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Approximate Dynamic Factor Models: sviluppi recenti della teoria e applicazioni – parte seconda Andrea Brasili Strategie e Studi – UniCredit Banca d’Impresa. Indice. Riepilogo principal components in the frequency domain Opening the black box: l’identificazione degli shock “primitivi”
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Approximate Dynamic Factor Models: sviluppi recenti della teoria e applicazioni – parte seconda Andrea Brasili Strategie e Studi – UniCredit Banca d’Impresa
Indice • Riepilogo • principal components in the frequency domain • Opening the black box: l’identificazione degli shock “primitivi” • Quanti sono gli shock “primitivi”? Ancora Bai-Ng • Applicazioni: la produzione industriale per settore • Stazionari o no?
Xt = ΛFt + et Dynamic factor model di dimensioni (N*T) = (N*r) * (r*T) + (r*T) Con la finalità di prevedere Yt+1 = β’Ft + εt+1
Dynamic factor model II Per la stima è necessario risolvere questo problema di ottimizzazione: V(k) = min(NT)-1ΣNi=1 ΣTt=1 (Xit - λkiFkt)2 s.t. Λk’Λk/N = Ik or Fk’Fk/T = Ik
Dynamic factor model III …concentrating out Λk this is equal to V(k) = max tr(Fk’(XX’)Fk) La matrice dei fattori stimati è uguale a √T che moltiplica i k più grandi autovalori di XX’. Stimata F, Λ sarà data semplicemente da Λ= (Fk’Fk)-1Fk’X
Xt = Commont + idiosynct Xt = ΛFt + et Dynamic factor model IV Questo, seguendo SW 1999, ricomprende la più generale rappresentazione in cui F0t = (ft, ft-1….. ft-q) Tenendo presente che in ogni caso i fattori non sono identificati, cioè vale Xt = ΛG’GFt + et dove G’G = I
Static vs dynamic PCA FHLR approach: dynamic principal components versus static principal components. A scopo descrittivo è più completo; in luogo della covarianza fa uso della spectral density matrix, che include leads and lags delle variabili di interesse. (spectral analysis: references Hamilton Time series analysis 1994 capp. 6 e 12; Brillinger Time series analysis 1981 specialmente cap. 9) Più adatta a descrizione che a previsione (two sided filter). FHLR hanno proposto una modifica della loro procedura che diviene un one sided filter (Eurocoin è prodotto così). SW (2004) definiscono FHLR approach al forecasting come un differente modo di “pesare” la matrice varcov delle osservazioni.
Riferimenti bibliografici • Forni M. D. Giannone, M. Lippi and L. Reichlin (2004) “Opening the black box: structural factor models versus structural VARs” • Cimadomo J. (2004) “The effects of systematic monetary policy on sectors: a factor model analysis” • Forni M., M. Hallin, M. Lippi and L. Reichlin (2004) “Monetary policy in real time” • Lippi M. and Thornton D. (2004) “A dynamic factor analysis of the response of US interest rates to news” WP FRB St.Louis • Bai J. and S. Ng (2005) Determining the number of primitive shocks in factor models • Eickmeier S. Business cycle transmission from the US to Germany – a structural factor approach Bundesbank DP 12/2004
Dynamic factor model Riapplichiamo un DFM alla Stock e Watson seguendo le indicazioni di Forni Reichlin Lippi Giannone (2004). Estrazione di 4 fattori comuni. Un DFM stimato con le Componenti Principali (c.p. nel seguito) statiche lascia implicita la possibile esistenza di relazioni di lead and lags tra i fattori. Questi potrebbero essere dunque semplicemente c.l. di ritardi di altri fattori.
Dynamic factor model: l’identificazione Il suggerimento è di fare una proiezione su se stessi dei residui così da valutarne le relazioni di leads and lags. Quindi un VAR (in questo caso di ordine 1) sui fattori. Dopodichè sui residui di questa proiezione si applica nuovamente una scomposizione c.p. che permette di esprimere la componente comune (i fattori) in termini di shock fondamentali e tra loro incorrelati; scegliendo poi una opportuna matrice di rotazione si identificano questi shock comuni e strutturali che “muovono” l’economia.
Per tenere conto dei leads and lags possibili tra i fattori si fa una projection, che corrisponde alla stima di un VAR di ordine p (negli esempi, pochi peraltro), è sempre un VAR(1). (In effetti, come noto dalla letteratura sui VAR, un VAR(p) può sempre essere riscritto come un opportuno VAR(1)) ft = Aft + ut Dynamic factor model
A questo punto si dovrebbe valutare il rango della matrice varcov dei residui, tenendo presente che lo spazio mappato dagli stessi potrebbe essere più piccolo (per le eventuali relazioni leads-lags dette sopra) di quello dei fattori. In ogni caso diventa interessante esprimere la componente comune in termini di questi shock, una volta che si sia certi siano incorrelati, si esprime quindi la componente comune in termini di rappresentazione MA Xt = B(L)ut + §t Per essere certi delle proprietà di u, cioè di aver considerato la “giusta” dimensione e di possedere shocks che siano tra loro ortogonali, si estraggono nuovamente le componenti principali, scegliendo opportunamente il numero di queste. Dynamic factor model
Xt = Commont + idiosynct xit = λ’i(L)ft + eit Static vs dynamic factor models Dove λ(L) è la matrice dei loading dei fattori dinamici ed è di ordine s, inoltre ft=C(L)εt Dove gli εtsono iid vectors e quindi: xit = λ’i(L)C(L)εt+ eit La dimensione di f è la stessa di ε ed è definita NUMERO DEI FATTORI DINAMICI, ma in generale è diversa da F, che potenzialmente include ritardi e anticipi di f
xit = λ’i1ft + λ’i2ft-1 + λ’i3ft-2 +….+ λ’isft-s + eit xit = λ’i(L)ft + eit Static vs dynamic factor models Dove ft è di dimensione q e L è il consueto operatore ritardo λ’i(L) = λ’i1 + λ’i2L + ….+ λ’isLs …può essere riscritto in forma statica Xt = Λ’Ft + et
Static vs dynamic factor models …dove… f t f t-1 ….. ….. f t-s λi1λi2 ….. ….. λis Λi = Ft = La dimensione di F sarà dunque r = q(s+1) dove q è la dimensione di f
Static vs dynamic factor models Bai Ng (2005) mostrano (pp7-10) che dati generati da un dynamic factor model possono sempre essere mappati in un modello statico definendo opportunamente F, che evolve come un VAR il cui ordine dipende dalla dinamica di f. La dimensione di F è sempre q(s+1) indipendentemente dall’ordine del VAR. Come si determina il numero dei fattori dinamici? (cioè dato r, q?). Intuitivamente è il rango della matrice dei residui del VAR stimato sui fattori statici stimati. LT suggeriscono i criteri euristici di FHLR (varie) come criteri di definizione di q.
Static vs dynamic factor models Bai Ng (2005) mostrano che una possibile modalità è quella di operare una spectral decomposition della matrice varcov dei residui del VAR sui fattori. Se questi fossero osservati, si tratterebbe di verificare se esistano, a partire dalle innovazioni ut (di dimensione r), una matrice R(rxq) e un set di innovazioni (di dimensione q) che costituiscano le q linearmente indipendenti che “spannano” lo spazio di u. ut = Rεt
Static vs dynamic factor models Con A matrice simmetrica rxr si può usare la spectral decomposition: A = BCB’ dove B è una matrice ortogonale e C contiene sulla diagonale gli autovalori di A A = Σqj=1 cjβjβ’j = Σrj=1 cjβjβ’j perchè se vi sono innovazioni l.d. A avrà alcuni autovalori = 0. BN mostrano che se i fattori (e il loro numero) sono stimati consistentemente, si può costruire una procedura basata su questo approccio per determinare q.
Una semplice metodologia di previsione su cross section ampie: l'applicazione alle regioni italiane e alla produzione industriale per i settori ATECO Milano, giovedì 3 marzo 2005 Andrea Brasili Studi economici, Unicredit Banca d’Impresa
Dynamic factor model Disponiamo di 20 serie storiche di Pil regionali a frequenza mensile. Oppure dei dati di produzione industriale a livello settoriale (anche in questo caso una ventina di serie). Come fare previsione su queste variabili? In previsione, un modello dovrebbe catturare due elementi: gli shock di natura comune che si ripercuotono con differenti effetti su ogni regione, e gli shock di natura idiosincratica. Partiamo dal primo. Modellarlo ricorrendo ad un panel ad effetti fissi non sembra dare risultati apprezzabili (abbiamo seguito questa via per le regioni un paio di anni fa)
Dynamic factor model Si può ampliare il dataset, il più possibile, nello stile della letteratura recente sui dynamic factor models. Abbiamo utilizzato informazioni mensili disaggregate per settore (produzione industriale) o per tipologia di beni (prezzi al consumo, prezzi alla produzione). In più qualche variabile monetaria (tassi, M2) e qualche variabile internazionale (tasso di cambio reale effettivo, tasso di cambio lira/dollaro, produzione industriale altri paesi europei). A questo punto disponiamo di un data set di 77 serie mensili.
Dynamic factor model Riapplichiamo un DFM alla Stock e Watson seguendo le indicazioni di Forni Reichlin Lippi Giannone (2004). Estrazione di 4 fattori comuni. Un DFM stimato con le Componenti Principali (c.p. nel seguito) statiche lascia implicita la possibile esistenza di relazioni di lead and lags tra i fattori. Questi potrebbero essere dunque semplicemente c.l. di ritardi di altri fattori.
Dynamic factor model: l’identificazione Il suggerimento è di fare una proiezione su se stessi dei residui così da valutarne le relazioni di leads and lags. Quindi un VAR (in questo caso di ordine 1) sui fattori. Dopodichè sui residui di questa proiezione si applica nuovamente una scomposizione c.p. che permette di esprimere la componente comune (i fattori) in termini di shock fondamentali e tra loro incorrelati; scegliendo poi una opportuna matrice di rotazione si identificano questi shock comuni e strutturali che “muovono” l’economia.
Xt = Commont + idiosynct Xt = ΛFt + et Dynamic factor model Questo, seguendo SW 1999, ricomprende la più generale rappresentazione in cui F0t = (ft, ft-1….. ft-q) Tenendo presente che in ogni caso i fattori non sono identificati, cioè vale Xt = ΛG’GFt + et dove G’G = I
Per tenere conto dei leads and lags possibili tra i fattori si fa una projection, che corrisponde alla stima di un VAR di ordine p (negli esempi, pochi peraltro), è sempre un VAR(1). ft = Aft + ut Dynamic factor model
A questo punto si valuta il rango della matrice varcov dei residui, tenendo presente che lo spazio mappato dagli stessi potrebbe essere più piccolo (per le eventuali relazioni leads-lags dette sopra) di quello dei fattori. In ogni caso diventa interessante esprimere la componente comune in termini di questi shock, una volta che si sia certi siano incorrelati, si esprime quindi la componente comune in termini di rappresentazione MA Xt = B(L)ut + §t Per essere certi delle proprietà di u, cioè di aver considerato la “giusta” dimensione e di possedere shocks che siano tra loro ortogonali, si estraggono nuovamente le componenti principali, scegliendo opportunamente il numero di queste. Dynamic factor model
Concentrandoci sulla parte comune, Commont = B(L)ut C(L)vt = B(L)H’ut vt = Hut Dynamic factor model H è una unitary matrix (H’H=I) che può essere determinata per cercare l’interpretazione strutturale dei residui. Stiamo cercando degli shock che siano idiosincratici, estraiamo di nuovo le componenti principali dal vettore u e poi lo premoltiplichiamo per una opportuna matrice H.
Dynamic factor model: l’identificazione Abbiamo determinato gli shock comuni e strutturali che “muovono” l’economia. Nell’esercizio specifico qui descritto, dei quattro della prima parte ne abbiamo tenuti tre (si noti che i criteri per decidere il numero dei fattori non sono mai univoci). Resta da capire cosa siano questi shock. Anche perché è noto che la scomposizione in fattori comuni è unica a meno di una rotazione. La procedura sin qui descritta contiene comunque gli ingredienti per calcolare le funzioni di risposta ad impulso (in termini della matrice H).
Dynamic factor model: l’identificazione I Per l’identificazione si può fare ricorso a short run restrictions, long run restriction, agnostic procedures… vi sono differenti modalità. Tutte passano per una via “tradizionale” (nella letteratura sui modelli fattoriali e sulle componenti principali): si cerca di definire, sulla base di vincoli provenienti dagli approcci sopra descritti, i parametri della matrice di rotazione H.
Dynamic factor model: l’identificazione II Per l’identificazione si può fare ricorso a short run restrictions: si impone che sia zero l’impatto contemporaneo degli shock su alcune variabili e per questa via si determinano i parametri della matrice di rotazione H, identificando gli shocks In questo caso ho imposto: 1) che sia zero l’impatto di uno shock di domanda estera (ragioni di scambio + evoluzione della domanda dei partner commerciali) sul CPI education.
Dynamic factor model: l’identificazione 2) che sia zero l’impatto contemporaneo di uno shock alle commodities sulla voce della produzione: estrazione di minerali. 3) che sia zero l’impatto contemporaneo di uno shock alla domanda domestica sul tasso di cambio lira/dollaro. A questo punto abbiamo dato un “nome” ai nostri small shock
Dynamic factor model: l’identificazione devo mostrare come si sceglie la matrice di rotazione. E le impulse response function... Poi forecasts Poi un cenno a Panic + eikmeier
Dynamic factor model: l’identificazione F = (diag(g*[cos(x(1))*cos(x(2)) -sin(x(1))*cos(x(2)) -sin(x(2)); (sin(x(1))*cos(x(3))-cos(x(1))*sin(x(2))*sin(x(3))) (cos(x(1))*cos(x(3))+... sin(x(1))*sin(x(2))*sin(x(3))) -cos(x(2))*sin(x(3)); (sin(x(1))*sin(x(3))+cos(x(1))*sin(x(2))*cos(x(3))) ... (cos(x(1))*sin(x(3))-sin(x(1))*sin(x(2))*cos(x(3))) cos(x(2))*cos(x(3))]')-b);
Dynamic factor model: forecasting So what? Nella letteratura teorica questa roba può essere utile per considerazioni come quelle che attengono ai VAR strutturali: funzioni risposta ad impulso, decomposizione della varianza etc.etc. Per dei “praticoni” (meglio practitioners, no?) come noi, si può vedere se questi shock hanno una qualche rispondenza con variabili per le quali per altra via abbiamo previsioni e/o uno scenario. E poi si fa come in finance: nei modelli di tasso si identificano alcuni punti della curva che determinano il movimento degli altri, facendo scenario su quelli si fa previsione su ogni asset che compone il portafoglio.
L’imbuto rovesciato Qui si può mettere in relazione lo shock sulle commodities con oil price e tasso di cambio (anche CRB ma non ho avuto tempo) Lo shock sulla domanda estera ancora con il tasso di cambio, e con la domanda per consumi negli US Lo shock sulla domanda domestica potrebbe essere posto in relazione all’andamento previsto dei consumi, privati e pubblici, e degli investimenti. (su queste variabili abbiamo ottime ed abbondanti previsioni).
L’imbuto rovesciato Risultato: facendo “previsione” di questi shock si determina una previsione della componente comune di tutte (volendo) le 77 variabili nel sistema. Diventando più bravi, a queste occorrerebbe aggiungere un pezzo per la parte idiosincratica. (se il settore tessile va in un certo modo uò dipendere anche da elementi specifici del settore e non solo da elementi comuni).
L’imbuto rovesciato I grafici che seguono presentano i risultati dell’applicazione alle regioni e alla produzione industriale. La parte regionale l’abbiamo già utilizzata per fornire alle pianificazioni lo scenario macro+impieghi, quello per i settori è “nuovo” ed è quello cui fanno riferimento i particolari metodologici prima descritti.
L’applicazione ai settori In sostanza si passa per la possibilità di produrre funzioni di risposta a impulso per le variabili che poi, fatta la proiezione degli shocks divengono previsioni. E si possono fare anche scenari: nei grafici che seguono è presentato l’output del modello a fronte dello scenario base (tipo network) e di uno con il prezzo del petrolio più alto. L’ultimo grafico mostra la previsione sulle produzioni industriali per settore riproporzionata al livello complessivo che abbiamo in mente e che viene da altri modelli.