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Insegnare: responsabilità tra generazioni

Insegnare: responsabilità tra generazioni.

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Insegnare: responsabilità tra generazioni

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Presentation Transcript


  1. Insegnare: responsabilità tra generazioni La réflexion pédagogique, elle, s’efforce simplement de penser rigoureusement la question de l’éducation en tant que transmission intergénérationnelle. Des enfants viennent au monde, nous allons leur confier le monde : comment les y préparer ? Comment les accueillir, les protéger, les instruire, leur donner les moyens de se construire et de construire l’avenir ? Philippe Meirieu: Faut-il en finir avec la pédagogie? 2008 L’insegnante – diceca Hannah Arendt - si qualifica per conoscere il mondo e per essere in rado di istruire altri in proposito, mentre è autorevole in quanto, di quel mondo, si assume la responsabilità. Quel prendersi cura, quella responsabilità del ondo, sono l’indispensabile atto politico di un docente che ogni giorno entra in aula e insegna. Andrea Bajani, La scuola non serve a niente 2014

  2. Stefano Bartezzaghi,Il latino non serve http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/03/18/il-ragazzo-ama-il-latino-ed-subito.html Il latino si può imparare solo a scuola e morirà davvero solo il giorno in cui nessuna scuola lo insegnerà più. L'idea di quantificarne l'utilità è gemella all'idea di depurare i bilanci pubblici dagli investimenti per la cultura e dal sostegno a tutte quelle attività che l'economo considera improduttive e «senza ritorno». Certo, che non c'è ritorno! La cultura è infatti un viaggio di sola andata; l'unico modo per tornare indietro è abrogarla. Un giorno un commissario leggerà i programmi scolastici con un paio di affilate forbici: quella sera a essere fatto a coriandoli non sarà il solo latino. La storia, non è forse "morta" per sua stessa definizione? E la filosofia? E a cosa serve la matematica, a un futuro avvocato o ortopedico? A cosa servono le lezioni di inglese, quando si sa che l'inglese lo si impara solo sul posto? La verità è che la scuola non è utile né inutile: è autile, un'industria no-profit (la pubblica) di trasmissione del sapere in cui comunità di due generazioni diverse si scambiano insegnamenti e aggiornamenti

  3. Le competenze chiave europee per l'apprendimento permanentehttp://www.indire.it/content/index.php?action=read&id=1507 Il 18 dicembre 2006, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato una Raccomandazonerelativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente’. Questo documento, si inquadra nel processo, iniziato a seguito del Consiglio europeo di Lisbona del 2000 e conosciuto come ‘strategia di Lisbona’, che ha come obiettivo finale quello di fare dell’Europa ‘l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo (...)’. Lo sviluppo di competenze chiave, oggetto della Raccomandazione, è uno dei 5 obiettivi che sono stati individuati per ‘rafforzare l’efficacia e la qualità dei sistemi’. Tenendo conto anche di questi sviluppi internazionali, il gruppo di lavoro ha definito otto ambiti di competenze chiave, così individuati nella Raccomandazione sopra citata: Comunicazione nella madrelingua; Comunicazione nelle lingue straniere; Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; Competenza digitale; Imparare ad imparare; Competenze sociali e civiche; Spirito di iniziativa e imprenditorialità; Consapevolezza ed espressione culturale.

  4. Definizioni di competenza Parlamento europeo 2006: “Una competenza è una combinazione di conoscenze, abilità e di attitudini appropriate al contesto. Le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l'inclusione sociale e l'occupazione”. La competenza ( sapere perché) è un livello di apprendimento complesso, che integra il livello della conoscenza (sapere che) con il livello dell’abilità ( saper fare )(Reboul, 1996) La competenza si esprime essenzialmente nell’essere esperti cioè nel padroneggiare una problematica, saper porre, costruire, risolvere un problema riferendolo correttamente al contesto a cui appartiene ( Fabre, 2004) Nella vita non è necessario esporre le proprie conoscenze, ma piuttosto utilizzarle, mobilitarle per prendere una decisione, risolvere un problema, venire a capo di un compito, affrontare un dilemma ( Perrenoud, 1999) La competenza è una rete integrata e funzionale formata da componenti cognitive, affettive, sociali, senso-motorie, suscettibile di essere mobilizzata in azioni finalizzate di fronte a una famiglia di situazioni( fondata sull’appropriazione di modalità di interazione e di strumenti socio- culturali ( Linda Allal, 1999) La competenza è riconducibile a un impiego del proprio sapere in situazioni concrete e in rapporto a scopi definiti (Castoldi, la sfida delle competenze 2007)

  5. Flavia Marostica, la sfida delle competenze Bollettino di Clio 92 n.1, 2013 Perrenoud: nella vita non è necessario esporre le proprie conoscenze, ma piuttosto utilizzarle, mobilitarle per prendere una decisione, risolvere un problema, venire a capo di un compito, affrontare un dilemma. Flavia Marostica la sfida delle competenze Bollettino di Clio 92 n.1, 2013 Castoldi: la competenza è riconducibile a un impiego del proprio sapere in situazioni concrete e in rapporto a scopi definiti . Flavia Marostica la sfida delle competenze Bollettino di Clio 92 n.1, 2013 Canonica: i vari autori che da una quindicina d’anni si occupano di competenze concordano nel considerare queste ultime nell’ordine dell’azione; l’efficacia dell’azione costituisce la ricaduta necessaria di una competenza; la presenza di una competenza e il suo livello di sviluppo si possono dedurre quando il soggetto è confrontato per la prima volta ad una determinata situazione problema. Verifiche aprile 2014

  6. Rapporto competenze/discipline “i curricula orientati verso le competenze intendono ridefinire la cultura scolastica e le finalità dell’educazione di base”; ma nella scuola “mancano le discipline che danno le chiavi per comprendere e tentare di dominare il mondo in cui si vive” e quindi occorre “fare posto alla vita delle persone ed alle pratiche sociali, dunque ai saperi più utili a tutti, riconducendo i saperi formali alla loro utilità nella costruzione di competenze. Perrenoud, Flavia Marostica la sfida delle competenze Bollettino di Clio 92 n.1, 2013 “una volta accertato che le competenze sono un insieme integrato di conoscenze/abilità/attitudini occorre capire se sia ancora possibili parlare di competenze disciplinari oppure se non si può fare altro che parlare di competenze pluridisciplinari tanto più che esse sono multi dimensionali”. Marosticala sfida delle competenze Bollettino di Clio 92 n.1, 2013 “il concetto di competenza è portatore di un potenziale deflagrante rispetto ai modi di intendere l’insegnamento/apprendimento e la valutazione in ambito scolastico in quanto espressione di un cambiamento di paradigma che modifica alle radici l’idea di sapere e di apprendimento. Il nuovo termine richiede di ripensare in profondità i modi del fare scuola in tutte le loro manifestazioni. Castoldi Flavia Marostica la sfida delle competenze Bollettino di Clio 92 n.1, 2013

  7. Insegnamentodisciplinare/competenze “Occorre delimitare i significati delle diverse competenze in rapporto ai diversi ambiti disciplinari in relazione al carattere trasversale veicolato dal significato di competenza come integrazione delle risorse personali. Quindi bisogna esplicitare i collegamenti che si vengono a creare tra le competenze chiave e le discipline di insegnamento per individuare il contributo che ciascuna disciplina può fornire alle competenze chiave e evidenziare le relazioni presenti tra i diversi saperi disciplinari in funzione di una proposta formativa e unitaria” Castoldi , Flavia Marostica la sfida delle competenze Bollettino di Clio 92 n.1, 2013 L’élève au centre du système : on a prétendu placer l’élève au centre du système. En réalité, cette « décentralisation » interne de l’enseignement est conçue contre les apprentissages disciplinaires à proprement parler. Elle dément le rôle de la maîtrise progressive des construits disciplinaires dans le développement de la pensée. Bulle Nathalie , Essai sur l’évolution pédagogique en France .L’école et son double. Paris : Hermann, 2009

  8. Bulle Nathalie, Essai sur l’évolutionpédagogique en France.L’écoleet son double. Paris 2009 Vouloir transmettre des compétences et non plus des savoirs, c’est contester, dans la voie tracée par le progressisme pédagogique, le rôle joué à cet égard par les cadres disciplinaires et les enseignements explicites. D’où une évolution paradoxale de l’école qui prétend encourager la créativité d’un coté, et ne transmettre plus des savoirs, mais des compétences ou des savoir-faire de l’autre. En se privant progressivement des cadres disciplinaires, l’enseignement fini par transmettre des recettes, à l’encontre de ses objectifs profonds. L’abstraction n’est pas une fermeture à la réalité mais au contraire une ouverture à différentes réalités concrètes. Il est, comme l’écrivait dans un livre qui a fait date, Jean-Claude Milner, des savoirs stratégiques qui ouvrent la pensée à des familles d’autres savoirs. Ce sont ces savoirs qu’il faut enseigner en priorité, parce que ce sont les moins versatiles. C’est sur la base de figures abstraites, qui simplifient le réel mais en même temps lui donnent sens, que la pensée crée de nouveaux liens, de nouvelles possibilités de compréhension.Au total, transmettre des savoirs plutôt que des compétences, c’est se fonder sur le sens le plus général de l’acte d’enseigner pour encourager le développement cognitif et la création. Faire appel, sur cette base, à l’activité de l’élève, sans préjugés progressistes ou pragmatistes, passe par le travail, l’effort, les exercices au tableau noir comme disait Alain. On ne grimpe pas sans mal sur les épaules des générations passées. http://forums.france2.fr/france2/Education/nathalie-double-bulle-sujet_9374_1.htm

  9. Valutare le competenze? Scopo di una competenza: conseguire una prestazione . Ognuno combinando le abilità, le conoscenze apprese, la consapevolezza di sé, l’immagine che ha di se stesso, il suo ruolo sociale, le sue strategie metacognitive, la sua sensibilità al contesto, reagisce in modo può o meno efficace in determinate situazioni. Si può quindi affermare che il modo in cui tutti questi elementi si relazionano tra di loro sia soggettivo. Ma se le competenze così intese sono soggettive, nel senso che riguardano il soggetto, da dove sorge la necessità di renderle oggettive, ovvero oggetti di insegnamento e, come tali misurabili alla pari delle conoscenze e delle abilità? Edoardo Greblo, La scuola impossibile: la fabbrica delle competenze. Aut aut n.358 Nella logica delle competenze, la valutazione degli apprendimenti non serve a sancire se gli obiettivi siano stati raggiunti o verificare se certi saperi dichiarativi siano momentaneamente trattenuti.[...] Siccome è il soggetto stesso il costruttore delle proprie competenze e le persone sono differenti tra loro, l’acquisizione di queste ultime procede con ritmi diversa a dipendenza dei soggetti.[…] In conclusione e molto concretamente questo significa che nella valutazione delle competenze non dovrebbe esistere l’insufficienza.[…] Il criterio di ripartizione degli allievi per classe d’età non sarà più il criterio principale di riferimento. Gli allievi dovranno essere ripartiti secondo i livello di competenza che si presume possano raggiungere a seguito delle valutazioni. Cleto Canonica: le competenze a scuola. Enigma o opportunità? Verifiche 2014

  10. Nicolas Piqué et Jean-Pierre Carlet , La Logique des compétences à l’école et l’oubli du sujet.Collège international de Philosophie Rue Descartes 2012/1 - n° 73 Tout commença lorsque furent proposées des grilles d’évaluation des enseignants stagiaires que l’on devait aller voir en classe, en situation pratique d’enseignement, afin de statuer sur leur titularisation. Pour éviter les avis par trop intuitifs et globaux, furent proposées, puis imposées, des grilles d’évaluation reprenant un ensemble d’items, de plus en plus nombreux au fur et à mesure des remarques de collègues. Au final, lors d’une visite, on doit désormais être en mesure d’évaluer une cinquantaine de compétences, sans lesquelles aucun enseignant ne mérite d’être titularisé. Le nombre de compétences est tel qu’il devient pratiquement impossible d’en tenir compte lors des visites. Cette recherche de la décomposition analytique la plus précise mène à une parcellisation, dont je ne fais ici que souligner les écueils pratiques, mais dont on peut également souligner la perte de tout principe unificateur qui en est le résultat. La juxtaposition conduit à la perte de sens de l’enseignement, aggravée par la supposée équivalence des critères, des compétences évaluées. Il en va de même à l’école primaire, car les élèves sont également évalués bien sûr : un enseignant de maternelle par exemple, qui doit mener trois évaluations dans l’année, dans des classes d’une trentaine d’élèves, avec des grilles d’évaluation d’une cinquantaine de critères, devraient donc mesurer précisément plus de 4500 compétences durant l’année… Cette parcellisation empêche toute recherche d’un sens, tout processus d’institution d’un sujet capable d’advenir précisément dans la mise en relation des savoirs. Au lieu de cela, l’école des compétences se propose de former des individus, opérateurs compétents. L’impensé de cette logique réside dans l’impossibilité de penser l’activité de l’élève autrement que comme choix opératoire indexé sur le critère de l’adéquation. Ce à quoi l’école des compétences ne laisse pas place, c’est au processus d’institution d’un sujet.

  11. Marcel Crahay, « Dangers, incertitudes et incomplétude de la logique de la compétence en éducation », Revue française de pédagogie 154; 2006, 2013. URL : http://rfp.revues.org/ Le concept de compétences : un statutscientifiqueambigu Dit de façon plus directe, la notion de compétence fait figure de caverne d’Ali Baba conceptuelle dans laquelle il est possible de rencontrer juxtaposés tous les courants théoriques de la psychologie, quand bien même ceux-ci sont en fait opposés. Le dogme des compétences transversales. En clair, il nous paraît urgent de plaider en faveur d’une restaurationdudisciplinaire. Sans doute, cette prise de position risque-t-elle d’être vécue comme sacrilège par rapport au nouveau dogme des compétences transversales. Mais, en définitive, de quelle réalité mentale parle-t-on lorsqu’on agglomère ces deux mots ? Rey (1996) est le premier à avoir pris une position critique à cet égard. Dans son ouvrage sobrement intitulé Les compétences transversales en question, il montre que le concept ne résiste pas à une analyse scientifique sérieuse. Depuis lors, d’autres lui ont emboîté le pas : Perrenoud (1997), Johsua (2002), notamment. Car, mis à part l’écoute, la parole, la lecture et peut-être l’écriture, existe-t-il des capacités dont l’adéquation traverse la quasi-totalité des situations ? Par ailleurs, avec Johsua (2002), il faut remarquer le paradoxe auquel nous confronte ce pseudo-concept : « Comment des compétences, uniquement repérables en situation, peuvent-elles êtretransversales ? » (p. 116).

  12. Ecole : révision indispensable, par Denis Kambouchner Denis Kambouchner philosophe, professeur à l'université Paris I.Le Monde 08.04.2008 On sait bien - et l'on savait, à gauche comme à droite, dès avant la nomination de Xavier Darcos - que la réalité est tout autre. A l'école primaire et d'abord dans les instituts universitaires de foremation des maîtres (IUFM), la doctrine officielle a longtemps été que l'enfant avait à "construire son propre savoir" et le maître à l‘assister dans cette activité. C'était, qu'on l'ait voulu ou non, confiner la parole enseignante dans un rôle subsidiaire, la délier d'une obligation de culture et d'exactitude, et soumettre les apprentissages à des "rythmes" toujours plus étirés. Sur le plan théorique, cette doctrine est aujourd'hui exsangue. En pratique, elle est allée jusqu'au bout de ses effets, et les contre-performances désormais notoires de notre système d'enseignement obligent, dans l'intérêt de tous, à des révisions rapides.

  13. Normand Baillargeon Professeur au département d'éducation et pédagogie, UQÀM (2006) “La réforme québécoise de l'éducation: une faillite philosophique” Site web pédagogique : http://www.uqac.ca/jmt-sociologue/ Dans le cadre de la collection: "Les classiques des sciences sociales" Site web: http://www.uqac.ca/Classiques_des_sciences_sociales/ Une collection développée en collaboration avec la Bibliothèque Paul-Émile-Boulet de l'Université du Québec à Chicoutimi Site web: http://bibliotheque.uqac.ca/

  14. Le rouleau compresseur des «compétences» Le devoir 7 janvier 2011 http://www.ledevoir.com/societe/education/314160/education-le-rouleau-compresseur-des-competences Les compétences-clés deviendront pour nos élèves un malheureux passeport pour la survie, nous invitant à faire un tout autre métier: construire artificiellement des comportements efficaces professionnellement et utilisables économiquement. En la matière, l'expérience québécoise est éloquente. La réforme fondée sur les compétences, imposée depuis maintenant plus de dix ans, a produit des ravages tels qu'aujourd'hui ce sont les fondements mêmes de l'école publique qui sont ébranlés.Éduquer, nous en sommes convaincus, est autre chose. Non que nous soyons agrippés aux formes académiques du passé: l'école doit répondre aux enjeux de son temps. L'un de nos défis est très certainement de parvenir à transmettre des connaissances et des savoir-faire qui «servent» aux élèves, non au sens d'une pure et simple efficacité économique et individuelle, mais d'une efficacité multiple, du sens donné au passé et au monde, de l'engagement dans la construction de l'avenir de la société... Mais ce défi, aucune politique décidée dans l'abstrait, encore moins depuis des standards économiques et d'efficacité à courte vue, ne pourra le relever. Nous revendiquons l'expertise quant à la nécessaire invention, quotidienne et soutenue, de notre métier, l'enseignement. Ont signé ce texte: Normand Baillargeon (Québec), Gérald Boutin (Québec), Michel Bougard (Belgique), Fanny Capel (France), Robert Comeau (Québec), KaddourChouicha (Algérie), Huguette Cordelier (France), Charles Courtois (Québec), LilianaDegiorgis (République dominicaine), Angélique del Rey (France), Joseph Facal (Québec), Luis Javier Garcés (Argentine), WilliHajek (Allemagne), Nico Hirtt (Belgique), Ken Jones (Angleterre), Sylvain Mallette (Québec), Estela Miranda (Argentine), Rosa Nunez (Portugal), François Robert (France), Juan Ruiz (Argentine), Pierre Saint-Germain (Québec).

  15. F.MeirieuContre l'idéologie de la compétence, l'éducationdoitapprendre à penser, Le Monde 02.09.2011 Nous devons ensuite, contre le savoir immédiat et utilitaire, contre toutes les dérives de la "pédagogie bancaire", reconquérir le plaisir de l'accès à l'oeuvre. La mission de l'école ne doit pas se réduire à l'acquisition d'une somme de compétences, aussi nécessaires soient-elles, mais elle relève de l'accès à la pensée. Et c'est par la médiation de l'oeuvre artistique, scientifique ou technologique que la pensée se structure et découvre une jouissance qui n'est pas de domination, mais de partage.

  16. Philippe Meirieu, Lettre à un jeuneprofesseur, ESF, Paris, 2011, Je ne peux accepter que l’idéologie des compétences devienne une “théorie de l’apprentissage” . On trouvera, sur mon site, de nombreux textes qui développent très concrètement ce point de vue. Ma position, c’est qu’on n’apprend pas « par compétences », même quand on acquiert des compétences. « Apprendre par compétences », c’est réduire l’apprentissage au couple « objectif/évaluation » indéfiniment multiplié. C’est écraser complètement l’historicité des apprentissages et oublier la manière dont les histoires singulières s’approprient les savoirs. C’est abolir la notion de « situation d’apprentissage », comme cadre structurant de contraintes et de ressources au sein duquel un sujet s’engage dans l’aventure d’apprendre. « Apprendre par compétences », c’est tourner le dos à toute la pédagogie « active », à tout ce qu’on a pu nommer – maladroitement, je l’avoue – la « pédagogie de projet ». « Apprendre par compétences », c’est la version technocratique de l’illusion qui fonde l’éloge aveugle du « cours traditionnel » : l’énoncé des savoirs suffirait à leur acquisition. En réalité, « apprendre par compétences », c’est évacuer, en même temps, la question du désir et celle de la culture. C’est faire l’impasse sur la transmission proprement dite, qui est, précisément, la « reliance » du désir et de la culture.

  17. Programme de formation de l'école québécoise La mise en place du Programme de formation de l’école québécoise amène des changements importants dans : les contenus de formation l'évaluation des apprentissages les approches pédagogiques l'organisation scolaire le partage des responsabilités. http://www1.mels.gouv.qc.ca/sections/programmeFormation

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