 2009 sull’adeguamento automatico dell’età. • E quelli di dicembre 2011.

  38. I requisiti di accesso al pensionamento Pre 2012: quote, 40 anni o 65/60 più finestra mobile. Adesso: o vecchiaia (62/66) o anticipata (41/42 con disincentivi) in crescita automatica.

  39. Sostenibilità vs adeguatezza • A regime, sostenibilità finanziaria garantita per definizione. • Rischi dal lato dell’adeguatezza legati a problematiche di natura “macro” e “micro”. • Nel contributivo “per definizione” allungare l’età pensionabile riduce i problemi di inadeguatezza; ma tutti possono “liberamente” scegliere di proseguire l’attività (a prescindere da problematiche macroeconomiche)? • Le criticità del sistema previdenziale dopo la riforma Fornero: sostenibilità, adeguatezza … e domanda di lavoro!

  40. Le criticità introdotte dalla riforma Fornero Cancellazione, rispetto alla Dini, di forme effettive di flessibilità dell’età di ritiro. Reintroduzione dell’anzianità minima a 20 anni (vincolo per donne, immigrati, parasubordinati). La flessibilità diventa accessibile solo a chi ha un reddito elevato (P>2,8AS). Ridotto fortemente cumulo fra pensione e assistenza. Età di uscita altissima per chi ha basse pensioni o anzianità. Ma sono proprio i più deboli a essere vincolati nelle uscite e ad avere più difficoltà di incontro di adeguata Ld. La riforma ha ridotto il rischio di essere pensionati poveri aumentando quello di essere anziani senza lavoro e senza reddito (con limitate tutele degli ammortizzatori e senza welfare di cura). 40

  41. I limiti nella domanda di lavoro Eterogeneità delle situazioni individuali sulla possibilità di continuare l’attività => policy complesse (activeageing, welfare cash e in kind). Criticità particolari per: • Chi è già stato espulso dal mercato del lavoro. • Chi potrebbe incontrare difficoltà a proseguire l’attività => 3 fonti di difficoltà: • Bassa domanda di lavoro da anziano (unskilled). • Problemi di salute (aggravati dal lavoro). • “Vincoli familiari” e necessità di cura.

  42. Le criticità del contributivo (1) Rischi sistemici: crescita di PIL e longevità (CT). Rischi individuali: legati alla carriera individuale. NDC è specchio del LM => P dipende da C versati nell’intera vita, da: frequenza dell’occupazione (buchi e assenza di amm. soc.); aliquote effettive (parasubordinati); livelli salariali (part-time). Lavoratori più fragili penalizzati sulle 3 dimensioni => donne, meridionali, low skilled, immigrati. 42

  43. Le criticità del contributivo (2) Nessuna condivisione di rischi sistemici e individuali (risk shift). Unica tutela, l’assegno sociale, means tested. Neutralità distributiva apparente, ma varie forme di redistribuzione derivanti dai CT (mortalità differenziale?). Neutralità attuariale vuol dire equità? A parità di “rischi aggregati”, l’adeguatezza dell’NDC dipende dalla coesistenza con un LM “adeguato”. N.B.: per vincoli di liquidità e normativi (su TFR e FP) nessuna possibilità per i lavoratori fragili di compensare col II pilastro. 43

  44. Le principali problematiche strutturali Con lunghi periodi lavorativi e contribuzioni corpose non emergono rischi di pensioni inadeguate => non è l’NDC in sé il problema (nel dopoguerra avrebbe garantito pensioni elevatissime), ma la sua coesistenza con LM pieno di disparità (e con un quadro macro di bassa g). Allora le principali domande da porsi (anche per la policy) diventano: “Quante/i riusciranno a versare a lungo adeguate contribuzioni?” “Quante/i e perché riusciranno /potranno lavorare fino a 70 anni?” “Da cosa derivano basse contribuzioni vitali nel LM?” 44

  45. Le accumulazioni di contributi post 1996 Uomini Donne

  46. Andamento della spesa e delle entrate previdenziali IVS, 1990-2006

  47. Le proiezioni della spesa pensionistica

  48. La “robustezza” delle proiezioni di spesa Proiezioni ipotizzano un saldo netto di immigrati (150.000 annui) nettamente inferiore a quello che da diversi anni si sta invece verificando (267.000 nel 2005). Se per i prossimi decenni, corrispondentemente ad un calo della popolazione interna, che supererà i sei milioni di unità, si ipotizza, prudenzialmente, un saldo netto variabile tra 145.000 e 190.000 unità, l’andamento del rapporto tra spesa pensionistica e PIL raggiungerà il valore massimo del 14,5%, il che significa – tra l’altro - un sostanziale spianamento della «gobba».

  49. Le determinanti delle prestazioni nel contributivo Le pensioni e il TdS discendono da una serie di elementi, alcuni legati alle caratteristiche individuali, altri all’andamento aggregato dell’economia e della demografia. • L’aliquota di computo dei versamenti. • La lunghezza della carriera individuale (la continuità). • L’età di pensionamento; un ritiro ad età più avanzate riduce il numero di anni in cui si riceverà la pensione e, su basi attuariali, accresce la rendita unitaria. • La dinamica salariale; salari più elevati, a parità di aliquota, accrescono contributi e prestazioni. Ma una maggiore crescita salariale riduce il TdS (il denominatore cresce più più del numeratore). • La crescita aggregata dell’economia, dalla quale dipende il tasso di rivalutazione del montante. • La dinamica demografica della popolazione: dato che i CT sono aggiornati periodicamente per tenere conto della variazione dell’aspettativa di vita.

  50. Le simulazioni di carriere tipo • Figura tipo entrata in LM nel 1996 intorno ai 25 anni, in pensione intorno al 2040 con le seguenti possibilità di uscita: • 69 anni se AC>20 e P>1,5AS • 66 anni se AC>20 e P>2,8AS • 73 anni se AC>5 e P<1,5AS (ma a 69 dovrebbe prendere AS) • Con anzianità AC=44 (45 se U) • Quanto le carriere fragili (per aliquote, salari, “buchi”) limitano l’accumulo di contributi e vincolano la stessa possibilità di uscita? • Rapporto fra pensione e assegno sociale.

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