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Audit In Medicina Generale

Audit In Medicina Generale. Napoli 27-28 Febbraio 2014. SAVERIO GENUA GIOVANNI RIZZOLO. L’AUDIT CLINICO . PRESENTAZIONE E GENERALITA’ SULL’AUDIT. COME COSTRUIRE UN AUDIT IN MEDICINA GENERALE. UNA RASSEGNA DEGLI AUDIT REALIZZATI IN CAMPANIA.

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Presentation Transcript


  1. Audit In Medicina Generale Napoli 27-28 Febbraio 2014 SAVERIO GENUA GIOVANNI RIZZOLO

  2. L’AUDIT CLINICO PRESENTAZIONE E GENERALITA’ SULL’AUDIT COME COSTRUIRE UN AUDIT IN MEDICINA GENERALE UNA RASSEGNA DEGLI AUDIT REALIZZATI IN CAMPANIA GPG: IL FUTURO DELL’AUDIT IN MEDICINA GENERALE

  3. L’AUDIT CLINICO “WE CANNOT CHANGE THE PAST BUT YOU CAN CHANGE THE FUTURE” - PatPatfoort • Il termine audit, dal latino audio, richiama ad un processo di ascoltoe partecipazione. • L’AUDIT CLINICO è un approccio progressivo e rigoroso, che implica efficienza sia nel suo svolgimento che nell’ attuazione del piano d'azione. • L’audit: • Nel breve termine, fornisce una migliore visibilità ed un miglioramento nella qualità delle cure. • Nel medio lungo termine, accelera l'acquisizione di conoscenze e competenze e favorisce lo sviluppo della qualità. • II coinvolgimento dei partecipanti deve essere: • • preciso, condiviso e evidente. • Il principale successo dell’auditclinico è correlato alla creazione di un clima di fiducia che permette di stimolare nei professionisti il desiderio di valutare e di innovare.

  4. L’AUDIT CLINICO Introduzione • Tutte le tipologie di audit hanno alcune caratteristiche comuni: • derivano da un processo intenzionale e strutturato, basato su criteri o standard espliciti e stabiliti a priori; • richiedono impegno, tempoe un’accurata pianificazione; • esaminano, valutano e producono un report; • sono finalizzati al miglioramento.

  5. Introduzione • I benefici dell’auditin quanto processo di miglioramento della qualità sono: • Miglioramento della pratica (cura del paziente e fornitura di servizi) • Sviluppo dell'apertura al cambiamento • Garanzia di applicazione delle migliori pratiche EB • Ascolto dei pazienti, comprensione delle loro aspettative • Sviluppo di linee guida o protocolli locali • Riduzione degli errori o dei danni ai pazienti • Riduzione degli incidenti , dei reclami, dei risarcimenti.

  6. Introduzione • Cosa NON è l’auditclinico? • NON è una semplice raccolta di dati (confronto tra pratica clinica e standard); questa è una parte dell’audit • NON è la discussione di casi clinici, di procedure, di casistiche senza definizione di standard di confronto • NON è ricerca clinica (gli standard sono noti) • Cos’è l’audit clinico? • Una specifica forma di audit, governato dai professionisti sanitari e focalizzato su tematiche cliniche

  7. Storia ed evoluzione • I primi tentativi di processo di miglioramento sistematico della qualità applicato all’assistenza sanitaria: • 1853-1855, guerra di Crimea. L’infermiera FlorenceNightingale • impone procedure sanitarie di igiene e raccoglie i dati di mortalità • dei pazienti. Il tasso scende dal 40% al 2% (metodo e comparabilità) • 1912, il dottor Codman valuta gli esiti dei pazienti chirurgici, per individuare gli errori in ogni singolo percorso clinico (qualità ed efficacia delle cure) • 1919, l’American College ofSurgeondefinisce un pannello • di 5 standard ospedalieri minimi, tra i quali è compreso l’audit • clinico (riunioni periodiche per discutere i casi)

  8. Definizione “L’AUDIT CLINICO è un processo finalizzato a migliorare le cure offerte al paziente ed i risultati ottenuti, attraverso il confronto sistematico delle prestazioni erogate con criteri espliciti, l’implementazione di cambiamenti a livello individuale e di team e il successivo monitoraggio dei fattori correttivi introdotti” (National InstituteforClinicalExcellence, - Principlesfor best practice in clinicalaudit, 2002) • “Metodologia di analisi strutturata e sistematica per migliorare la qualità dei servizi sanitari applicata dai professionisti attraverso il confronto sistematico con criteri espliciti dell’assistenza prestata, per identificare scostamenti rispetto a standard conosciuti o di best practice, attuare le opportunità di cambiamento individuato ed il monitoraggio dell’impatto delle misure correttive introdotte” • - Ministero della Salute - 2006

  9. Classificazione • audit interni: revisione, sulla base di criteri espliciti, delle attività svolte da attori interni all’organizzazione, allo scopo di esaminare e valutare l’appropriatezza, l’efficacia, l’efficienza nonché la sicurezza delle prestazioni erogate. • I report prodotti a seguito di un audit interno si configurano come indicazioni finalizzate al miglioramento. • audit esterni: sono verifiche esterne che coinvolgono solitamente l’intera organizzazione, effettuate da organismi o enti terzi indipendenti, sulla base di criteri espliciti (es. Joint Commission International, Canadian Council, Ente di Certificazione ISO, sistemi di accreditamento istituzionale).

  10. Audit clinico Audit interno Audit clinico Ambito sanitario

  11. Audit clinico e clinicalgovernance L’audit,vista la sua importanza è considerato come una delle colonne della clinicalgovernance, “sistema attraverso il quale le organizzazioni sanitarie si rendono responsabili del miglioramento continuo della qualità dei loro servizi e garantiscono elevati standard assistenziali creando le condizioni ottimali nelle quali viene favorita l’eccellenza clinica” L’auditrappresenta un tentativo delle organizzazioni sanitarie nel creare e nel rendere conto (accountability) di un sistema centrato sui bisogni del paziente, dove la sicurezza e la qualità delle cure e dei servizi forniti raggiungano i massimi livelli rispetto alle risorse disponibili.

  12. Ambiti di utilizzo L‘ AUDIT CLINICO è una metodologia che si focalizza su specifici problemi clinico/ assistenziali o su aspetti della pratica corrente che vengono valutati in termini di struttura, processo o esito Ciò che lo caratterizza è la competenza clinico-assistenziale dei partecipanti, la confidenzialità dei risultati e l’ esplicito interesse al miglioramento La sua principale caratteristica è quella di fondarsi sul confronto delle pratiche professionali con standard di riferimento

  13. Ambiti di utilizzo • La richiesta di effettuare un audit può avere origine: • Dalla direzione aziendale. Vanno immediatamente consultati i professionisti coinvolti per sapere se condividono l’esistenza della criticità e la sua priorità. • Dai professionisti (operatori). Va interessata la direzione aziendale per valutare il possibile impatto dell’audit sui altri servizi e sulle risorse e obiettivi dell’azienda • Devono essere precisati il contesto, le motivazioni, gli obiettivi e i beneficiari

  14. CICLO DELLA QUALITÀ IN 4 FASI

  15. REALIZZAZIONE

  16. Definizione obiettivi • Definizione obiettivi specifici per migliorare la pratica clinica • Percorso logico: • per migliorare ... • per rafforzare ... • per assicurare … • per cambiare … • Gli obiettivi devono diventare il focus dell’attività

  17. Scelta dei contenuti • scegliere un argomento su cui applicare l'audit • scegliere campi di importanza strategica per la medicina generale sia per la prevalenza della patologia che per l'impatto economico che tale patologia comporta • la patologia che si desidera sottoporre ad audit deve essere chiaramente diagnosticabile • Ad esempio si può fare un audit sui pazienti: • ipertesi • diabetici • infartuati • sullo scompenso cardiaco • sui pazienti anziani sottoposti a vaccinazione antinfluenzale • Se si decide di fare un audit sulla gestione del colon irritabile si capisce subito che le difficoltà iniziano già nella codifica diagnostica

  18. Valutazione esistente • Raccolta di: • Prassi derivanti da consuetudini (cultura del servizio o della struttura) • Documentazione esistente (procedure, protocolli, schede, moduli per la segnalazione eventi) • Verifica dell’implementazione di regolamenti e raccomandazioni

  19. Valutazione esistente • Occorre chiedersi se: • il gruppo ha un reale interesse per il tema dell’audit? • la “valutazione dell’esistente” prende in considerazione quali sono le modalità di attività all’interno della struttura, rispetto al tema? • la documentazione è aggiornata? • Utilizzare l’esistente, eventualmente con adeguamenti • Tenere conto dell’esistente (protocolli, documenti, strutture, attrezzature, organizzazione)

  20. Selezione criteri, standard e indicatori • Selezione di criteri, standard e indicatori in grado di: • Evidenziare (dove e come) lo scostamento dalle pratiche in uso • Definire i risultati attesi • Revisione da parte del gruppo di: • Fonti di riferimento (pertinenza, adeguatezza, completezza, aggiornamento) • Chiarezza e validità dei criteri • Correlazione con raccomandazioni e normativa

  21. Selezione criteri, standard e indicatori • Gerarchia di criteri, standard e indicatori • a) evidencebasedpractice • b) linee guida e raccomandazioni • c) percorsi diagnostico terapeutici • d) standard nazionali e internazionali • e) best practice di altre realtà (benchmarking)

  22. Criterio Parametro definibile e misurabile dell’assistenza sanitaria che descrive la qualità dei servizi Irvine and Irvine; 1991

  23. Criterio • "spulciare" la letteratura per determinare ciò che la comunità scientifica ha stabilito essere buona pratica clinica Esempio: vogliamo fare un audit sui pazienti infartuati • Vi è ampia dimostrazione che alcuni interventi riducono la mortalità nei pazienti post-infartuati: la somministrazione di: • antiaggreganti • betabloccanti • statine • acidi grassi n-PUFA Questi vengono detti in gergo tecnico "criteri". Conviene scegliere non più di 3-4 criteri con cui poi confrontare la propria pratica. Si devono scegliere criteri forti, cioè criteri che hanno dimostrato di portare ad un evidente beneficio clinico • Altri esempi di audit: • somministrazione di aceinibitori e betabloccanti nello scompenso cardiaco • trattamento ottimale della pressione arteriosa nei diabetici • vaccinazione antinfluenzale negli anziani e nei soggetti a rischio

  24. Standard Livello di cura che deve essere raggiunto per ogni criterio individuato Irvine and Irvine; 1991

  25. Standard Per esempio stabilire che, nel giro di un determinato periodo (6-12 mesi, per dire) porteremo la percentuale di pazienti che assumono statine all'80%, che assumono antiaggreganti al 90%, che assumono betabloccanti all' 80% (dopo aver escluso ovviamente quelli che non tollerano o che hanno controindicazioni al trattamento). Questi obiettivi che mi propongo sono detti "standard"

  26. Indicatore Una informazione o una variabile selezionata che consente di descrivere fenomeni complessi e misurare variazioni in relazione ai criteri definiti, allo scopo di orientare decisioni volte ad ottenere o mantenere cambiamenti. Può essere espresso sotto forma di percentuale, tasso o media Christian Adamo e Ulrich Wienand

  27. Indicatore Un buon indicatore deve essere: • pertinente al fenomeno da analizzare • rilevante dal punto di vista clinico • valido (oggettivo) • riproducibile e rilevabile senza variazioni in contesti diversi • discriminante • praticabile o facilmente disponibile

  28. Selezione indicatori • Indicatori relativi a struttura (risorse logistiche, strumentali ed umane); relativamente semplici (non richiedono identificazione dei pazienti); in questo caso lo standard può coincidere con l’indicatore • Indicatori relativi a processo (di cura, decisionali, di comunicazione); complessi per tempi e interpretazione dei dati (scarsa qualità). I più utilizzati nell’auditclinico • Indicatori relativi a risultato (impatto dei processi su evoluzione o stato clinico dei pazienti; rilevazione dell’esperienza dei pazienti; valutazione dei costi)

  29. Individuare l’indicatore Individuati i pazienti infartuati dobbiamo determinare che percentuale di essi rispetta i criteri contro cui avevamo deciso di confrontarci Per esempio potremmo trovare che solo il 50% dei nostri infartuati assume statine, il 60% assume antiaggreganti e il 40% assume betabloccanti

  30. Raccolta dati • rappresenta la fase di "misura" • condiziona analisi dei risultati e proposte di miglioramento • deve rispettare la normativa sulla privacy • Protocollo • 1. campo di applicazione • 2. criteri di inclusione ed esclusione • 3. tipo di studio; • 4. modalità di raccolta dei dati • 5. dimensione del campione • 6. periodo di valutazione

  31. Raccolta dati • Dati quantitativi : informano più sugli esiti che sui processi . La raccolta può essere prospettica o retrospettiva. • Si possono distinguere in : • dati correnti, raccolti ed elaborati per legge (mortalità o morbosità), presenti in documentazione clinica (SDO, CEDAP), ritenuti di scarsa qualità ma, in miglioramento negli ultimi tempi. • dati specifici per patologia (Registro Tumori) • dati prestazioni assistenziali (visite specialistiche ambulatoriali, prescrizione farmaci)

  32. Raccolta dati • Dati qualitativi (in caso siano insufficienti dati quantitativi per informare su indicatori di processo): • narrazionedei professionisti (scarto tra prassi e standard, criticità) • questionari (anche a chi non fa parte del gruppo di lavoro)

  33. Raccolta dati • Gli strumenti per la raccolta dei dati • Tabelle per i dati quantitativi. • Per ogni criterio deve essere specificata la fonte e il dato numerico corrispettivo. • Questionarie Interviste per i dati qualitativi. • I criteri scelti sono formulati con griglie o matrici a risposta binaria (si/no, presente/assente oppure testo libero).Previsto uno spazio per commenti, annotazioni, correzioni. • Presente una guida alla compilazione + verifica completezza dello strumento

  34. Analisi dati e valutazione • Effettuare i calcoli necessari per elaborare i dati • Presentare i risultati in modo chiaro e in forma quantitativa • Identificare e analizzare i punti di forza • Identificare e analizzare gli scostamenti • Condivisione dei risultati • Selezione degli ambiti di miglioramento • Comunicazione e report

  35. Analisi dati e valutazione • Analisi dei dati: • Massima tempestività (situazione si evolve) • Dati originali in 3 forme, con diverse esigenze analisi e calcolo: • Numeri • Tick-box • Testo libero • Dati finali espressi in percentuale (% di compliance) che esprime lo scostamento rispetto a standard

  36. Analisi dati e valutazione • Analisi dei punti di forza: • Confronto dei risultati con i riferimenti • Non è sempre raggiungibile uno standard del 100% • Necessario definire a priori il valore dello standard

  37. Analisi dati e valutazione • Analisi dello scostamento: • Individuazione degli scostamenti dagli standard • Analisi criterio per criterio • Se coinvolti più dipartimenti, analisi complessiva (punti deboli comuni o divari tra servizi cui corrispondono azioni istituzionali o mirate sui singoli servizi)

  38. Analisi dati e valutazione In questa fase si rischia di fermarsi al primo livello di interpretazione dei risultati e formulare immediatamente soluzioni senza analizzare le cause delle differenze e senza consultare le parti interessate. E’ necessaria un’analisi approfondita delle cause degli scarti A questo scopo si utilizzano vari strumenti

  39. ANALISI DATI E VALUTAZIONE

  40. L'audit dovrebbe essere considerato una pratica normale per ogni medico (o gruppo di medici) perché è solo l'autoverifica che permette il miglioramento delle pratiche mediche L'audit costituisce anche un potente metodo di aggiornamento “sul campo” sicuramente più efficace di tanti corsi ECM di dubbia utilità

  41. Noi medici sentiamo il bisogno di valutare e controllare quello che facciamo?

  42. L’AUDIT CLINICO PRESENTAZIONE E GENERALITA’ SULL’AUDIT COME COSTRUIRE UN AUDIT IN MEDICINA GENERALE UNA RASSEGNA DEGLI AUDIT REALIZZATI IN CAMPANIA GPG: IL FUTURO DELL’AUDIT IN MEDICINA GENERALE

  43. Esempio di audit sul diabete tipo 2 in Medicina Generale SCELTA DEI CONTENUTI E' noto che il DM costituisce una condizione patologica caratterizzata da un elevato rischio di complicanze sia microvascolari che macrovascolari e che il controllo del metabolismo glicemico e dei fattori di rischio associati (ipertensione, ipercolesterolemia, ecc.) migliora la prognosi. Tuttavia la gestione del DM nella pratica è verosimilmente non ottimale. Scopo di quest’Audit è di verificare la qualità della gestione del DM tipo 2 nella Medicina Generale e di migliorarla. Infatti linee guida ed evidenze di letteratura sono poco applicate anche perché viste come un qualcosa calato dall'alto sulla libertà prescrittiva del medico. Un processo di autovalutazione e di automonitoraggio potrebbe migliorare la qualità dell'assistenza e gli outcomes essendo qualcosa che nasce dagli stessi medici.

  44. INDIVIDUAZIONE DEI CRITERI 1° criterio: emoglobina glicata Esprime il controllo glicemico nei precedenti 3-4 mesi. Dovrebbe essere misurata in ogni paziente circa ogni 4 mesi, si considera espressione di buon controllo metabolico un valore inferiore al 7%. 2° criterio: pressione arteriosa E' nozione conosciuta che nel diabete tipo 2 il controllo ottimale della pressione riduce le complicanze cardiovascolari come e più del controllo metabolico. Secondo le linee guida internazionali nel diabete la pressione dovrebbe essere portata a valori inferiori a 130/80 mmHg mentre i farmaci di prima scelta dovrebbero essere gli aceinibitori (o gli antagonisti dell'angiotensina II o ARB in caso di intolleranza agli aceinibitori).

  45. INDIVIDUAZIONE DEI CRITERI 3° criterio: colesterolemia Come per la pressione, anche il controllo di valori elevati di colesterolemia è considerato essenziale nella gestione del diabetico. Le linee guida consigliano di ridurre i valori di LDL colesterolo al d sotto della soglia di 100 mg/dL usando, se è il caso, terapia ipocolesterolemizzante (statine). 4° criterio: microalbuminuria La presenza di microalbuminuria (valori decisionali > 30 mg/die) è considerata un marker precoce di danno renale. Le linee guida consigliano di determinare periodicamente la microalbuminenia e di usare un aceinibitore (o un ARB) per valori > 30 mg/dL, anche in presenza di pressione ottimale. 5° crietrio: esame del fondo oculare La retinopatia diabetica trae beneficio dal controllo glicemico e dei fattori di rischio ma anche da una sua individuazione precoce che permette di avviare il paziente ad esami di secondo livello (FAG retinica) ed eventualmente al trattamento laser. L'esame del FO dovrebbe essere eseguito ogni 1-2 anni.

  46. INDIVIDUAZIONE DEI CRITERI 6° criterio: aspirina Data la frequenza elevata con cui i diabetici vanno incontro a complicanze cardiovascolari molte linee guida consigliano la somministrazione di ASA a basso dosaggio (75-150 mg/die) in tutti i diabetici o perlomeno in quelli con un altro fattore di rischio associato. Va da sè che se il paziente ha già avuto un evento cardiovascolare l'ASA (o un altro antiaggregante in caso di intolleranza) diventa obbligatorio

  47. ESTRAZIONE DEI DATI Estrarre dal proprio archivio tutti i pazienti che hanno un Diabete Mellito di tipo 2 L'estrazione può avvenite con due modalità, che tra loro non sono in contrasto: ricercare tutti i pazienti che hanno avuto una diagnosi codificata di diabete e ricercare tutti i pazienti che nell'ultimo anno hanno ricevuto almeno una prescrizione di antidiabetico orale e/o insulina. Si può calcolare che un MMG con 1000 pazienti abbia circa 40-50 pazienti diabetici. Una volta estratti i pazienti, ogni MMG dovrà controllare il suo comportamento rispetto ai sei criteri scelti

  48. INDIVIDUARE L’INDICATORE • 1° indicatore: • Qual è la percentuale di pazienti che ha avuto almeno una determinazione della glicoemoglobina nell'ultimo anno? • Qual è la percentuale di pazienti con glicoemoglobina < 7% • 2° indicatore: • Qual è la (percentuale di pazienti che ha una PA ottimale < 130/80 mmHg?). • Si stabilisce di considerare la media della PAS e della PAD delle ultime sei misurazioni registrate in cartella • 3° indicatore: • Qual è la percentuale di pazienti che ha un livello di LDL colesterolo < 100 mg/dl?

  49. INDIVIDUARE L’INDICATORE • 4° indicatore: • Qual è la percentuale di pazienti a cui è stata determinata la microalbuminuria almeno una volta nell'ultimo anno? • Qual è la percentuale di pazienti con microalbuminuria > 30 mg/die che assume aceinibitore o ARB? • 5° indicatore: • Qual è la percentuale di pazienti a cui è stato richiesto un esame del FO almeno una volta negli ultimi 2 anni? • 6° indicatore: • Qual è la percentuale di pazienti che non ha avuto un evento CV ma con un altro fattore di rischio oltre al diabete che assume un antiaggregante? • Qual è la percentuale di pazienti diabetici che ha avuto un evento CV e che assume un antiaggregante

  50. ANALISI DELLA QUALITA’ analizzare quali sono i motivi che ci impediscono di rispettare le regole di qualità esaminare quali "barriere" impediscono ai nostri indicatori di avvicinarsi ai criteri Una volta trovate le barriere si studiano i correttivi. Non è detto che il mancato rispetto di un criterio sia necessariamente espressione di cattiva qualità. Potrebbe essere per esempio (almeno in via teorica) che il 50% dei pazienti a cui non ho dato una statina non la tolleri oppure abbia avuto delle controindicazioni.

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