1 / 22

STORIA DELLA MECCANICA QUANTISTICA

STORIA DELLA MECCANICA QUANTISTICA. 1912 N.Bohr raggiunge il Laboratorio di Rutherford a Manchester in una situazione della Fisica molto complessa e molto confusa: La carica elettrica, l’atomo e l’energia erano quantizzati. L’energia impli-

elkan
Download Presentation

STORIA DELLA MECCANICA QUANTISTICA

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. STORIA DELLA MECCANICA QUANTISTICA • 1912 N.Bohr raggiunge il Laboratorio di Rutherford aManchester in una • situazione della Fisica molto complessa e molto confusa: • La carica elettrica, l’atomo e l’energia erano quantizzati. L’energia impli- • cava h la costante di Plank che Einstein aveva utilizzato, nel 1907, per • compredere i calori specifici. Che significato dare ad h? • -Gli esperimenti sostenevano il modello di Rutherford per l’atomo costi- • tuito da un nucleo positivo che conteneva il 99.9% della massa circon- • dato da una nuvola di elettroni con un raggio ~105 volte quello del nucleo • Evidentemente gli elettroni non possono essere immobili altrimenti per • le forze di Coulomb cadrebbero nel nucleo, ma sapendo che la materia è • stabile, si è obbligati a pensare a un modello planetario, ma in quel caso • gli eletroni sono sottoposti alla forza centripeta, sono quindi accelerati e • con un semplice calcolo si vede che in 10-5 scondi cadono nel nucleo. • Non c’erano stati progressi dai tempi in cui il modello planetario di Perrin era • stato rigettato in favore del modello di Thompson.Inoltre il nucleo di cariche solo • positive dovrebbe disfarsi per effetto delle forze elettrostatiche, quindi è necessaria • una forza di nuovo tipo che lo leghi, ma questa forza era assai misteriosa perchè • sebbene più forte di quella di Coulomb, non se ne vedeva traccia. • -Gli spettri di emissione di luce degli atomi davano informazioni che non • si riuscivano ad inquadrare in nessun modello teorico. Erano composti • di molte righe che per l’idrogeno seguivano un formula introdotta da dove Rè la costante numerica di Rydbgerg ed n un numero intero da 4,5,6.... J.J.Balmer già nel 1885.

  2. La vicinanza di Rutherford indusse Bohr a riflettere sul modello atomico • planetario. Rivedendo la formula di Balmer ebbe l’illuminazione che lo • portò alla soluzionela soluzione che si basava su due principi: • -Gli stati stazionari di un sistema formato da un elettrone che ruota intor- • no a un nucleo positivo seguono la meccanica classica. • le transizioni energetiche avvengono tra stati stazionari con valori del- • l’energia che corrispondono a dovenè un numero • intero, h la costante di Plank e la frequenza di rivoluzione dell’elet- • trone. Introducendo l’ipotesi che l’energia emessa durante la transizione • tra due stati stazionari è pari ad dove è la frequenza della radia- • zione monocromatica emessa. In questo modo si ottenevano relazioni • particolari per l’enegia E e per il raggio dell’orbita percorsa • dell’elettrone attorno al nucleo: • e la frequenza di radiazione • emessa in una transizione diventa: una relazione in accordo con la formula di Balmer e dove R la costante di Rydberg è calcolata in funzioni di costanti matematiche e fisiche. Bohr propose l’introduzione di numeri quantici corrispon- denti a livelli energeti interni all’atomo La proposta di Bohr sollevò non poco scetticismo. Era fondata su postu- lati altamente problematici, aveva una base empirica soddisfacente ma ristretta, cioè non funzionava per atomi diversi dall’idrogeno e poi non aveva risolto il problema elettrodinamico.

  3. -1913 P. Ehrenfest tentando di individuare un significato di h stabilisce relazioni del tipo dove compaiono legate ad h le variabili co- niugate (p.q) il momento e la coordinata, che sonostate modificate nel 1915 da A. Sommerfeld in . -1914 J.Franck, G.Hertz studiarono sperimentalmente l’azione di assor- bimento di elettroni da raggi catodici su mercurioed inaspettatamente tro- varono che gli elettroni non erano assorbiti in modo continuo con l’ener- gia ma in modo discreto ad energie fissate emultiple di un certo valore. Loro non conoscevano i lavori di Bohr ed erano molto proccupati per questo risultato inaspettato. L’anno dopo in un cogresso presentarono i risultati ed un partecipante disse che questi confermavano il modello di Bohr, che dopo questo risultato sperimentale fu preso più seriamente. La figura asinistra mosta uno spettro ottenuto con tecniche moderne nel 1968 per l’idrogeno per i livelli atomici che vanno dal n = 62 ad n = 72. Evidentemente, ora, non ci sono più dubbi sulla natura quantica dei livelli atomici. -1922 O.Stern,W.Gerlach la concezione non quantica portava a credere che l’asse di un orbita elettronica rispetto a un campo magnetico potes- se assumere valori continui, mentre la concezione quantistica induceva a pensare and angoli quantizzati. Stern e Gerlach eseguirono un esperi- facendo passare un fascio atomico in un campo magnetico disomegeneo e mostrarono che efferrivamente gli angoli erano quantiz- zati e questa fu la conferma definitiva del modello di Bohr.

  4. Bohr osservò che le righe di Balmer corrispondevano alle transizioni tra le orbite circolari con n=1,2,3,4... Ma erano permesse anche altre transizioni saltando qualche livello, queste dovevano trovarsi nella regione UV, men- tre le transizioni tra i livelli più esterni dovevano portare una serie di righe nell’infrarosso. Queste righe sono sta trovate poco dopo da T.Lyman e da F.Paschen.Bohr sapendo che i raggi delle orbite quantiche circolari au- mentavano con i quadrati dei numeri quantici fu in grado di stabilire quale grandezza meccanica fosse quantizzata, e la individuò nell’azione cioè il prodotto della quantità di moto dell’elettrone per la lunghezza del orbita. La variazione dell’azione da un orbita all’altra era uguale ad h di Planck. Atomo di Sommerfeld Atomo di Bohr Apparve presto la necessità di aggiungere alle orbite circolari di Bohr qualche orbita elittica quantizzata. La proposta fu fatta Sommerfeld. La prima orbita restò inalteralta alla seconda sono state aggiunte tre orbite elittiche con la stessa enegia di quella circolare. Alla terza orbita ven- nero aggiunte ben 8 orbite elittiche. Fu introdotto così un altro numero quantico quello orbitale l. Così si inziava a comprendere anche gli spettri ottici degli altri elementi. Ma dopo tutto questo importante lavoro rimaneva sempre un modello assai meccanicistico e non del tutto soddisfacente.

  5. F Li -1925 W.Pauli formula il suo principio di esclusione il quale dice che in ogni stato quantico non ci poteva stare più di un elettrone. La prima formulazione prevedeva due elettroni in ogni orbita, ma successi- vamente Pauli comprese che i dati della spettroscopia ottica in campo ma- tico imponeva la necessità di un altro numero quantico lo spin, vale a dire che gli elettroni doveno essere pensati come piccole trottole magnetiche. Questo permise il collegamento tra l’atomo quantistico e la tabella degli elementi di Mendeleiev spiegando anche la valenza chimica come il completamento dei numeri quantici orbitali. Uno o più elettroni vengono ceduti da un atomo all’altro ed in tal modo tutti e due completano le orbite ed ottengono la neutralità magnetica. -1924 L.deBroglie suppone che gli elettroni sulle orbite siano “onde di materia” cioè qualcosa di simile ad onde stazionarie ovviamente di natura fisica assai misteriosa. Ogni orbita conteneva un numero di onde intero e mai una frazione. La prima orbita conteneva una sola onda, la seconda due laterza tre e via di seguito. Abbia- mo visto che la azione di ogni elettrone sulle orbite deve essere uguale ad h per la prima, a 2h per la se- conda, 3h per la terza ecc..Se la lunghezza d’onda di materia è torna con le ipotesi di Bohr. -1927 C.J.Davvison,L.H.Germer con un fascio di elettroni accelerati elettrosatica- mente su uncristallo hanno ottenuto una figura di diffrazione analoga a quella pre- vista per un fenomeno ondoso con la lun- ghezza d’onda prevista da deBroglie.

  6. MICROSCOPIO ELETTRONICO Abbiamo visto che con la microscopia ottica non si possono superare i limiti della diffrazione. Per avere una risoluzione migliore si devono usare lunghezze d’onda più corte, ma con le onde elettromagnetiche non si riesce a fare molto dato che non esistono lenti efficaci per far convergere UV e raggi X. La microscopia elettronica ha sfruttato un idea di De Broglie (1925) che afferma che anche le particelle con massa hanno una propria lunghezza d’onda associata: mv =h / = h / mv essendo la lunghezza d’onda dell’elettrone chiamata anche lunghezza di De Broglie ed h è la costante di Plank del corpo nero. Se la velocità dell’elettrone è data da una differenza di potenziale V mv2/2=eVv2 =2eV/m mv = m(2meV)1/2 = h/(2meV)1/2 Mettendo i valori numerici: h=6.62x10-34js, m=9.11x10-31Kg ed e=1.602x10-19C =(12/V1/2).10-8cm Per esempio con V=100V λ=1.22.10-8cm=0.122nm e per V=10000V =0.0122nm. Quindi con un reticolo cristallino si dovrebbero avere figure di diffrazione policristalli polverizzati policristalli monocristallo

  7. Quindi anche convoltaggi moderatisi hanno molto corte.Per costruire un microscopio sono necessarie le lenti, vale a dire mezzi dispersivi che permettono di costruire sistemi che facciano convergere i fasci di elettroni Per le particelle cariche, compresi gli elettroni, i gradienti di campi elettri- ci e magnetici sono dei mezzi dispersivi, e con questi si possono costruire lenti convergenti e divergenti che seguono le stesse leggi dell’ottica geometrica, una volta definite opportunamente le distanze focali: LENTE ELETTROSTATICA Un gradiente di campo elettrico come questo agisce come una coppia di lenti convergente e divergente LENTI MAGNETICHE -Il dipolo magnetico per fasci di particelle cariche, è l’equivalente ottico del prisma, cambia la direzione del fascio e separa in momento. -Una coppia di quadrupoli magnetici, sfasati (NSNS - SNSN), è l’equivalente ottico di una coppia di lenti convergente e divergente. -I multipoli si usano per correggere le aberrazioni. Le lenti magnetiche sono le più usate anche in microscopia elettronica perché vari- ando la corrente delle bobine cambia il fuoco . Sono anche usate negli acceleratori sia per costruirli che per sviluppare i fasci di particelle, esterni al acceleratore.

  8. Con le cognizioni teoriche e fisiche che abbiamo, possiamo costruire un microsco- pio elettronico. Qui sotto c’è lo schema di uno a trasmissione (TEM). In A lo sche- ma per le figure di diffrazione, in B lo schema per le immagini: Immagine con microscopio elettronico SEM di una superficie di Silicio, che vista direttamente appare lucida. Con questa tecnica si raggiun- gono facilmente ingrandimenti x50000. Unico inconveniente gli elettroni viaggiano solo nel vuoto e quindi non possono es- re usati campioni umidi o vivi. 10nm

  9. Anche se recentemente il problema si inizia a risolvere con il ESEM. Con microscopi elettronici con ten- sioni di 300KV e curando molto le aberrazioni ottiche, con correttori multipolari si riescono a vedere i singli atomi. Nelle figure accanto si possono vedere i piani cristallini di un monocristallo con distanze reticolati di 0.35nm. Nella figura inferiore si possono vedere un aggregato di due monocristalli. È facile immaginare l’avanzamento che potrà fare la ricerca dei materiali con strumenti di questa potenza. Per andare oltre si dovranno usare fasci ionici, che con masse decine di migliaia di volte maggiori della massa degli elettroni possono avere delle lunghezze d’onda di De Broglie molto piccole. Qui accanto una figura di diffrazione di atomi di He su un reticolo, otte- nuta in un esperimento terminato al inizio del 2000.

  10. -1926 E.Schrodinger suggerì di rappresentare il fenomeni descritti usando l’equazione delle onde in questo modo: dove è una funzione d’onda capace di studiare il sistema. La soluzione di questa equazione risolse brillantemente prima l’atomo di H, l’He, ecc.. Nel 1927 W.Heitler e F. Londonrisolsero quantitativa- mente la molecola di H2 , e nel 1929 Pauling diede le soluzioni per la valenza chimica, però per molti corpi sono necessarie soluzioni aprossi- mate introdotte da D.R.Hartree e V.Fok. Chimicanuova!!L’equazione di Schroedinger non è invariate per trasformate di Lorentz,quindi non comprende la relatività ristretta e non è adatta a risolvere fenomeni legati avelocità vicine a c e quelli che implicano la trasormazione di energia in massa e vicevera. -1925 W.C.Heisengerg propone aiutato da M.Born un approccio matri- ciale ai problemi della meccanica quantistica. Questo metodo risolve con difficoltà problemi come l’atomo di idrogeno e poco altro ma è stato importante perchè si è visto che diversi approcci matematici erano capaci di affrontare la nuova meccanica e che questi sistemi erano sos- tanzialmente equivalenti. Da questo sviluppo matematico nasce il Principio di Indeterminazione di Heisenberg che afferma che la misura contemporanea di due variabili coniugate, (per esempio il momento e la distanza o l’energia e il tempo), possono essere realizzate solo contemperando il principio di indeterminazione. Questo è un fatto importantissimo perchè mette in discussione il principio di causa ed effetto. Ovviamente ci sono prove sperimentali di verifica. Porta altresì a considerare le onde di materia come onde di probabilità.

  11. -1927 P.M.A.Dirac pubblica The quantum theory of the emission and absortion of radiation dove presenta una equazione delle onde relativi- sticamente invariate. Questa equazione ha una grande importanza nella fisica moderna ma già dal trattamento dell’eletrrone fatta da Dirac ha risolto il problema dell’assorbimento ed emissione dell’elettrone in mo- do quantitativo e preciso, ma ha introdotto gli stati di energia negativa degli elettroni. Misterioso concetto che non riusciva a trovare soluzione continuo positivo elettrone normale 0 buca continuo negativo fino a quando nel1931 C.Anderson,in una camera di Wilson osservando raggi cosmici trovò la traccia di un elettrone positivo, il positrone, prima particella di antimateria ora usata in medicina per la PET. Nel 1955 al Bevatron di Berkley E.Segrè trovò il protone negativo: l’antiprotone. Si era trovata l’atimateria.Al CERN recentemente hanno prodotto anti H.

  12. LA STATISTICA CLASSICA E QUANTISTICA La teoria cinetica di Maxwell-Boltzmann per un gas in un recipiente ammette che tutti glistati energetici siano possibbili. Non è così per un gas di elettroni che aven- do spin semintero seguono il principio di esclusione di Pauli. Infatti seguono la sta- tistica di Fermi-Dirac le particelle con spin intero non son vincolate dal principio di Pauli e seguono la statistica di Bose-Einstein Per esempio gli elettroni in un conduttore seguono la statistica di Fermi- Dirac. Seguono invece la statistica di Bose-Einstein dove ogni particella perde la sua individualità l’elio liquido a 2.2oK, che diventa superfluido cioè la sua viscosità va a zero, e i metalli superconduttivi che alla tem- peratura adeguata hanno resistenza zero. Recentemente è stato realizzato un laser di materia di atomi di spin intero.

  13. LASER Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation Nel 1960 la fisica quantistica, dopo aver dato un enorme contributo nel nel 1947 allo sviluppo della società con l’invenzione del transistor diede un ulteriore contributo: il LASER, che ha un impatto sociale analogo. Nel 1917 Einstein introdusse in fisica un nuovo concetto quello di emis- sione stimolata. Nella figura sono schematizzati diversi processi atomici: a) Assorbimento:un atomo con due livelli atomici E1 ed E2, dove solo il livello più basso è occupato, in presenza di uno spettro continuo, quando un fotone di energia hν=E2-E1raggiunge l’atomo, il fotone svanisce e si ritrova l’atomo con il livello E2 occupato. b) Emissione spontanea: lo stesso atomo con il livello E2 occupato, in assenza di radiazione, l’elettrone va spontaneamente al livello inferiore emettendo un fotone di energia hν=E2-E1. c) Emissione stimolata: come nel caso b) ma in presenza di radiazione hν=E2-E1il fotone interagisce con l’atomo provocando la transizione del elettrone al livello E1 e l’emissione di due fotoni identici hν=E2-E1.

  14. Il caso più comune di emissione spontanea è quello del popolamento del livello E2 per urti termici, il fuoco o una lampadina ad incandescenza ne sono gli esempi. In questo caso i fotoni sono emessi indipendentemente l’uno dall’altro e quindi presentano direzioni e fasi diverse. I tempi di emissione τ, trascorsi tra l’eccitazione e l’emissione sono tipicamente 10-8 s. Ci sono casi in cui τ =10-3 s, questi sono chiamati stati metastabili e rivestono una fondamentale importanza nella progettazione e costruzione dei LASER. Nell’emissione stimolata i due fotoni sono identici in fase, direzione, frequenza e polarizzazione e a loro volta possono stimolare l’emissione di altri due fotoni identici. Si può con ciò indurre un processo a catena che è chiamato di amplificazione stimolata. Nella realtà non abbiamo a che fare non con un singolo atomo ma con una moltitudine di atomi. Per un sistema a due livelli quale sarà la popolazione dei due livelli all’equilibrio termico? Il popolamento di un livello di ener- gia E è dato dal fattore e-E/kT(distri- buzione di Maxwell-Boltzmann). Il rapporto tra atomi di energie E1 ed E2 Da R si arguisce che più alto è T più popolato sarà il livello alto anche se sempre R < 1 e quindi dall’agitazione termica viene pompato il livello E2. Se esponiamo il sistema a radiazione, data la predominanza del livello E1 avremmo soprattutto assorbimento. Se come in figura le popolazione fossero invertite il processo domi- nante sarebbe l’emissione stimolata. Un inversione di popolazione, non è una configurazione ottenibile con processi termici, è necessario un trucco per provocarla.

  15. In figura è mostrato un trucco per ottenere l’inver- sione della popolazione dei livelli. Gli atomi ven- gono pompati dal livello fondamentale E1 al livello eccitato E3, per esempio mediante energia luminosa a spettro continuo. Gli atomi decadono rapida- mente (τ = 10-8 s) al livello eccitato E2 che è uno stato metastabile ( τ = 10-3 s ) quindi può dar luogo la desideratoeffetto LASER, infatti se le condizioni sono favorevoli il li- vello E2 può diventare più popolato di E1. A questo punto un occasionale fotone avente l’energia hν=E2-E1può scatenare una valanga di eventi di emissioni stimolate che si traduce in un fascio di luce LASER. Molti laser che fanno uso come sostanza emittente di solidi cristallini come il rubino, utilizzano di questo processo a tre stadi. Un altro tipo di laser utilizza una miscela di gas 80% He e20% Ne Una scarica nei gas pompa il li- vello dell’He E3, che è metasta- bile e per urti trasferisce preferi- bilmente l’energia, per collisioni termiche al livello E2 del Ne, che casualmente gli è prossimo in valore. In questo modo il Livello E2 può diventare più popolato dell’E1. L’inversione si mantie- ne per via della metastabilità di E3. L’emissione stimolata tra E2 de E1 predomina e si genera una luce laser rossa con λ = 632.8nm 20.61 eV 20.66 eV

  16. Gli elementi che compongono uno dei tipi più comuni di LASER He-Ne sono il tubo di vetro a scarica riempito con la miscela di gas. La maggior parte dei fotoni di emissione stimolata non sono paralleli all’asse del tubo a scarica e vengono bloccati alle pareti. I fotoni di emissione stimolata che sono paralleli all’asse del tubo possono oscillare molte volte avanti e indietro entro il tubo per successive riflessioni tra gli specchi concavi M1 e M2, con punti focali al centro del tubo. Questi fotoni possono a loro vol- ta provocare emissione stimolata, ne risulta una reazione a catena che cre- sce rapidamente in questa direzione e realizza l’intrinseco parallelismo del fascio laser. Si può pensare più che a fotoni che passeggiano a una ve- ra cavità risonante ottica che a guisa di una canna d’organo, si può accor- dare per renderla nettamente risonante a una o più frequenze. Lo specchi M1 è rivestito con una pellicola dielettrica il cui spessore è ac- curatamente controllato in modo da rendere lo specchio quasi totalmente riflettente per la lunghezza d’onda della luce laser. Lo specchio M2 è rivestito in modo tale da lasciare passare una piccola frazione della luce laser, che ha ogni riflessione può sfuggire e formare il fascio utile. Le finestre W che racchiudono le estremità del tubo di scarica, sono incli- nate in modo che le normali formino un angolo tgθp = n con l’asse del tu- bo, n è l’indice di rifrazione del vetro del tubo alla frequenza del laser. Ovviamente queste finestre, inclinate con l’angolo di Brewster θp trasmettono tutta la luce se polarizzata nel piano della figura. In questo modo si seleziona la direzione, la frequenza,la fase e la polarizzazione. L’emissione stimolata fa il resto.

  17. CARATTERISTICHE DEI LASER 1. La luce laser è estremamente monocromatica. Luce ricavata da un tubo a scarica selezionata con uno spettrometro può raggiungere una monocromaticità al massimo di 10-6. Con il laser si fa meglio di 10-9. 2. La luce laser è notevolmente coerente. I treni d.onda possono raggi- ungere lunghezze di centinaia di Km, vale dire coerenza fino a 10-3 s. 3. La luce laser è fortemente direzionale. La limitazione al parallelismo di un fascio laser è data solo dalla diffrazione provocata dalla dimensio- ne del foro di uscita. Per le sorgenti normali oltre a questo problema è rilevante la dimensione della sorgente. 4. La luce laser può essere focalizzata in modo netto. Questa proprietà discende dal parallelismo del fascio laser. Si possono ottenere facilmen- te intensità di luce laser focalizzata dell’ordine di 1015 W/cm2. Una fiamma ossiacetilenica ha una intensità di soli 1000 W/cm2. APPLICAZIONI DEI LASER I laser più piccoli usati per comunicazioni telefoniche su fibre ottiche, hanno come mezzo attivo, un cristallo di AsGa delle dimensioni della punta di uno spillo. I laser più grandi, impiegati per la ricerca sulla fusione nucleare occupano un edificio. Essi possono generare impulsi laser della durata di 10-10 s in cui il livello di potenza durante l’impulso raggiunge i 1014 W (100 volte la potenza complessiva di tutte le centrali elettriche del mondo). Tra i tanti impieghi dei laser ricordiamo: la lettura dei CD, il taglio e sal- datura di lastre metalliche, taglio dei vestiti (50 strati alla volta), le tras- missioni in fibra ottica, nella chirurgia per la sostituzione del cristallino e la saldatura della retina distaccata, per lo spianamento dei terreni agricoli, per raffinate misure misure di lunghezza per interferometria con applica- zioni enormi nella meccanica di precisione, permette l’olografia ottica con facilità e tante altre applicazione che ogni giorno si ampliano. Pos- siamo dire che i laser hanno un impatto tecnologico e sociale enorme.

  18. FISICA NUCLEARE I Protoni ed i Neutroni si combinano formando i nuclei in numeri simili, combinazioni molto assimmetriche sono instabili o non si formano. I punti neri centrali rappresentano i nuclei stabili. Quelli che stanno sulla linea orizzontale con uguale numero di protoni sono gli isotopi. Le zone gialle e verdi contengono nuclei con diversi gradi di instabilità, per eccesso di protoni oppure per eccesso di neutroni. Fino al Ferro (Fe) la somma delle masse dei protoni e neutroni dei vari nuclei è superiore a quella del nucleo formato, quindi la sintesi di nuclei produce energia ed è in questo modo che le stelle producono l’energia. Per esempio 4 protoni producono unnuclo di elio e danno 5MeV/4GeV ~0.1% di energia. Il nostro sole consuma 10-3 della sua massa in 1010anni.(-1946 H.Bethe)

  19. Per nuclei con numero atomico superiore al Fe le masse dei nuclei sono superiori alla somma dei protoni e neutroni che le compongono. Si ottiene energia da questi nuclei scindendoli e non per fusione. Per esempio l’U238 si scinde spontanemente con una vita media come la vita della ter- ra ~4x109anni in Xe, Sr,2n e dando ~1MeV/238GeV cioè ~10-5 in energia rispetto al peso, comunque almeno 105 volte più efficiente della combustione. (1937 O.Hann). -1934 E. Fermi scopre che i neutroni rallentati, per esempio urtando atomi leggeri come H, D, C, sono catturati più facilmente dai nuclei, producendo radioattività artificiale. Questa scoperta con quella di O.Hann diede inizio alla produzione di energia dai nuclei con i reattori e con le bombe.

  20. Con queste informazioni si è compreso come avviene la sintesi degli ele- menti a patire dall’idrogeno in natura: -L’idrogeno si ragruppa in nubi per azione della gravità. La nube ha una rotazione che conserva e la cui volocità aumenta per consevazione della quantità di moto e per questo si formano le galassie così piatte. Localmente dei vortici minori formano le stelle rigorosamente di idrogeno e magari anche di elio. -Si formano stelle di varie dimensioni. Piccole tipo Giove rimangono sempre un ac- cumulo di elementi. Grandi come il Sole, al cui centro la temperatura sale fino mol- ti milioni di gradi e si innesca la fusione nucleare e per sintesi forma tutti i nuclei fi- no al Fe, stabili e radioattivi che decadono secondo le proprie vite medie. Stelle co- me il Sole durano circa 1010 anni. Stelle più grandi del Sole, al loro centro raggingo- no temperatura altissime, innescano la sintesi che avanza rapidamente e durano solo milioni di anni e poi esplodono come supernove producendo una enorme quantità di neutroni che per cattura formano gli elementi più pesanti del Fe. L’esplosione sparpaglia gli elementi formando nuove nubi destinate ad aggregarsi. -La presenza sulla Terra di elementi più pesanti del Fe ci fa capire che il materiale di cui è formato il sistema solare è certamente il residio di una o più esplosioni di supernove i cui elementi si sono addensati formando il Sole ed i pianeti. Esplosione di Supernova 1987 SN1987A

  21. p p responsabili delle forze nucleari n n m~139MeV p n 1f I mesoni pi-greco sono stai scoperti nei raggi cosmici da Powell e G.Occhialini nel 1948 Rimaneva il grosso problema come un insieme di cariche positive e neutre potevano stare insieme e quale fisica valesse a quelle dimensioni. Si com- prese molto presto che la meccanica quantistica era validanei nuclei. Una nuova forza 137 più potente di quella elettromagnetica tiene insieme i nuclei e per questo è chiamata forte. È una forza di scambio come quella elettromagnetica, ma con un raggio d’azione di solo 10-13 cm. Per questo non possono esistere nuclei troppo grandi. Solo le Pulsar , i residui delle Supernove, che sono Stelle a Neutroni di 2 o 3 masse solari son stabili per la gravitazione. Le forze forti sono state proposte da molti tra i quali citiamo W.Heiswnberg ed E.Maiorana

  22. Il decadimento radioattivo beta ha dato delle notevoli sorprese: Si pensava aun decadimento a due corpitipo N0 =N+e aspettandosi che l’energia degli eletroni fosse monocromatica invece questa non era per cui il decadimento era a tre corpi. Hanno cercato per anni una terza particella prevista da Pauli nel 1933 che fermi chiamò neutrino . Fu trovata finalmente nel 1954 da Reines e Cowand in un esperimento in un reattore nucleare dove di neutrini se ne producono molti. -1933 E.Fermi pubblica su una rivista italiana una teoria simile al elettromagnetismo ma con una forza repulsiva, più intermedia tra la for- za di cuolomb e quella gravitazionale chiamata appunto debole. Questa teoria delle interazioni deboli è stata unificata a quella elettroma- gneticanel 1972 da Weinberg, Glashow e Salam per cui ora l’intera- zione si chiama ELETTRODEBOLE. La forza debole ha degli inteme- diari W+- e Z0 con masse tra 80 e 90 masse del protone scoperte da C.Rubbia al CERN nel 1983.

More Related